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TAGLIO DEI PARLAMENTARI LA RIFORMA E’ (QUASI) LEGGE.

345 parlamentari in meno per un risparmio complessivo di circa 100 milioni di euro l’anno. È effettivamente la scelta giusta?
TAGLIO DEI PARLAMENTARI LA RIFORMA E' (QUASI) LEGGE.

Nel pomeriggio di martedì 8 ottobre 2019 è stata approvata, dalla camera dei deputati, la riforma che ridurrà il numero di parlamentari da 945 a 600, si passerà infatti da 630 deputati a 400, mentre i senatori da 315 diverranno 200.

La riforma, approvata con il risultato di 553 voti a favore (14 contrari e 2 astenuti), con maggioranza assoluta all’ultima votazione, è stata votata dal Movimento 5 Stelle i più accessi sostenitori della riforma stessa insieme agli alleati di governo del PD, di Italia Viva e di LeU.

La riforma è però stata votata anche dai partiti di opposizione: Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia.

Ad essere interessati dalla riforma sono gli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione che stigmatizzano le caratteristiche del parlamento.

La Riforma “Fraccaro”, dal nome del sottosegretario pentastellato alla presidenza del consiglio, cambia il rapporto numerico di rappresentanza sia alla Camera dei Deputati (1 deputato per 151,210 abitanti, a fronte di 1 per 96.006) che al Senato della Repubblica (1 deputato per 302.420abitanti, a fronte di 1 per 188.424).

TAGLIO DEI PARLAMENTARI LA RIFORMA E' (QUASI) LEGGE.

Questo comporterà l’esigenza di ridisegnare i collegi elettorali con un’altra legge.

All’abbassamento del numero dei senatori è, ovviamente, conseguito l’abbassamento del numero minimo di senatori per ogni regione che passa da 7 a 3 (nessuna modifica per il. Molise e la Valle d’Aosta).

E’ previsto, inoltre, l’abbassamento del numero di parlamentari eletti all’estero che diventano 8 per i deputati contro i 12 precedenti e 4 per i senatori invece di 6.

Viene però previsto un numero minimo di seggi senatoriali riferito alle Province Autonome di Trento e Bolzano.

La suddetta riforma sembra avere punti forti su cui poggiarsi ma altrettanti lati oscuri, infatti talune analisi dimostrerebbero che il risparmio reale in termini di spesa pubblica sarebbe di circa 57 milioni di euro contro i 100 dichiarati e che la maggiore efficienza delle camere non sia elemento così scontato da evidenziare e non suffragato da alcun elemento probatorio.

Intanto non possiamo fare altro che aspettare in quanto nei tre mesi successivi all’ultima approvazione della legge, dato che la riforma ha ottenuto la maggioranza qualificata solo da una delle due camere, può essere richiesto un referendum confermativo, importantissimo strumento di democrazia diretta.

Il referendum può essere richiesto da un quinto dei membri di ciascuna Camera, da 500 mila elettori o da cinque consigli regionali.

Se ciò dovesse avvenire si voterebbe nella primavera del 2020 e da lì, nel caso in cui il testo venisse confermato, scatterebbero i sessanta giorni concessi al governo per ridisegnare i collegi elettorali.

Non resta, dunque, che attendere.

Giuseppe Calapà 2C ET, coadiuvato dalla Prof.ssa Cosenza

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