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COVID-19: UNA PANDEMIA AI TEMPI DEI SOCIAL

I tempi sono molto cambiati e sono trascorsi ben più di quattro secoli da quel 7 novembre 1628, quando “tornava bel bello dalla passeggiata verso casa, sul far della sera, Don Abbondio, curato di uno di quei paesini aggrappati sulle falde dei monti che circondano il lago di Como”, incipit del capolavoro di Alessandro Manzoni “I promessi sposi”, un testo tanto antico ma mai così attuale come in questo momento. Infatti, se leggiamo il XXXI capitolo dedicato alla peste che colpì Milano, ci accorgiamo che lo scenario non è così tanto cambiato e riaffiorano gli stessi dubbi che ebbero allora il “Tribunale della Sanità” e i politici, allora chiamati decurioni, che si occuparono di quell’epidemia.

Ora come allora le opinioni confuse e l’idea del pericolo sono esattamente uguali a quelle che suscitano in noi il Coronavirus. Questo flagello mondiale sta sconvolgendo l’intero globo e tantissime persone, impaurite, svaligiano i supermercati e si barricano in casa.

Covid-19: una pandemia ai tempi dei social
città deserte

Malgrado la scienza attuale sia a livelli assai progrediti rispetto ai secoli scorsi, i dubbi e le incertezze sono sempre presenti, mostrando a tutti che l’uomo, in ogni epoca, diventa inesorabilmente vittima di primordiali paure. In questo stato confusionale diffuso, il preside del liceo Alessandro Volta di Milano, Domenico Squillace, ha voluto indirizzare una lettera agli studenti e ai genitori.

Covid-19: una pandemia ai tempi dei social

Un monito a non minimizzare, ma neppure farsi prendere dal panico. E lo fa richiamando appunto le pagine manzoniane dei “Promessi Sposi” in cui, dice, si può ritrovare tutto quello che stiamo vivendo oggi: «La certezza della pericolosità degli stranieri, lo scontro violento tra le autorità, la ricerca spasmodica del cosiddetto paziente zero, il disprezzo per gli esperti, la caccia agli “untori”, le voci incontrollate, i rimedi assurdi, la razzia dei beni di prima necessità, l’emergenza sanitaria».

Ma è giusto paragonare il Coronavirus a una pandemia come la peste? Partiamo da una differenza che, credo, sia più che evidente. Oggi nessuno si azzarderebbe a dire che la causa del contagio sia «l’influsso dei pianeti o la volontà divina», come invece si credeva per il morbo del 1347, usando le parole del Boccaccio. E se a portare la peste dall’Oriente sembrava essere stata la pulce dei ratti, per il Covid-19 sembra sia stato il pipistrello, anche se per ora si azzardano solo supposizioni.

Covid-19: una pandemia ai tempi dei social

La peste nera ha avuto un impatto distruttivo nei secoli passati, tanto che la sua eco arriva fino ai giorni nostri e sono molte le opere letterarie ed artistiche che trattano del “morbo nero”, non solo perché decimò la popolazione, ma perché ha interessato molti secoli. Era il 1347 quando l’agente patogeno, riconosciuto come il batterio “Yersinia pestis”, si è presentò per la prima volta in Europa. L’infezione durò quasi sei anni e si portò via un terzo della popolazione europea, una stima che oscilla dai 35 ai 45 milioni di morti, un numero esorbitante non solo per l’epoca, ma anche ai giorni nostri. L’ondata di contagio si esaurì, ma rimase “endemica”, il che vuol dire che ricomparve a intervalli di 6-12 anni, continuando a decimare la popolazione. Questa frequenza durò fino al 1480, quando i cicli di ritorno della peste cominciarono a prolungarsi, comparendo circa ogni 20 anni, finché l’ultima importante pandemia della cosiddetta peste nera fu registrata il 1898 e il 1918 quando 12,5 milioni di indiani furono contagiati per poi morire. Da allora non ce ne fu più traccia. Gli studi storici si sono interrogati a lungo su quale fosse il veicolo di trasmissione della peste. La conclusione sembra sia il contagio uomo-uomo, ma si è quasi certi che ad aiutare il fenomeno sia stata l’intensa attività di commercio e di scambio di persone, in quel Medioevo che certo buio non era. La grande prosperità del Mediterraneo e la grande concentrazione di popolazione, che continuava a crescere, deve essere stato il terreno ideale per il diffondersi dell’epidemia. Difatti è solo il metodo di trasmissione l’unica vera similitudine tra i due temutissimi morbi, mentre analoghi sono invece gli effetti sulla psiche delle persone. Ad evidenziare ciò è anche un’analisi dei dati sui decessi per CoVid-19. In Cina la sua letalità è circa del 2%. Il virus, però, potrebbe essere asintomatico e in alcuni casi si manifesta con forme lievi di raffreddore. Quindi il numero di contagiati potrebbe essere di molto superiore a quello reso noto e, in conclusione, risulterebbe essere molto meno letale di quanto non sembri. Se si esce dalla Cina, poi, e si confronta il numero dei contagi con quelli dei decessi, si scopre che la percentuale scende a meno dell’1%. Il coronavirus in sostanza è molto più innocuo della Sars, virus comparso tra il 2002 e il 2003 e che era letale al 9,6%. E la peste, invece? Nel ‘600 la peste arrivò ad avere il 61% di letalità nella città di Verona, mentre a Padova la popolazione aveva il 59% di probabilità di morire. La più “fortunata” era Firenze, solo 12% dei contagiati moriva, un dato molto positivo per l’epoca. Ad enfatizzare poi tutto, però, nella situazione attuale ci sono anche i media che, trovando in alcuni casi nelle fake-news pane per i loro denti, stanno aumentando la tensione psicologica sui cittadini. Oggi, alla luce di un decreto molto restrittivo che ha ordinato la chiusura delle scuole in tutt’Italia visto l’elevato numero di contagi, che toccano tutte le regioni, bisogna quindi essere più previdenti e cercare di esporsi meno possibile al pericolo perché è proprio a causa dell’alta contagiosità che ci deve spaventare.

Covid-19: una pandemia ai tempi dei social

È giusto temere il morbo, perché comunque è pericoloso, ma non bisogna andare nel panico e pensare invece che a nostra disposizione c’è qualcosa che nei secoli scorsi non esisteva per chi si isolava in casa e nemmeno immaginavano potesse essere inventato: la possibilità di restare uniti anche a distanza, di videochiamarsi, di avere un contatto visivo con chi è lontano per sapere come sta, di seguire le videolezioni che fanno sentire meno la mancanza della vita a scuola. #restiamoacasa perciò, come il governo ci ha chiesto di fare, ma è importante essere sempre informati, anche grazie ai nuovi mezzi di telecomunicazione e cercare fonti affidabili da consultare. Alla fine, come le altre epidemie sono state superate, speriamo che anche questa possa rimanere un bruttissimo ricordo e possa servire, soprattutto, a rammentarci che nulla è scontato e che in qualsiasi momento le nostre abitudini, i nostri progetti, la nostra vita possono essere sconvolti da eventi inaspettati che se da un lato ci piegheranno dall’altro fomenteranno in noi ciò che si chiama “Resilienza”.

Santi Scarpaci

Classe III, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G.

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