Credenze e superstizioni popolari, base della nostra cultura
Credenze e superstizioni popolari; dalla caccia alle streghe fino ai nostri giorni, sono state la base della nostra cultura che spesso, senza nessun fondamento scientifico, ha visto come protagonisti il popolo. In Europa, fra il fra XV e XVIII secolo, si diffonde ad esempio il terribile fenomeno della “caccia alle streghe”, una scia di sangue in cui a pagare il prezzo più alto saranno soprattutto le donne.
In questo periodo Papa Gregorio IX condannò anche tutti i gatti neri, sostenendo che fossero animali accuditi dalle streghe e da allora i gatti furono associati al diavolo, cacciati dalle feste popolari e bruciati nelle piazze pubbliche. Solo dopo l’Illuminismo il gatto nero venne lasciato in pace, anche se si continuavano ad attribuirgli poteri magici. Le leggende popolari sul gatto nero sono state comunque tramandate sino ai giorni nostri.
La credenza, ad esempio, del gatto nero che attraversa la strada durante il passaggio di una persona portando a qualche evento negativo, fa sì che di conseguenza il “malcapitato” sia costretto a cambiare tragitto pur di non incontrarlo sul suo cammino. Un altro segno di malaugurio, non legato al gatto nero, era il battito dell’occhio destro: il malocchio. Il malocchio provocava un forte mal di testa e per farlo passare c’era un rito che fino a qualche tempo fa le nostre nonne, come degli sciamani, conoscevano e applicavano sullo “sventurato”.
La pratica del “malocchio” era esercitata dalle donne, che poi la tramandavano alle figlie. Si riempiva un piatto con un po’ acqua, ci si faceva il segno della croce per tre volte con il pollice, poi si versavano tre gocce di olio e si recitava una preghiera: se l’olio si allargava la diagnosi era “malocchio”, invece se l’olio svaniva dimostrava che la persona era stata colpita da malocchio da diverso tempo ed era più difficile da trattare; se al contrario l’olio si allargava poco significava che la “maledizione” era leggera quindi più facile da togliere. Finito di pregare, se il mal di testa peggiorava voleva dire che l’invidioso aveva scaricato tutto il suo odio sullo “sfortunato” e di conseguenza bisognava neutralizzare la cattiveria con uno sputo e poi buttare l’acqua in un luogo dove non passasse nessuno perché, se l’acqua veniva calpestata, avveniva il contagio del malocchio. Altra credenze di malaugurio era poi la rottura dello specchio, che portava sette anni di disgrazia.
In contrasto a queste credenze legate al malaugurio, vorrei menzionarne invece qualcuna di buon augurio. Ed esempio il vino rovesciato porta bene ma, non solo, intingere il dito nel vino caduto sulla tovaglia e bagnarsi dietro le orecchie porta ricchezza e prosperità. Inoltre chi non ha mai mangiato le lenticchie a Capodanno? La tradizione vuole che portino soldi e fortuna per l’anno nuovo. Anche mangiare per la prima volta nella stagione una varietà di frutta esprimendo un desiderio ne garantisce l’avverarsi. Tutto ciò in noi suscita una risata, ma le tradizioni sono la storia di un popolo tramandata anche oralmente. Noi giovani del terzo millennio, abituati ad un’altra realtà con le informazioni che viaggiano alla velocità della luce, forse non comprendiamo il significato di queste credenze popolari, ma sicuramente si tratta di superstizioni che affondano le radici nella notte dei tempi.
Edoardo De Filippo, nella sua commedia “Non è vero, ma ci credo”, mette in evidenza come l’uomo difficilmente riesca a staccarsi dalle superstizioni, dalle paure che l’accompagnano e io credo che sia proprio così e bisogna accettarlo.
Samanta De Gaetano
Classe II, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G.