La “caccia alle streghe” una pagina nera del passato
” Caccia alle streghe ” è l’espressione con la quale ancora oggi si vuole indicare l’accanimento contro qualcuno, solitamente più indifeso, che viene preso di mira in nome di un’idea ritenuta “giusta” dalla maggioranza ma che nasconde invece motivazioni ben diverse. E’ stato così anche in origine quando, già diffuso nel Medioevo, il fenomeno ebbe una violenta ripresa tra il Cinquecento e il Seicento, all’epoca della Riforma e Controriforma, manifestandosi come una delle persecuzioni più gravi e brutte che la Chiesa abbia mai attuato in nome della religione ma che, soprattutto colpì deliberatamente il genere femminile.
Esso prendeva infatti di mira alcune persone che, generalmente per comportamenti ritenuti non ortodossi o poco ligi alle regole cattoliche o riformate, con una dichiarazione anche anonima, per invidia o per risentimento, venivano denunciate alle autorità religiose e considerate seguaci di Satana, quindi eretiche o streghe e arse sul rogo. La maggior parte delle vittime predestinate erano però di solito donne, vedove o levatrici o contadine, che quindi appartenevano al ceto sociale più povero e non erano in grado di difendersi dalle accuse. Dopo la denuncia anonima, le accusate venivano arrestate, ignare persino delle false imputazioni mosse, ma non era facile dimostrare di essere innocenti e di non avere nessuna colpa, perciò speso si autoconvincevano di essere veramente delle streghe, ammettevano le proprie colpe e a questo punto venivano torturate e bruciate sul rogo.
Qualche volta sono state colpite anche donne nobili, come monache provenienti da famiglie illustri, ma erano una minoranza. Questa abominevole e sistematica persecuzione del genere femminile, la “caccia alle streghe”, è stata praticata in quei secoli in tutta l’Europa e le vittime non sono state poche: in Italia, Russia, Paesi scandinavi, Gran Bretagna, Spagna si parla di 5.000 donne; in Svizzera di 9.000; in Francia e in Polonia di 10.000; in Germania di 50.000 unità che si possono definire l’80% dell’intera popolazione femminile. Tali numeri danno l’idea di questo “eccidio al femminile” ma sradicare questa pratica pseudo religiosa fu difficile. Per il popolo era una festa vedere quelle povere sventurate messe in piazza e torturate, ma le ragioni non erano solo religiose. Verso la fine del Medioevo, infatti, le donne stavano cominciando ad avere la propria importanza ed erano numerose quelle che iniziavano a dedicarsi al commercio e all’artigianato, attività intese come lavori maschili; la medicina naturale e la conoscenza delle erbe curative era da sempre loro prerogativa, con grande invidia degli uomini.
A Basilea le donne e gli uomini avevano gli stessi diritti ma, nel momento in cui la Chiesa scatenò la sua follia con questa “caccia”, ci fu una regressione di quei pochi diritti che il genere femminile aveva conquistato, riportando il mondo nella ferocia e legalizzando questa forma di “carneficina al femminile”, di “misoginia autorizzata”. In quel mondo di superstizione si era convinti, forse ingenuamente alcuni e in modo perverso altri, che le streghe ottenessero i poteri magici, spesso solo capacità curative con le erbe o una insolita curiosità intellettuale, stringendo un patto con il Diavolo. Le donne erano infatti considerate dalla mentalità medievale stupide e incapaci di ragionare, e di conseguenza Satana le poteva ingannare facilmente trasferendo loro i suoi intenti malvagi. La Chiesa, che doveva portare messaggi di pace, era poi quella che trasmetteva odio e paura inculcando nella popolazione il terrore del Diavolo e la convinzione che chi peccava bruciava nell’Inferno.
Oggi ne è passata di acqua sotto i ponti, ed anche Papa Giovanni Paolo II si scusò qualche anno fa per quello che la Chiesa aveva fatto alle donne, ma come ieri esse devono sempre lottare per farsi valere. Chiaramente, anche se è finita la “caccia alle streghe”, il genere femminile adesso guarda al futuro, non dimenticando però il passato. Molte battaglie sono state vinte, altre perse, ma sicuramente dobbiamo cercare di non ricadere in quegli stereotipi che ancora vogliono la donna in casa e sottomessa all’uomo, ben lontana dalla parità sostanziale che pure la legge le riconosce.
Chiara Palella Classe II, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G