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L’otto marzo deve essere un momento di riflessione, non una festa

L’otto marzo di ogni anno ricorre la “Giornata internazionale della donna” per ricordare sia le conquiste sociali, economiche e politiche, sia per non dimenticare le discriminazioni e le violenze a cui le donne sono state e sono ancora soggette in quasi tutte le parti del mondo. Per molti anni la scelta di questa data si è fatta risalire a una tragedia accaduta nel 1908, che avrebbe avuto come protagoniste le operarie dell’ industria tessile “Cotton” di New York, rimaste uccise da un incendio. L’incendio del 1908 è stato però confuso con un altro incendio avvenuto, sempre a New York e nel quale si registrarono 146 vittime, fra cui molte donne. Sono tanti i fatti invece che hanno realmente portato a questa lotta per la rivendicazione dei diritti della donna e all’istituzione della “Giornata internazionale delle donne”.

L’otto marzo deve essere un momento di riflessione, non una festa

Il primo evento importante fu il congresso della “2° Internazionale Socialista” svoltasi a Stoccarda dal 18 al 24 agosto 1907 dove si discusse della questione femminile e del voto per le donne. I partiti socialisti lottarono in particolare per riuscire ad introdurre il suffragio universale. Il 27 agosto 1907 si svolse invece la Conferenza internazionale delle donne socialiste, durante la quale fu istituito l’”Ufficio di informazione delle donne” e fu eletta come segretaria Clara Zetkin . I socialisti erano contrari all’alleanza con le femministe borghesi, ma non tutte erano dello stesso parere. Nel 1908 la socialista Corinne Brown dichiarò su una rivista, “The Socialist Woman” che il congresso non aveva nessun diritto di dettare alle donne socialiste come e con chi lavorare per la propria liberazione. Il 3 maggio 1908 la Brown presiedette la conferenza del Partito socialista a Chicago, che venne ribattezzata “Woman’s Day” e durante la quale si parlò dello sfruttamento dei datori di lavoro nei confronti delle operaie, delle discriminazioni sessuali e del diritto di voto. Il partito socialista americano decise allora di dedicare l’ultima domenica del febbraio del 1909 all’organizzazione di una manifestazione per il voto alle donne. La prima “Giornata della donna” negli Stati uniti si svolse quindi il 23 febbraio 1909 e anche in diversi Stati fu istituita una “giornata” dedicata alle donne. Anche l’Italia, nel 1922, si inserì e fu celebrata la sua prima “Festa della donna” il 12 marzo dello stesso anno. Molti scrittori, filosofi, registi hanno manifestato una opinione decisamente accesa sull’argomento.

L’otto marzo deve essere un momento di riflessione, non una festa

Inizialmente nella letteratura, infatti, la donna è spesso vista come una figura ambivalente, non sempre meritevole di fiducia, incapace di formulare un pensiero coerente, preda delle emozioni. O, al contrario, un angelo del focolare, a cui al massimo poteva essere affidata la gestione della casa e della cura del marito e dei figli. Per fortuna nel tempo il ruolo delle donne è stato messo in discussione da esponenti della cultura, politica, della filosofia e della scienza come Rita Levi Montalcini, che ha affermato che “le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla, se non la loro intelligenza”, e tante altre hanno rivendicato un ruolo diverso da quello imposto dalla società. E’ così anche la letteratura e la politica maschile si sono adeguate a un modo diverso di parlare della donna. In Italia il rametto di mimosa fu associato all’ 8 marzo a partire dal 1946 quando, per iniziativa della parlamentare comunista Teresa Mattei, venne offerto alle donne per la “Giornata internazionale”. I fiori della mimosa hanno infatti un significato ben preciso: forza e femminilità. Non è un caso quindi che siano stati eletti simbolo della festa della donna, poichè la sua capacità di fiorire anche in terreni difficili viene associata alla storia femminile e quindi alla resilienza delle donne, capaci di rialzarsi dopo ogni difficoltà.

L’otto marzo deve essere un momento di riflessione, non una festa

Oggi la “Festa della donna” ha però perso il suo valore iniziale. Mentre da un lato ci sono donne che continuano a lottare e cercare di sensibilizzare l’opinione pubblica sui i vari problemi che riguardano il sesso femminile – come la violenza contro le donne e la differenza salariale rispetto agli uomini – molte altre considerano invece questa giornata esclusivamente come l’occasione per uscire da sole con le amiche e concedersi qualche sfizio, che magari in altre serate non sarebbe permesso. In altri paesi del mondo questa ricorrenza viene poi festeggiata in modo diverso, come ad esempio in Indonesia, dove artiste e intellettuali si riuniscono per confrontarsi su questioni politiche di loro interesse mentre per le strade vengono organizzate feste ed eventi a tema. In Colombia, invece, le donne si riuniscono per vendere pollo e patate e dare il ricavato alle organizzazioni femminili del paese.

In conclusione posso dire che, come ha cantato Tecla Insolia nel suo brano “8 marzo” al Festival di Sanremo, “..noi DONNE siamo petali di vita che hanno fatto un giorno la rivoluzione, siamo candele nella notte a illuminare… abbiamo dato e troppo poco ci è permesso e non basta ricordare una festa con un fiore se qualcuno lo calpesta….”

Perchè non bisogna dimenticare che il percorso verso la parità non si è ancora concluso e certi modi di pensare sono difficili da eliminare negli uomini.

L’otto marzo deve essere un momento di riflessione, non una festa

Anche nel quotidiano, come ha ricordato l’attrice Paola Cortellesi durante la cerimonia di consegna dei “David di Donatello 2018” dedicata alle donne quando ha declamato un testo di Stefano Bartezzaghi per dimostrare come la lingua italiana abbia purtroppo ancora in sé il germe del maschilismo. “Un cortigiano? Un uomo che vive a corte. Una cortigiana? Una m…Un uomo di strada? Un uomo del popolo. Una donna di strada? Una m… E così via… Sono solo parole, si potrebbe pensare, ma la discriminazione nei confronti delle donne parte proprio da qui. Sono solo parole, certo, però se fossero la traduzione dei pensieri allora sarebbe un incubo. Un incubo che ogni giorno assume la forma di realtà”.

UN AUGURIO allora A TUTTE LE DONNE affinchè certi pregiudizi spariscano una volta per tutte e la parità di genere diventi una concretezza e non solo un diritto sulla carta.

Angelica Maria Fugazzotto

Classe I, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G.

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