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Bambini soldato: manodopera infantile a costo zero

Bambini soldato: manodopera infantile a costo zero

I bambini soldato hanno un’età compresa fra i 15 e i 18 anni ma ce ne sono anche di 10. Questo tipo di sfruttamento avviene soprattutto in Africa e in Asia, ma è esistente anche in America ed Europa. Negli ultimi 10 anni questo problema ha interessato 25 paesi, dove è stata registrata la presenza di bambini soldato che sparano o trasportano armi e mine. Addirittura alcuni ragazzi sono reclutati nelle forze armate del loro stesso stato, sono esposti ai pericoli della battaglia e delle armi, trattati brutalmente e puniti in modo estremamente severo per gli errori commessi. Questo fenomeno è in netto aumento perché il modo di fare la guerra è cambiato. Oggi le guerre sono prevalentemente etniche, religiose o nazionalistiche. L’uso di armi automatiche e leggere rende il modo di combattere più facile. Oggi un bambino di 10 anni può usare le armi che usano anche gli adulti.

Bambini soldato: manodopera infantile a costo zero

I minori affrontano il pericolo maggiore e per questo loro sono più incoscienti rispetto agli adulti (ad esempio ad attraversare un campo minato senza pensare ai rischi). La lunghezza dei conflitti rende sempre più urgenti trovare nuove reclute per rimpiazzare le perdite, dato che si fa fatica a trovare persone adulte che siano disposte a combattere. Vengono così presi loro, i minori, che poi vengono drogati con la marijuana, l’hashish, l’eroina e la cocaina per non fargli capire i rischi che corrono. Molti di loro si arruolano spontaneamente nelle forze armate per sfuggire alla miseria, oppure per sentirsi protetti o per vendicarsi. Riporto, di seguito, un brano tratto da “Memorie di un bambino soldato” di Ishmael Beah, scrittore africano originario della Sierra Leone: “È il 1993 quando in Sierra Leone, nel più assoluto silenzio della comunità internazionale, i ribelli si impadroniscono della parte del paese più ricca di miniere di diamanti e vi instaurano un vero e proprio regno del terrore, amputando gambe, braccia, orecchie e naso a più di trentamila persone. Ishmael Beah, dodici anni, suo fratello Junior e gli amici Talloi e Mohamed, tredici anni, sanno della guerra poco o niente. (…) Quattro anni prima hanno fondato una band hip hop, affascinanti dalla “parlata veloce” di un gruppo americano visto su un enorme televisore a colori nella zona dei divertimenti per turisti bianchi di Mobimbi.

Bambini soldato: manodopera infantile a costo zero

Un giorno, mentre sono via, impegnati in un’esibizione, i ribelli penetrano nel loro villaggio e lo devastano. Ishmael e Junior cercano di percorrere velocemente le sedici miglia che li separano dalla casa dei genitori, ma una volta giunti al margine della foresta che circonda il villaggio, i superstiti che emergono dal fitto del fogliame li fanno presto desistere dal tentativo. Un uomo trasportava il figlio morto. Era completamente coperto dal suo sangue e avanzava dicendo: “Ti porterò in ospedale, bambino mio, e, vedrai, andrà tutto bene”. Ishmael non vedrà mai più casa sua e i suoi genitori. Perderà Junior. Fuggirà nella foresta, dormirà di notte sugli alberi, sarà catturato dall’esercito governativo, imbottito di droga, educato all’orrore, all’omicidio, alla devastazione. Il suo migliore amico non sarà più il tredicenne Talloi ma l’AK47 e la sua musica non più l’hip-hop ma quella del suo fucile automatico.”

Rubbà Maria Pia 3^ D

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