I bambini-soldato: una vita tra dolore e sofferenza
I bambini soldato sono un fenomeno che esiste da tempo, negli ultimi decenni si sta sentendo sempre più parlare del problema. Ogni volta che si fa riferimento a guerre e conflitti armati che si svolgono nelle diverse parti del mondo, le prime vittime a cui pensiamo sono i soldati morti nei combattimenti o i civili morti nei bombardamenti. Pochi, però, sanno che la guerra può distruggere anche l’infanzia ed è questo proprio il caso dei bambini soldato che, già all’età di non più di 6 anni, vengono arruolati illegalmente a migliaia.
Le Nazioni Unite, ad oggi, ne contano infatti più di 250.000, anche 300.000 secondo le ONG, di cui il 40% sono anche bambine. Generalmente i bambini, così come i ragazzi, che appartengono a questi eserciti armati nelle mani, il più delle volte, del crimine organizzato, facevano parte di famiglie molto povere prima di essere rapiti o reclutati per essere in seguito sfruttati come combattenti, messaggeri, spie o ancora per azioni kamikaze. Il peggio arriva poi soprattutto per le ragazze che, oltre che essere sfruttate per le azioni elencate prima, raggiunta la pubertà sono costrette a prestazioni sessuali, anche con il rischio di gravidanze premature e di contrarre malattie sessualmente trasmissibili. Alle volte, seppur rare, alcuni bambini soldato si uniscono ai gruppi militari per la sopravvivenza, in quanto viene offerta loro la possibilità di mangiare regolarmente e di avere un reddito con cui poter sostenere la propria famiglia. Arruolare bambini, inoltre, ha notevoli vantaggi per i capi armati criminali: costano e mangiano meno di un adulto, sono docili e facilmente controllabili e utilizzabili, soprattutto se sotto l’effetto di droghe. Dunque in seguito a tutto ciò vengono addestrati, prima con compiti di facili attuazione e poi viene loro insegnato a sparare, per cui iniziano a combattere, a uccidere e commettono violenze.
Tutto ciò è un qualcosa di mostruoso e inaccettabile: questi bambini non solo sono costretti a compiere sforzi fisici troppo duri da sostenere per la loro età, in quanto devono sottostare anche a duri allenamenti che li abituino ai combattimenti, ma molti hanno anche fatto esperienza diretta o come testimoni oculari di massacri, esecuzioni sommarie, torture e violenza sessuale. Pertanto queste giovani creature vengono segnate profondamente per il resto della loro vita non solo fisicamente, a causa dei traumi e le violenze subite, ma anche e soprattutto psicologicamente, venendo inoltre costrette costantemente a vivere nel terrore e nella sofferenza. Per non parlare del fatto che questi bambini vengono privati di tutti i loro diritti fondamentali, tra cui il diritto al gioco, la possibilità di ricevere un’assistenza sanitaria e soprattutto il diritto allo studio. “Prendiamo in mano i nostri libri e le nostre penne: sono le nostre armi più potenti. Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo”. È questa proprio la celebre frase pronunciata da Malala Yousafzai, uno dei simboli della lotta che sostiene il diritto di ogni bambino e bambina del mondo di poter tenere stretta in mano la chiave che concede loro l’accesso all’istruzione. Poter avere la possibilità di apprendere, di costruirsi un futuro basato su una cultura e non su un’ignoranza che ci vieta di progredire come persone e come popolo è, infatti, un diritto che non viene concesso a molti ma che invece dovrebbero poter avere tutti. La cultura evita le guerre e i potenti della Terra devono fare di tutto affinché la cultura non sia solo un privilegio di pochi e la conseguenza di una società progredita è proprio la pace. Per concludere è dovere dei leader mondiali, coloro che guidano i paesi della Terra, riuscire a sottrarre a questi gruppi armati questi poveri bambini, schiavizzati sotto ogni punto di vista e privati di ogni loro diritto, persino della possibilità di vivere la loro infanzia, di essere bambini. Questi piccoli innocenti dovrebbero invece avere la possibilità non di impugnare un’arma ma una penna e un libro, per poter conoscere il mondo, conquistare la libertà personale e costruire la propria identità.
Noemi Pelleriti
Classe III, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G.