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Altopiano dell’Argimusco, luogo affascinante e magico

Argimusco: noi alunni delle classi prime della scuola secondaria di 1° grado “Foscolo” di Barcellona Pozzo di Gotto siamo andati a visitare Montalbano Elicona, un borgo di epoca medievale che si trova sui monti Nebrodi, dove abbiamo avuto modo di scoprire un luogo affascinante e magico che molti ancora ignorano: l’Altopiano dell’Argimusco, soprannominato anche la “Stonehenge siciliana” per la presenza di enormi megaliti di epoca preistorica, cioè enormi massi di calcare che con il tempo hanno assunto forme misteriose antromorfe e zoomorfe. Lì una guida turistica ci ha spiegato molto bene i suoi segreti. Situata vicino al bosco di Malabotta, quando siamo entrati nell’area abbiamo subito visto due menhir alti circa venti metri – detti il “Maschile” e il “Femminile” –  che probabilmente i popoli antichi usavano per i riti di fecondità poiché, proprio di fronte ad essi, c’è una roccia chiamata “Dea Partoriente”.

I raggi del sole attraversano i due menhir solo durante l’equinozio di primavera e d’autunno e per questo essi diventavano calendario astronomico per la semina. Accanto si trova una pietra a forma di “guerriero” o “sacerdote”, chiamata “Guerriero” perché sembra che indossi una sorta di elmo e “sacerdote” perché per alcuni studiosi la roccia rappresenta un saio. Questa pietra, vista dal lato ovest, sembra invece una scimmia o un “babbuino” mentre lì vicino ce n’è un’altra a forma di squalo. Il terreno sul quale sorgono le rocce è particolarmente fertile ed è chiamato “humus”, perché è ricco di nutrimenti grazie alle radici di tutte le piante che si decompongono in quel luogo, in particolare felci. Da lontano si vede poi un’altra roccia a forma di aquila che sembra stia spiccando il volo. Proprio sotto “l’Aquila” c’era una antica necropoli, le cui tombe risalgono all’Età del Bronzo medio, cioè 3500 anni fa. “L’Aquila” si trovava sopra il cimitero come guardiano e la guida ci ha narrato anche come essa, secondo la leggenda, prendesse i corpi dall’Oltretomba e li portasse in cielo, ma questo solo quando non si formava l’arcobaleno della Dea Iride, che collegava il cielo con la Terra per permettere ai defunti di passare oltre. Dal promontorio dell’Argimusco il panorama è strabiliante e nelle giornate limpide è visibile, oltre all’Etna maestoso, anche la montagna sopra Novara di Sicilia, chiamata anche “Punta dei Cervini” perché assomiglia al monte Cervino. Appartiene al comune di Novara anche la “Rocca Salvatesta”, chiamata così perché guardandola dà l’idea di una testa. Si narra che sotto la Rocca si trovi un tesoro immenso, la mitica “truvatura”, e il famoso “volto” sarebbe il guardiano di terra a cui si dovevano portare delle offerte perchè aprisse il passaggio segreto. Secondo la leggenda, però, solo a una giovane donna che nel corso di ventiquattro ore riuscisse a superare molte sfide e a mezzanotte in punto si trovasse alla Rocca, il guardiano spalancherebbe la porta dando accesso al tesoro. “Rocca Salvatesta”, osservata dall’Argimusco, faceva anch’essa da calendario archeo-astronomico poiché, dallo stesso punto, osservando l’alba agli equinozi, la Rocca fungeva da indicatore equinoziale dando informazioni sull’alternanza delle stagioni. Tra i vari megaliti presenti nell’altipiano vi sono anche delle “uova di pietra”, cioè delle pietre a forma sferica, aspetto dovuto anche agli eventi atmosferici che hanno tolto all’arenaria quarzosa molti strati, lasciando il nucleo a forma appunto di uovo. La guida ha anche spiegato che il nucleo, col tempo, si staccherà dalla pietra e cadrà a terra lasciando una cavità vuota.

Proseguendo nel percorso tra megaliti e menhir, si trova anche su una roccia detta “Piramide”, sulla cui punta il sole tramonta all’equinozio di primavera, quindi pure essa aveva funzione di calendario astronomico. La “Vergine”, invece, è una pietra con le sembianze della Madonna che prega, ma poiché risale ad epoca precristiana si preferisce chiamarla “Dea Neolitica”. In cima a questa roccia si trova una bacinella in pietra, larga un metro e mezzo, che ai tempi antichi sembra contenesse delle sanguisughe. Si narra anche che, con l’acqua contenuta in quella bacinella, fosse stata curata la gotta di Federico III d’Aragona, re di Sicilia, che amava soggiornare a Montalbano anche per questo, oltre che per le acque salutari delle sorgenti vicine. Quasi sul finire del percorso di visita, si può infine ammirare la cosiddetta “Rupe del fuoco”, chiamata così perché probabilmente i popoli antichi facevano delle processioni al buio accompagnati solo dalla luce proveniente dal fuoco acceso in quelle piccole cavità poste a terra.

Insomma, le cose da scoprire su questo luogo affascinante e misterioso, dove l’azione degli elementi e quella dell’uomo si sono nei secoli mescolate creando un equilibrio magico, non sono solo quelle citate, perché gli studiosi stanno dedicando solo da pochi decenni grande attenzione all’Altopiano dell’Argimusco, per il quale è stato chiesto anche il riconoscimento di sito UNESCO come “Patrimonio dell’Umanità” per la sua complessità paesaggistica e archeologica. Se questo avverrà, Montalbano Elicona, dopo essere stato eletto nel 2016 “Borgo dei Borghi”, aggiungerebbe un nuovo riconoscimento alla bellezza e ricchezza culturale e storica della Sicilia.

Karen Torre

Classe I, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G.

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