domenica, Dicembre 22, 2024
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L’ora di religione? Al Majorana si fa e ci fa “saper essere”

Religione Cattolica, disciplina che da tanti anni insegno nella scuola: sono un insegnante, come tanti altri, in questa Scuola Italiana che, ormai da tempo, è sottoposta ad atti di riforma per rispondere meglio alle attese della Comunità Europea.

L’ora di religione? Al Majorana si fa e ci fa “saper essere”

Attraverso il “sapere” (le conoscenze) ed il “saper fare” (abilità), agli studenti è richiesto di compiere gradualmente un percorso scolastico che li vede protagonisti in un processo di maturazione personale verso il raggiungimento di un “saper essere”, ossia il conseguimento di competenze umane e professionali. Dopo quasi tredici anni d’insegnamento al “Majorana”, posso attestare – credo anche con i docenti “veterani” di Questo Istituto di Milazzo – che non si sia mai affievolita, in noi insegnanti,  la passione educativa ed il latente “I care” tanto caro a don Milani, che caratterizza “in primis” anche il Dirigente Scolastico, il quale fin dal primo giorno del suo insediamento (tanti anni or sono!) ha amato definirsi “collega tra colleghi” ma con un ruolo istituzionale ben distinto che autorevolmente gli è riconosciuto dentro e fuori la Comunità scolastica del “Majorana”.

L’ora di religione? Al Majorana si fa e ci fa “saper essere”

A me sembra che, particolarmente oggi, si tenda facilmente a dimenticare che la Scuola, in quanto “agenzia educativa” non può sostituirsi all’agenzia educativa della Famiglia, né può essere sostituita dai genitori in ciò che le è proprio nel campo educativo e la connota istituzionalmente nella società. Eppure, oggi più di ieri, ci si orienta a realizzare un’alleanza educativa Scuola/Famiglia, in cui la Scuola propone e con la Famiglia concorda una Offerta Formativa nella quale lo studente è considerato al “centro” e la quale si declina in percorsi e progetti scolastici pianificati, programmati e tutti finalizzati al successo scolastico di ogni studente, perché “sappia essere”.

Nel Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF) della Scuola sono chiaramente e distintamente espresse le competenze culturali e professionali attese. Le competenze del PTOF riguardano, includono e coinvolgono anche le competenze “trasversali” dell’Insegnamento della Religione Cattolica (IRC), che con il Nuovo Concordato -stipulato, a Villa Madama (Roma), tra la Città del Vaticano e la Repubblica Italiana il 18 febbraio 1984 – ha assunto un nuovo profilo scolastico e culturale che, forse, a non pochi genitori, docenti e studenti sfugge. L’art. 9.2 del Nuovo Concordato, così recita: “La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado. Nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori è garantito a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento”. Rispetto al Concordato del 1929, che definiva l’insegnamento della religione “fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica”, il Nuovo Concordato colloca l’IRC “nel quadro delle finalità della scuola” e, poiché lo Stato Italiano non ha competenze in materia religiosa, si avvale della collaborazione della Chiesa cattolica per garantire l’autenticità dottrinale dei contenuti insegnati e che rimangono, comunque, confessionali.

L’ora di religione? Al Majorana si fa e ci fa “saper essere”
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 Non voglio entrare in merito agli aspetti giuridici e normativi dell’ IdR (Insegnante di Religione) e dell’IRC. Chiunque, se lo vorrà, potrà accedere alle fonti storiche, normative e giuridiche dell’IdR e dell’IRC nei siti dedicati che, anche, internet offre.  Però, mi sembra importante chiarire quali siano gli obiettivi formativi e culturali dell’ora di Religione a Scuola. Non li elencherò in maniera sistematica. Mi limiterò a farli emergere in questo articolo, senza alcuna pretesa di esaustività, né di completezza.

Desidero richiamare alla memoria, o più semplicemente indicare il “perché” a Scuola si faccia, anche, Religione Cattolica.

Un uomo saggio diceva di “Sapere di non sapere!”. Lo diceva perché non voleva impressionare chi lo conosceva da tempo come un grande maestro. Ma quell’uomo, di nome Socrate, lo diceva per affermare che chi è convinto di sapere tutto non imparerà più nulla. E chi non crede di dover imparare più nulla si convincerà che chiunque, in questo mondo, avrà solo da imparare da chi non è convinto di “Sapere di non sapere!”.

