Novembre ci porta due feste importanti per noi Siciliani
Novembre si avvicina e Ottobre sta per terminare, porta con se due giorni importantissimi per noi siciliani, con un significato davvero molto forte, più di molte tradizioni: la festa dei Santi, la festa che unisce cielo e Terra. In questo giorno, infatti, la Chiesa ricorda tutti quelli che sono in Paradiso, ovvero i Santi, che possiamo considerare come i nostri fratelli maggiori in quanto, avendo vissuto la fede in maniera esemplare, sono per noi modelli di vita cristiana. Siamo dunque legati a loro, ma ai Santi seguono poi i nostri cari defunti. Alla loro festa si lega una storia che ha delle curiosità davvero molto particolari. Basta scavare un poco nei ricordi e nelle tradizioni, grazie al racconto dei nostri nonni, per riscoprire che in Sicilia non si commemorano i morti, come nel resto d’Italia, ma dalla notte dei tempi si “festeggiano”.
Con la differenza che “Festa dei morti” – così si chiama in Sicilia – non ha nulla a che fare con le streghe e con le zucche, ma deriva da riti e culti precristiani. Per gli antichi egizi i morti rivivevano nelle loro tombe e per gli antichi romani proteggevano il focolare domestico. Una volta divenuta festa religiosa, alcune pratiche pagane rimasero ancora in vita. È l’esempio del “cunsulu” romano.
Infatti, così come ai parenti del defunto (de cuius) veniva offerto dai vicini del cibo, durante la veglia notturna, per consolarli dal dolore e dalla perdita subita, allo stesso modo in Sicilia, la notte del 1° novembre, veniva lasciata la tavola apparecchiata con ogni prelibatezza in modo tale che i defunti, nella loro visita, rimanessero contenti di ciò e lasciassero doni in cambio. Intanto la Festa dei morti non si celebra il 31 ottobre, ma il 2 novembre a partire dalla notte che precede e non ha niente dell’atmosfera cupa e un po’ paurosa che si riscontra nei travestimenti di Halloween: è una festa allegra, che unisce sentimento religioso e folklore e che si anima in famiglia, più sentita dove ci sono bambini, a cui “i morti” nella notte tra l’1 e il 2 novembre portano regali e tanti dolcetti che la mattina devono cercare per casa quasi si trattasse di una caccia al tesoro. Narra la leggenda anche che i morti di famiglia tornino nottetempo tra l’uno e il due novembre per ricompensare i bambini buoni e per “grattare i piedi” ai monelli.
Oggi è difficile capire questa storia il cui ricordo è ancora solidissimo nei bambini di un tempo, i nostri nonni e i nostri genitori, ma sta lottando a sopravvivere nei tempi recenti. Chi ha vissuto la tradizione nel pieno ricorda bene che i morti per i bambini che li attendevano non erano né tristi né paurosi, erano anzi misteriosi amici. Non si aveva paura dei propri defunti che anzi venivano ricordati nella loro immagine più viva, felice e sorridente, quindi se anche vi era qualche bambino più pauroso, subito gli veniva detto: “non devi aver paura di chi ti ha voluto bene” ed allora tutto passava. Tradizione voleva infatti che, in quella notte trepida, i morti lasciassero un giocattolo desiderato e i dolci tipici del periodo: su tutti pupe di zucchero e frutta di marzapane, la celebre “martorana” la quale, assicurano i siciliani cresciutelli, all’epoca non costava quanto ora.
E in genere nel “cannistru”, il cestino vuoto lasciato allo scopo sotto il letto del bambino, più o meno generoso secondo le possibilità finanziarie della famiglia, i dolci contavano meno del giocattolo desiderato. Parte del divertimento veniva dal fatto che i morti non lasciavano banalmente i doni sul tavolo, ma si divertivano a nasconderli costringendo il bambino ad andarselo a cercare per la casa.
Sul rito dei doni si incastrava, e mi auguro si incastri ancora, la ricorrenza religiosa del 2 novembre, la commemorazione dei defunti, che vede riuniti bambini, genitori, parenti attorno alla tomba di famiglia, ripulita e preparata con fiori freschi. Questa per i bambini era una visita non cupa, che i bambini accoglievano con lo spirito grato di chi andava a ringraziare per il dono ricevuto. Il tutto prima di un gran pranzo a suggellare la ricorrenza comunque festosa. Lo stesso Verga scrisse di questo giorno e della tradizione ad esso legata….. “Ogni anno, il dì dei morti, nell’ora in cui le mamme vanno in punta di piedi a mettere dolci e giocattoli nelle piccole scarpe dei loro bimbi e questi sognano lunghe file di fantasmi bianchi carichi di regali lucenti e le ragazze provano sorridendo dinanzi allo specchio gli orecchini o lo spillone che il fidanzato ha mandato in dono per i morti…”. Per sconfiggere l’indifferenza alle nostre radici e l’omologazione, un tentativo potrebbe allora essere, come dice Camilleri, “far ritrovare ai morti la strada di casa che, hanno cominciato a perdere quando, nel 1943, con i soldati americani, Babbo Natale è sbarcato la prima volta sull’isola.”
Miriana Furnari
Classe II, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G.