Serafina Battaglia, una donna contro la mafia e l’omertà
Serafina Battaglia, una donna avvolta in un mantello nero, con il cuore spezzato, che siede davanti ai giudici lanciando accuse pesantissime verso uomini di mafia.
Dietro quel mantello si nasconde una donna forte, una donna che, anche se ormai quasi dimenticata, ha combattuto violando i cosiddetti “codici d’onore”, quelli del silenzio e dell’omertà, imposti da mafiosi che altro non sono, come li definisce lei, se non “pupi” che “fanno gli spavaldi solo con chi ha paura di loro, ma se si ha il coraggio di attaccarli e demolirli diventano vigliacchi. Non sono uomini d’onore ma pezze da piedi”.
Serafina Battaglia aveva per fin troppo tempo mantenuto il silenzio sull’omicidio del marito Stefano Leale. Inizialmente aspirava alla vendetta contro i due mandanti, Vincenzo e Filippo Rimi, boss di Alcamo, convincendo il figlio, Stefano Lupo Leale, a regolare i conti con i boss. L’attentato però fallì e la rappresaglia arrivò presto. Il 30 gennaio del 1962 Stefano Lupo Leale venne assassinato. Da qui Serafina compirà il grande passo diventando collaboratrice di giustizia, denunciando senza paure chi l’aveva privata dei suoi affetti più cari. Prima di presentarsi dai giudici recitò dei versi contro la mafia stringendo a sé il crocifisso. Raccontò dei segreti della mafia, i traffici clandestini, le cosche e il motivo di molte stragi. Da quel momento portò sempre con sé una pistola ma dicendo sempre: “La userò solo per difendermi perché la mia nuova arma è la giustizia!”.
Medea Torre
Classe I, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G.