L’ora di religione? Al Majorana si fa e ci fa “saper essere”

Una grande lezione di vita, quella di Socrate, perché ci orienta a riconsiderare le motivazioni per cui non si può fare a meno di continuare a sapere anche di “religione”. Lo stesso Socrate ci indica il superamento del “pregiudizio sulla religione” che già nel ‘900 iniziò a condizionare anche la cultura europea, infiltrandosi nelle coscienze individuali in cui oggi è relegata ogni questione che possa riguardare la religione. Non si sente dire, infatti e più frequentemente, che la religione riguardi solo la sfera privata? Intanto, forse è il caso di superare la confusione tra “religiosità” e “religione”, “sentimento religioso” e “fenomeno religioso” che i bambini non conoscono ma, certamente, chi bambino non lo è più, è in grado di superare, distinguendone i significati ed operando delle correlazioni.

La Scuola è una finestra sul mondo, dalla quale ogni studente può affacciarsi per vedere e scoprire ciò che gli sta intorno, compreso il fenomeno religioso, con “senso critico”. Ma, aperto alla scoperta del mondo che lo circonda, ogni studente non dovrebbe sottrarsi alla ricerca di conoscere meglio e più profondamente il suo mondo vitale: se stesso come “essere-con-altri”, “essere-per-altri” e, fondamentalmente “essere Altro ed Oltre”.

Mi chiedo come si possa comprendere l’uomo nella interezza, unitotalità e pluridimensionalità del suo essere, o anche la stessa “natura umana”, senza l’IRC che accompagna gli studenti ad esplorare, attraverso percorsi interdisciplinari, una dimensione costitutiva dello stesso essere umano: la dimensione religiosa. Altresì, mi chiedo come si possa comprendere la cultura – intesa antropologicamente, come “insieme complesso e dinamico che include le conoscenze, le credenze, l’arte, la morale, il diritto, il costume e qualsiasi altra capacità e abitudine acquisite dall’uomo come membro di una società” – senza il contributo disciplinare dell’IRC che, con un linguaggio non estraneo alle nuove generazioni, accompagna in un confronto culturale ed esistenziale sulla dimensione religiosa  e dentro un “laboratorio” orientato alla formazione globale della persona.  L’IdR, concorre insieme ai docenti delle altre discipline dell’area umanistica e dell’asse storico-sociale nella valorizzazione e decodificazione del patrimonio storico, culturale ed artistico dell’Europa, accostando gli studenti a ciò che l’uomo nel suo divenire storico, ha espresso e continua a dare sul fronte letterario e artistico, filosofico e pedagogico, storico e sociale, politico e culturale, normativo e giuridico; agevolando un approccio al complesso fenomeno religioso le cui trame sono inseparabili ma ben distinte e distinguibili dagli altri fenomeni che hanno tutti un comune denominatore: l’uomo nella storia (anzi, l’uomo fin dalla preistoria!).

In altre parole, per essere più esplicito, riformulo quanto già detto, puntualizzando meglio gli obiettivi formativi e culturali dell’IRC nell’orizzonte della trasversalità delle competenze.

Una delle competenze trasversali che uno studente deve poter sviluppare è imparare ad imparare. Per fare ciò è necessario assumere un atteggiamento di umiltà che, a mio parere, è la caratteristica della persona “intelligente”. Si, perché l’intelligenza è l’insieme di quelle qualità e potenzialità psichiche e capacità di fare o sentire qualcosa, che permettono all’essere animale umano di pensare, comprendere e valutare la realtà che lo circonda.

L’ora di Religione Cattolica a Scuola è per persone “intelligenti”. Non discrimina nessuno. E’ aperta a tutti, nessuno escluso! Nessuno, a meno che qualcuno avvolto da un “prae” “iudicium” (pregiudizio), ovvero, un giudizio dato prima di aver conosciuto e verificato l’oggetto dell’intendere (sulla religione), pensi che l’ora di religione, a scuola, sia esclusivamente offerta ai cristiani cattolici per “educarli nella fede”. L’Insegnamento della Religione Cattolica nella Scuola Italiana non è la catechesi, né assolutamente “catechismo” perché non è un libro che si utilizza nell’azione catechistica. Le aule scolastiche non sono spazi parrocchiali. Non si prega a Scuola. A Scuola non si fa catechismo. La Scuola è laica, ossia è “aperta a tutti e non può discriminare nessuno” e la Religione Cattolica, in quanto disciplina scolastica, concorre, insieme alle altre discipline scolastiche, alla formazione globale della persona, perché chiunque, nella e tramite la Scuola, diventi sempre più consapevole della propria identità, delle proprie radici, della propria e altrui cultura, delle personali scelte e cresca in responsabilità. Contribuisce alla formazione umana, anzitutto, in una correlazione interdisciplinare con le materie dell’area umanistica in asse storico-sociale.

