I GIUSTI dell’umanità. Chi salva una vita salva il mondo intero
I Giusti. “Chi salva una vita salva il mondo intero” è scritto nel Talmud, testo sacro dell’ebraismo. E sempre in esso si parla di “trentasei giusti nel mondo” capaci di riconoscere in ogni momento della storia la sofferenza e farsene carico
“I GIUSTI dell’umanità” sono quindi i non-ebrei che sono intervenuti a salvare uomini e donne dalla Shoah pur sapendo di mettere in pericolo la loro vita e hanno per questo meritato di essere ricordati per sempre con un albero nel luogo più significativo della memoria della SHOAH: in Israele, nel “Giardino dei Giusti” presso il grande centro di Yad Vashem a Gerusalemme. Qui, secondo una decisione legislativa del parlamento del 1953, si è voluto rendere omaggio a quanti durante gli anni dell’Olocausto si sono adoperati nel mondo per salvare le vite degli ebrei condannati alla morte e uno dei più importanti tra loro è l’italiano Giorgio Perlasca, il quale ha salvato oltre 5.000 ebrei ungheresi mentre si trovava a Budapest.
In Israele, accanto al monumento che ricorda le vittime ebraiche delle barbarie nazista, ne è sorto poi un altro molto particolare. È “La foresta dei Giusti”, una foresta simbolica che è nata nel 1999 prima di tutto come gesto di gratitudine per ricordare tutte quelle persone che, assistendo alle persecuzioni da parte dei tedeschi, hanno rischiato la loro vita per salvare anche un solo ebreo. Non richiedevano nulla in cambio: agivano e basta, convinti di non avevano fatto niente di straordinario. Per molto tempo non si seppe niente della loro esistenza, nessuno di loro aveva mai detto nulla al riguardo ma poi, grazie alle testimonianze degli ebrei sopravvissuti, si scoprì l’esistenza di queste persone che salvarono intere famiglie dalla deportazione e morte certa. La loro esistenza stessa è molto importante perché insegna che, anche nelle situazioni peggiori, in cui l’assassinio era diventato legge di stato e il genocidio parte di un progetto politico, vi è sempre per tutti gli esseri umani una possibilità di fare scelte alternative.
I requisiti per essere definito “Giusto” sono due: il primo consiste nell’aver salvato la vita di un ebreo durante i terribili anni della Shoah e il secondo è la storia, ovvero il racconto della salvezza degli ebrei che non venne riferita da loro ma solo da persone terze, essenzialmente i “salvati”. Il “Giusto” non è perciò la persona che si volta dall’altra parte quando vede il dolore, indifferente a quanto succede attorno a lui perché non lo riguarda, ma è la persona che si fa carico della sofferenza altrui cercando con tutti i mezzi di aiutare gli innocenti e i perseguitati. Una “banalità del bene”, come la definì lo scrittore Enrico Deaglio, intendendo con questa espressione la capacità di riconoscere e opporsi al male al di là e al di sopra di ogni ideologia.
“C’era della gente che era in pericolo di morire e bisognava fare qualcosa. Avendo la possibilità di farlo, l’ho fatto” ebbe a dire Giorgio Perlasca quando la sua storia, dopo oltre 40 anni, venne rese nota da un gruppo di donne ungheresi che aveva salvato dalla deportazione. E l’umiltà ha sempre caratterizzato la sua condotta, lui che di fronte al pericolo riuscì a farsi credere addirittura un diplomatico spagnolo.
Anche oggi, però, ci sarebbe bisogno di persone come i “Giusti”, uomini che davanti a certe atrocità nel mondo con si voltano indifferenti. E ci sono. Per cui anche in Italia, come già previsto dal Parlamento Europeo dal 2012, una legge ha istituito nel 2017 per il 6 marzo una “Giornata dei Giusti dell’Umanità”. Per ricordare chi si è dimostrato un “Giusto” anche dopo gli anni della Seconda Guerra Mondiale.
Perché il bene deve essere sempre la scelta giusta.
Sofia Bucolo
Classe I, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G.