La “Capoeira” è un’arte del movimento dallo spirito africano
La “Capoeira” per definirla non è sufficiente dire che sia un’arte marziale. Questa disciplina completa, brasiliana ma ispirata dallo spirito africano, combina infatti danza, acrobazie, musica e combattimento.
Essa è focalizzata in particolare nell’uso delle gambe poiché gli schiavi che la svilupparono avevano spesso le mani legate e racconta appunto il dramma della schiavitù, poichè la tradizione vuole che gli schiavi africani che lavoravano nelle piantagioni si allenassero a combattere con tecniche di attacco e di difesa e prese, dissimulando la lotta con elementi di danza per non insospettire i colonizzatori portoghesi.
Si narra anche che molti schiavi, grazie proprio alla “Capoeira”, riuscirono a fuggire conquistando la libertà. Col tempo la Capoeira si è però evoluta, passando dall’essere bandita per la sua pericolosità, per il suo essere utilizzata nei luoghi più malfamati delle città, associata all’idea di delinquenza, fino a essere rivalutata con nascita di accademie e a spandersi in tutto il mondo e essere, nel 1974, riconosciuta come sport nazionale del Brasile e nel 2006 patrimonio immateriale dell’UNESCO. E se un tempo essa godeva di cattiva reputazione, oggi invece in Brasile è uno strumento educativo che aiuta molti ragazzi di strada a uscire dal degrado sociale e dall’emarginazione.
Gli stili di lotta sono vari, ma i due più famosi sono lo “stile Regional” e lo “stile Angola”. Il primo prevede un più sostanzioso studio dell’aspetto marziale pratico, quindi anche combattimenti fatti di attacchi, schivate contrattacchi. Mentre la seconda consiste in una Capoeira tradizionale focalizzata sulla strategia, sulla furtività e l’agilità dei movimenti. In Italia essa approda nel 1982 a Viterbo e da allora si è diffusa in tutta la penisola con gruppi e associazioni, non solo come attività sportiva ma anche come uno straordinario patrimonio culturale che tramanda la sofferenza di un popolo, quello brasiliano, con le sue radici meticcie.
Sono molti i benefici fisici connessi a questa disciplina, grazie alla quale il fisico è sempre in forma, scolpito, forte, resistente, atletico, flessibile, esplosivo e reattivo. Con essa si migliora l’agilità e la velocità dei riflessi, si migliorano le prestazioni del cuore, bruciando fra le 400 e 600 calorie in un’ora di pratica, mentre un’altra caratteristica è il senso dell’equilibrio, l’orecchio musicale, il senso della coordinazione e dell’adattamento e abitudine a fidarsi dei sensi, a rinforzare i polsi, ginocchia e tutte le articolazioni, facendo fare una vasta gamma di movimenti. Tutti possono riuscire a fare buone prestazioni, anche i bambini, perché l’aspetto ludico nella Capoeira è efficace, dimostrandosi anche un vero e proprio gioco, al quale possono partecipare grandi e piccoli ognuno col proprio stile. La Capoeira infatti si “joga”, verbo che è utilizzato in molte lingue e si impiega anche per gli strumenti musicali e la musica in genere. Tutti i canti tradizionali ad essa legati, inoltre, sono in portoghese e si impara così una lingua senza accorgersene! La musica anzi è parte integrante di questa disciplina, è essenziale per il ritmo e il berimbau è lo strumento principale. Si tratta di uno strumento artigianale costituito da un arco, una corda metallica e una zucca secca vuota che funge da cassa di risonanza. I partecipanti si dispongono in cerchio (la roda) e battono le mani al ritmo del berimbau mentre a due a due i capoeristi prendono posto ai piedi del berimbau e iniziano il loro “gioco”. L’uscita di uno dei due e l’ingresso di un nuovo avversario è determinato da un cenno del suonatore o dalla richiesta di un terzo giocatore. Sono vestiti di bianco in genere, come lo erano un tempo, in quanto ci si riuniva nei giorni di festa.
Insomma, questa strana commistione di lotta e danza è una disciplina non molto conosciuta in Italia ma molto affascinante, forse resa oggi un po’ più nota, come è successo per me, dal successo di un “tormentone” della scorsa estate, la canzone “Amore e Capoeira” di Takagi e Ketra con Giusy Ferreri. Chissà allora se molti più giovani si avvicineranno in futuro alla Capoeira e alla sua storia proprio grazie a questa canzone: ne resteranno sicuramente ammaliati.
Girolamo Calabrò
Classe III, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G.