 Nell’ora di Religione ci si interroga su se stessi, sulla propria identità, sulle proprie scelte, sulle relazioni con gli altri impregnate di gioia e sofferenza, conflittualità ed aspirazioni. Ci si confronta con la tradizione giudaico-cristiana e con il Cattolicesimo, senza cui è impossibile decodificare la storia e la cultura dell’Occidente, né l’Europa con le sue radici. Si cerca di “aiutare a lasciarsi aiutare” per abbandonare gli atteggiamenti infantili (anche di fronte al fenomeno religioso) per assumere atteggiamenti che riflettano la responsabilità del cittadino del nuovo mondo. Si indicano delle linee guida per conoscere meglio se stessi in relazione con gli altri. Si offrono dei criteri di discernimento per assumere gradualmente un “senso critico”, per evitare che lo studente si rapporti al “bombardamento di informazioni” provenienti da una società definita “villaggio globale”, come una “spugna” che tutto “assorbe” perché sprovvisto di qualsiasi “filtro culturale”. Nell’ora di Religione Cattolica, a Scuola, si pongono, certamente e non banalmente, interrogativi che superano le risposte che la scienza può dare e che qualunque essere animale umano ha il diritto di porsi, ricercando delle risposte. La Religione non si sostituisce alla Scienza. Eppure le dicotomie, insite nel “pregiudizio sulla religione” di tanti, esistono ancora. Esistono in quanti dimenticano che tra Scienza e Religione c’è autonomia e complementarietà nella ricerca della verità, nell’apertura a ciò che rimane Mistero per l’uomo. Oggi alcuni pensatori, addirittura parlano di emergenti “religioni politiche”. Chi dovrebbe affrontare le emergenti questioni culturali e, soprattutto di “bioetica”, in una Scuola tra le cui finalità educative c’è quella insostituibile di “far assumere un senso critico agli studenti”? Certamente il sinergico intervento educativo dei docenti dell’area umanistica, cui appartiene anche il docente di Religione Cattolica.

Eppure, in tanti anni d’insegnamento nella Scuola Italiana, devo dire che, agli inizi di un nuovo anno scolastico, immancabilmente, alcuni studenti, accostandosi a me, mi informano di non avvalersi dell’IdR perché sono “atei” o “appartenenti ad un’altra religione”. E, puntualmente, come ogni anno, rispondo sorridendo: “Ok. Non sai che occasione unica di confronto ti perdi. Ma, se rimarrai in aula, magari lo scoprirai!”.  E’ capitato, lungo il percorso didattico, che alcuni studenti “non avvalentesi”, abbiano partecipato più attivamente degli studenti “avvalentesi” della Religione, intervenendo per porre domande o esprimere la propria opinione e, giungendo finalmente, insieme, a delle sintesi conclusive “laiche” e costruttive, arando un terreno di confronto e di crescita umana e culturale con gli altri.  Altri, invece, intenti a studiare individualmente in aula, sono rimasti o rimangono come in una “campana di vetro”, esprimendo quella “indifferenza religiosa” che si può respirare, dappertutto, più o meno intensamente, espressione di un “secolarismo” che inesorabilmente sembra non risparmiare neanche chi Cattolico dichiara di essere. Altri, “non avvalentesi”, senza sorprendermi, hanno abbandonato quel “pregiudizio sulla religione” che li induceva a credere che l’ora di Religione fosse solo per chi appartiene alla Chiesa Cattolica, ed hanno chiesto, nei tempi giuridicamente ammessi dalle Norme Scolastiche, di essere reintegrati nel gruppo classe che regolarmente si avvale dell’Ora di Religione. Non sono mancati, comunque, studenti, che di fronte all’impegno di “pensare”, “ricercare”, “riflettere”, “fare”, “documentarsi”, “confrontarsi”, abbiano, invece, chiesto ai propri genitori di essere esonerati da ciò che in sé rimane un “Laboratorio culturale”; forse, ma non vorrei apparire presuntuoso, questi studenti farebbero a meno anche di tante altre materie scolastiche, se solo fossero “facoltative” come quella della Religione.

Comunque, l’esperienza non è l’unica fonte della conoscenza. La mia esperienza è una tra le tante esperienze di docenza. Non è e non la considero come unica fonte di conoscenza. Anch’io, credo di “sapere di non sapere”. Ignoro tanto della vita e resto disponibile e aperto al mistero della vita che contemplo, accompagnato dalle parole che Giovanni Paolo II ha inciso nella sua Lettera Enciclica “Fides et Ratio” del 1998: “La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano s’innalza verso la contemplazione della verità”. Non ho nessuna intenzione di volare con una sola ala. Perciò, non smetto di “imparare ad imparare” anche dagli studenti per cui l’Ora di Religione è garantita nell’Offerta Formativa della Scuola.

Girolamo Criscione,

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