Gita a Milazzo: IL CAPO, LA PISCINA DELLA PORTELLA E IL MU.MA.
La gita a Milazzo effettuatasi il 23 gennaio 2020 dalle classi tutte in varie giornate nell’arco di un breve periodo, facenti parte dell’“I.C. D’Alcontres “, è possibile suddividerla in vari momenti principali, così articolati:
-CHIESA DI SANT’ANTONIO di Padova;
la chiesa fu edificata dai cittadini di Milazzo a causa della breve permanenza dell’omonimo santo da cui prende il nome. Secondo la tradizione infatti Antonio si rifugiò, dopo una tempesta, su indicazione degli stessi, nella nicchia scavata dalla roccia nella quale odiernamente è conservata l’eucarestia; la chiesa infatti era prima una grotta come le tante altre, ma in quel momento per il santo fu forse l’unico rifugio reperibile della zona. Fernando nacque a Lisbona, in Portogallo, in pieno medioevo, in una famiglia ricca e agiata;
venne ordinato sacerdote a soli 25 anni, e presidierà numerose celebrazioni. Spostatosi in Marocco, è costretto al riposo forzato per via di una malattia e non può predicare, ma giunto in contatto con i francescani d’Italia si sposta a Forlì e poi a Padova, dove diviene Ministro provinciale. Qui verrà sepolto nel 1231. La sua festa ogni anno (il 13 giugno) è celebrata solennemente e segue una processione; contemporaneamente delle rondini il cui nido è incastonato tra il lampadario e il tetto nascono, e così è gioia grande per tutti, nella lode al Signore!
-CAPO MILAZZO;
dopo aver lasciato la chiesa, ci siamo diretti ad un uliveto tramite un sentiero collegato. Qui la guida ci ha presentato il luogo e le sue caratteristiche: gli ulivi, i fichi d’india e l’Acetosella, meglio conosciuta come flora selvatica. Gli ulivi nacquero in Mesopotamia, dove li utilizzavano per la cura del corpo e i più antichi a Milazzo hanno 200 anni e sono moltissimi; i fichi d’india prendono questo nome dalla scoperta di Cristoforo Colombo che credette di approdare nel medesimo posto, mentre invece scoprì l’America; l’origine dell’Acetosella invece risale all’Africa, dove una donna ne strappò una pianta per donarla ad un sacerdote, che piantandola nel proprio giardino ne permise la diffusione, che ha sempre più preso piede in tutto il globo.
Il faro di Milazzo indica la direzione per chi naviga in mare, il più vicino è quello di Vulcano; il primo fa due secondi di luce e quattro di buio, il secondo luce-buio alternati per tre volte, poi buio fino al compimento del giro; tutto ciò servirà per chi in mare vuole orientarsi senza GPS. Tra la fauna del Capo abbiamo riscontrato grande varietà, tra i quali i conigli che abitano nei dintorni del faro, che ogni mattina scavano delle buche per trovare cibo e sono prevalentemente marroni, tra gli uccelli rondini e gabbiani che durante il periodo estivo nidificano e fanno nascere i propri piccoli; oltre le rondini autoctone abbiamo anche quelle migratrici.
Abbiamo fatto una breve merenda.
Siamo poi andati alla “Grotta Gamba di Donna”, la denominazione è dovuta alla presenza di una “colonna” naturale, lunga e sinuosa, che gli antichi associarono appunto ad una gamba femminile.
Grotta Gamba di Donna è annoverata persino dallo storico Antonino Mongitore, Il famoso cartografo Francesco Negro nella carta del 1640 la identifica come la “Grotta di Baldassarro”.
All’interno è possibile vedere sulle pareti gli organismi incrostanti tipici degli ambienti sciàfili, ovvero poco illuminati: spugne, briozoi e madrepore.
La “gamba” NON è certamente una stalattite, come spesso viene descritta. La sua formazione è invece connessa all’erosione differenziale della roccia calcarea che la costituisce, che non si è consumata perché più resistente rispetto a quella che aveva attorno. E’ possibile raggiungere la grotta via nuoto. Vicino è presente un picco che prende lo stesso nome.
