“ Blue Whale, la verità e la tutela del minore ” a Palazzo D’Amico
Nasce a Milazzo la sede siciliana dell’Osservatorio nazionale “Violenza e suicidio”
Blue Whale è conosciuto ormai come il gioco dell’orrore, il gioco del suicidio. Dopo l’esplosione del fenomeno, avvenuta nei mesi scorsi, Google ha registrato un picco di consultazioni in quanto Blue Whale è risultata essere la parola più cliccata; ciò ha scatenato una psicosi generale tra i giovani e gli adolescenti. Mi chiedo: cos’è questo tragico gioco, quali sono le regole e le conseguenze, come difendere gli adolescenti? Su questo argomento si è tornati a parlare giovedì 03 ottobre 2019 a Palazzo d’Amico a Milazzo, dove si è svolto il convegno sul fenomeno del “Blue Whale”, per capire se questo fenomeno sociale,che desta ancora molte preoccupazioni, sia un falso allarme o una triste realtà. A questo convegno, inaugurato dal sindaco Giovanni Formica, si è registrata una grande e importante partecipazione. L’iniziativa è stata fortemente voluta da Stefano Callipo, presidente dell’Osservatorio nazionale “Violenza e suicidio”, insieme alle componenti della nuova sede siciliana che vede come responsabile la psicologa Valentina Sabino. La stessa Valentina Sabino tra i vari ringraziamenti si è soffermata sull’importanza della presenza in sala di alcuni studenti dell’ITT Ettore Majorana, invitati a partecipare dal dirigente prof. Stello Vadalà che si è già reso disponibile a collaborare con la sede siciliana dell’Osservatorio.
Obiettivo dell’incontro è stato quello di fare chiarezza su questo pericoloso gioco, nato sul web in Russia, che spingerebbe i giovani al suicidio. Il “gioco” dell’orrore blue whale consiste nel seguire alcune regole per 50 giorni e si conclude inevitabilmentecon la morte per istigazione al suicidio del “giocatore”. L’ultimo giorno bisogna suicidarsi lanciandosi da un palazzo molto alto. Le preoccupanti coincidenze delle dinamiche, ricollegano a fenomeni di autolesionismo e all’azzeramento delle capacità logiche. I ragazzi appaiono in stato confusionale e completamente soggiogati. Tutto questo ha già portato alla morte 157 adolescenti. Fenomeno analogo, ha osservato il dott. Callipo si verificò nel 1774 con la pubblicazione del libro “I dolori del giovane Werther” di Goethe in cui si parla della vicenda di Werther, che, non potendo coronare il suo impossibile sogno d’amore, alla fine si suicida. Questo gesto estremo trovò a quel tempo molti giovani imitatori. La storia di Werther rappresentò a tutti in modo chiaro e consapevole il nucleo profondo di un malessere giovanile e fu il primo esempio che documenta un effetto emulativo.
Il bisogno di emulare gli altri è infatti tipico tra gli adolescenti ed ha lo scopo di riempire un senso di vuoto, di noia, di depressione, di mancanza di senso nella vita, nei propri obiettivi e desideri, e purtroppo non coincide con la sana curiosità, che dovrebbe sollecitare la motivazione ideativa e creativa dell’esistenza. Il fenomeno del suicidio miete ogni anno in Italia, purtroppo, circa 4000 vittime ed è un dato allarmante. Durante il convegno si sono interfacciati, in un confronto tecnico e culturale, avvocati, psicologi e forze dell’ordine al fine di prevenire il rischio suicidario e la violenza in ogni sua forma. Altri appuntamenti si sono svolti già a Roma il 19 settembre scorso presso la Camera dei Deputati e a Milano, alla Regione Lombardia il 25 settembre. Come sappiamo il rapporto tra adolescenti e web è sempre più reale ed è fatto di lati oscuri. Sono molto contenta e orgogliosa di essere stata invitata a partecipare ad un convegno così importante. Gli atti di bullismo, di cyber-bullismo e di violenza, che purtroppo istigano molto spesso al suicidio, vengono sicuramente diffusi attraverso forme di comunicazione scorrette. Il suicidio è, infatti, la seconda causa di morte in adolescenza. Tra i principali fattori di rischio ritroviamo, pertanto, un crescente senso di solitudine e isolamento sociale. Ci troviamo a vivere in un’epoca in cui i social network occupano tanto tempo nella vita di noi ragazzi e per questo possono creare dipendenza e allontanarci dalla vita reale. Ma questa vita virtuale è proprio così importante, essenziale nel vivere di ognuno di noi? Secondo me, no! I social network possono contribuire alla creazione di una cultura banale e superficiale, rendendo i ragazzi incapaci di socializzare. Possono creare dipendenza e distaccare i giovani dalla vita reale, facendo loro perdere i veri principi, ad esempio quello della vera comunicazione. Questa dipendenza può anche causare un allontanamento dallo studio. Spesso i ragazzi entrano a far parte dei social network perché altrimenti si sentono, o meglio vengono fatti sentire estranei al gruppo e quindi non popolari e, pur di essere accettati, sono disposti a tutto: finiscono per ridicolizzarsi inutilmente con foto e video anche provocatori o in atteggiamenti equivoci. Gli adolescenti sono diventati ormai dipendenti. Te ne accorgi quando in giro per la strada guardi al tavolo di un bar un gruppo di amici e amiche e ti rendi conto che sono tutti attaccati al cellulare, chi sui social network, chi chatta, chi condivide foto e chi gioca. Derisioni, umiliazioni, lesioni, minacce, rabbia… è ora di dire STOP al bullismo; è ora di dire un forte SI all’educazione e al rispetto che sono fondamentali per una vita migliore!
Battaglia Chiara III B BS