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Mussomeli, il Castello manfredonico luogo di fascino e mistero

Mussomeli, il Castello manfredonico luogo di fascino e mistero

Mussomeli: due chilometri ad est della cittadina in provincia di Caltanissetta, tra le tante rocche e i tanti castelli costruiti in Sicilia in epoca medievale, sicuramente degna di essere citata è una fortezza, eretta tra il XIV e il XV secolo, nota anche come “castello manfredonico”. Le tracce architettoniche più antiche del sito sono di epoca sveva, e tra queste la cappella, posta nel recinto interno. Il castello fu poi riedificato tra il 1364 e il 1367 da Manfredi III di Chiaramonte, conte di Modica, mentre le forme attuali dell’edificio si devono soprattutto all’intervento operato all’inizio del XV secolo dai Castellar, signori di Mussomeli.

Mussomeli, il Castello manfredonico luogo di fascino e mistero

Particolare la sua collocazione, poiché il Castello manfredonico-chiaramontano di Mussomeli sorge quasi nascosto su uno sperone di roccia calcarea di circa 80 metri di altezza simile ad un “nido d’aquila”. Nella parte più antica, quella risalente all’epoca sveva, vi è il recinto interno con la cappella dove è conservata la Madonna della Catena. Ricca di decorazioni la parte di epoca successiva, come la facciata esterna del Castello munito di merli, bifore e due torrette cilindriche. Di fronte all’ingresso si notano i ruderi di un’importante scuderia con la sua volta gotico-normanna a botte e direttrice ogivale, capace di contenere cinquanta cavalli. Il cortile, a forma ettagonale irregolare, è delimitato a sinistra dalle mura di cinta e a destra dalla cappella.

Mussomeli, il Castello manfredonico luogo di fascino e mistero

Un arco divide l’atrio da un vestibolo attorniato da sedili e, subito dopo quest’arco, a destra ci sono le cucine che servivano per i feudatari che per i dipendenti. Affascinante è in particolare la ”sala dei Baroni“ (o sala del trono), venti metri di lunghezza per sette di larghezza, situata nel recinto interno. Su questa corte si affacciano portali di stile “chiaramontano”. Molto interessanti poi anche la “sala del camino”, dove si può ammirare un grande camino incavato nel muro, e la “sala da pranzo”, caratterizzata da elementi gotici, che presenta un cucinino che doveva servire come scaldavivande, trasformato poi nel 1600 in vasca da bagno. Nel passaggio tra questa stanza è la successiva una scaletta conduce ad un sotterraneo, dove si pensa che alloggiassero le ancelle. Da non dimenticare infine l’armeria e la cosiddetta “camera della morte”, con insidiose botole dove entrando e guardando verso l’alto si può notare il buco del trabocchetto nel piano superiore, che porta alla “stanza delle tre donne”. A destra dell’ingresso della camera della morte, anche una scaletta che introduce in un altro spazio scavato nella roccia: si dice che questi sotterranei siano stati adibiti a prigione e a camere di tortura e sono chiamati infatti “camera oscura”.

Dopo i Chiaramonte la rocca passerà ai Moncada e più tardi, in modo definitivo, ai Lanza, con Cesare che prenderà il rango di primo conte di Mussomeli.

Nei vari secoli il Castello Manfredonico, oltre che per la sua mimetizzazione nella roccia calcarea e i suoi pregi artistici e architettonici, ha però sempre avuto una certa celebrità per le leggende e le storie che riguardano le sue mura. Ricordiamo ad esempio l’episodio delle tre donne, “Clotilde, Margherita e Costanza”, murate vive e i cui spiriti ancora aleggiano tra le mura; oppure la tragica e ben nota vicenda di Laura Lanza, figlia di Cesare e baronessa di Carini, la cui storia si svolgerà però in un altro castello della Sicilia. La più coinvolgente e affascinante tra le leggende legate al castello, effettivamente avvenuta e documentata in un atto del 1563, conservato nella chiesa parrocchiale del paese, è però quella che riguarda lo spagnolo Don Guiscardo de la Portes, al servizio nel 1392 del re Martino I di Sicilia, morto durante un combattimento contro Andrea Chiaramonte. Sarebbe suo iI presunto fantasma ancora presente del maniero che, con una certa regolarità, farebbe la sua apparizione e renderebbe questa antica rocca un luogo dal fascino misterioso che vale la pena di visitare.

Angelica Maria Fugazzotto e Marta Saraò

Classe I, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G.

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