L’antico proprietario di questo territorio era il barone Baeli, un ricco possidente egoista e superbo che per fama e gloria organizzò cent’anni or sono una mangiata su uno scoglio con i suoi più stretti confidenti, ora in parte sommerso dall’acqua nei periodi di alta marea. Sempre per vana gloria raccontò di aver intrapreso assieme al suo fidato cavallo bianco un salto da un monte elevatissimo a picco sul mare, che si erge sopra scogli aguzzi, rimanendone indenne.
Giungendo verso la fine del nostro percorso ci siamo diretti verso la piscina della Portella, così definita per via del suo posto strategico che permetteva l’entrata a Milazzo; originariamente l’acqua era più alta, ma odiernamente si raggiunge l’altezza superiore ad un centimetro rispetto all’anno precedente, e la perdita delle acque. La flora è composta da coralli e da fossili di essi e la fauna da morene accudite giornalmente da addetti e da piccoli granchietti neri. L’acqua è limpida e pulita dati gli sforzi dell’organizzazione locale. Accanto è presente una montagna molto erosa dalle precipitazioni e dal vento, che col passare del tempo ha assunto una forma atipica di viso umano. Tra le caratteristiche dei dintorni troviamo: il Limonio di Milazzo, una pianta che cresce solo sulle alture di questo territorio, i fossili di bambù di corallo impressi nelle rocce dal passare del tempo e dall’innalzamento del territorio, ed infine la curiosa presenza di un fiore impresso volontariamente senza ancora averne capito i motivi.
Nei pressi del Capo, frequentata dal miscuglio continuo delle acque delle località circostanti e dunque costantemente interessata dall’arrivo di rifiuti nelle proprie coste, v’è la spiaggia di Sant’Antonio, costantemente ripulita recentemente da “Siso fondaution”.
-BREVE SOSTA TECNICA E PRANZO; abbiamo sostato presso un bar nei pressi del capo, che ci ha gentilmente offerto i suoi servizi e locali per poter mangiare. Qualcuno dei presenti ha acquistato bibite o altre leccornie presenti.
-MU. MA;
siamo arrivati al museo di MILAZZO e subito la nostra guida ci ha spiegato la storia del capodoglio Siso, genere mammifero che presenta la particolarità di un ingente quantitativo di olio nella parte superiore del cranio e una sola narice frontale. Il capodoglio in questione era stato avvistato nei pressi di Milazzo, prima allegro, poi in seria difficoltà per via della sua coda incastrata in una rete da pesca; subito la marina, allarmata, è accorsa in suo aiuto, ma non c’è stato nulla da fare, subito si sono insospettiti e hanno analizzato il suo intestino: erano presenti molteplici tipi di materie plastiche non riuscite a digerire, provocando una mancanza di fame e non permettendo a Siso di cacciare e poi ingurgitare il suo cibo: i calamari. Carmelo Isgrò ha provveduto a ripulire le ossa, in circa un anno, e ad esporre di sua iniziativa i resti di questo per meglio far comprendere l’importanza delle azioni dell’uomo. Il museo è composto da: una zona per realtà virtuale, un monitor per giocare con le informazioni forniteci dalla guida, altri per visionare dei video educativi, ed infine tre sale sulla base della Divina Commedia, Inferno ( ricco di plastiche di vario genere trovate durante la pulizia della spiaggia di Sant’Antonio), Purgatorio (con video, libri per documentarsi sul tema e leggere di storie incentrate su questo e infine una zona per la scoperta scientifica di come sono composte le plastiche)e Paradiso (con video di un mondo migliore, quale può essere se ci impegnassimo). Il tutto in una coinvolgente ed emozionante caccia al tesoro su gruppi diversi riguardanti le attrattive del museo. Al termine della giornata immancabile una foto ricordo di gruppo.
Alberto Marta; Giorgianni Elena
II B “D’Alcontres”