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Vincere l’omertà è il primo passo verso la legalità

Vincere l’omertà è il primo passo verso la legalità

Il giudice Giovanni Falcone oggi è considerato una delle personalità più prestigiose della lotta alla mafia in Italia e nel mondo, la sua fama è internazionale, le sue idee hanno trovato spazio nelle menti e nei cuori di molti. Ma i grandi uomini e le grandi idee da soli non vanno da nessuna parte, così il 23 maggio del 1992, in quella che viene ricordata come la “strage di Capaci”, insieme alla moglie a tre uomini della scorta viene assassinato. Il suo impegno, la sua coerenza, la sua lealtà e la forza con le quali si è dedicato alla lotta alla mafia sono d’esempio per tutti, le sue idee sono quelle che hanno cercato di correggere il mondo, ma ancora oggi non ce l’hanno fatta, almeno non del tutto, e la criminalità organizzata continua ad affondare le sue radici e ad operare indisturbata. La “mafia”, del resto, è anche e soprattutto un modo di pensare, un modo di agire, di sottomettersi. Organizzazione criminale con radici in Sicilia, Calabria e Campania sviluppate in tutta Europa e nel mondo, essa è alimentata dalla brama dei suoi affiliati per il potere economico, cioè denaro che riescono ad ottenere grazie al traffico di armi e droga, facendo affari con i politici per ottenere favori in cambio, oppure attraverso il “pizzo”, una sorta di tassa chiesta ai commercianti per essere protetti, altrimenti chi non paga rischia di vedersi incendiata l’attività.

Vincere l’omertà è il primo passo verso la legalità

Indubbiamente se non è facile debellare la “mafia” in Sicilia, nella nostra terra, nelle nostre città, è perché essa ha ancora oggi tre solidi punti di forza: la protezione da parte di alcuni politici corrotti, la disponibilità di uomini pronti ad arruolarsi perché non trovano lavoro o semplicemente perché avidi di denaro facile, e l’omertà causata dalla paura di tutta la gente onesta che non riesce a ribellarsi. Omertà, come quella che respiriamo tutti i giorni anche nella nostra cittadina, anche a Barcellona Pozzo di Gotto, dove tutti viviamo facendo finta di niente ma consapevoli della presenza mafiosa, quella presenza mafiosa che ha fatto moltissimi morti negli ultimi trent’anni nel territorio, sia tra suoi uomini che tra chi cercava di opporsi o poteva svelarne le trame segrete, quella presenza mafiosa – definita “la terza cosca di Sicilia” che, tra le varie sue molte azioni criminali, sedici anni fa assassinò nella sua casa di Viterbo il giovane urologo barcellonese Attilio Manca facendo passare, come spesso è successo, la sua morte per suicidio. Da anni la famiglia lotta perché la verità venga a galla, perché l’inchiesta porti giustizia e riconosca definitivamente il medico quale “vittima” di mafia. E anche quest’anno, nella data dell’11 febbraio, l’ A.N.A.A.M., l’“Associazione Nazionale Amici di Attilio Manca”, ha ricordato il tragico evento in un incontro, tenutosi presso l’auditorium del “Parco Urbano Maggiore La Rosa”, al quale hanno partecipato tanti pareti di vittime di mafia e tra di loro Brizio Montinaro, fratello del caposcorta del giudice Falcone.

Vincere l’omertà è il primo passo verso la legalità

A dimostrazione che la paura è tanta e che la politica è per lo più indifferente si è notata, però, la quasi totale assenza delle istituzioni e dei cittadini di Barcellona Pozzo di Gotto al convegno. La vicenda del giovane urologo, allo stesso modo del giudice Falcone, aspetta quindi ancora di avere giustizia, e vincere l’omertà che fa girare il capo davanti a certi fatti, a certe situazioni, dovrebbe essere il primo passo. Tutti noi cittadini Onesti abbiamo infatti il dovere di lottare per rendere giustizia a chi ha combattuto per migliorare anche la nostra vita o per chi è morto vittima di un sistema criminale magari perché si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato. E per fare ciò tutti, nel nostro piccolo, dobbiamo diffondere la “cultura della legalità”, capire e far capire che il rispetto delle regole porta ordine, progresso, sviluppo e soprattutto pace. Bisogna quindi avere il coraggio di dire “No” a tutto quello che può portare ingiustizia e disuguaglianza, bisogna vincere la paura e non cedere alle intimidazioni, sperando infine che quella parte di politici onesti che ne ha la possibilità si impegni a fare leggi che trasformino la nostra società spesso malata in una società sana che sappia vivere civilmente e secondo giustizia.

Francesca Giunta

Classe II, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G.

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