“Amnesty International” contro la pena di morte nel mondo
La pena capitale esiste sin dai tempi antichi e consiste nel togliere la vita ad un condannato che ha commesso un crimine violento. Questa è stata considerata per secoli la punizione “naturale” per chi si macchiava di reati gravi e i suoi sostenitori ritengono che sia necessario punire il colpevole con una pena misurata al crimine commesso, in particolar modo quando non si è neanche pentito, pensando inoltre che attuando tale pratica gli uomini siano dissuasi dal commettere crimini per paura di subire una punizione così severa
Ma cos’è che da il diritto ad un uomo di disporre della vita di un altro uomo?
In realtà il diritto alla vita è il primo tra i diritti fondamentali dell’uomo e, attuando la pena capitale, esso viene violato, rendendolo meno sacro, scatenando istinti omicidi anziché inibirli. La funzione della giustizia deve essere invece quella di “cambiare” il colpevole, facendogli scontare la pena e cercando, nel contempo, di recuperarlo allo scopo di reinserirlo nella società, non di certo di pagarlo con la stessa moneta. La linea tra il desiderio di giustizia ed il desiderio di vendetta è comunque molto sottile e per difendere il diritto alla vita nasce nel 1961 “Amnesty International”, una associazione internazionale per la difesa dei diritti umani che combatte in ogni modo contro la pena di morte, portando a galla tutte le violazioni dei diritti nelle varie parti del mondo, pubblicando un “rapporto” ogni anno e svolgendo delle campagne per sensibilizzare l’opinione pubblica contro la tortura, contro la pena capitale, a favore dei diritti delle donne e contro l’uso dei bambini-soldato, promuovendo, inoltre, progetti educativi per la diffusione e il rispetto dei diritti umani.
Per “Amnesty International” è fondamentale raggiungere l’abolizione totale della pena capitale, anche perché le condizioni detentive dei condannati sono agghiaccianti. Molte volte, infatti, non ricevono le cure mediche necessarie e l’attesa dell’esecuzione diventa una tortura, perché essa spesso viene rimandata, anche all’ultimo giorno, e non ha una data certa.
I dati di questa associazione sono confortanti, perché i paesi che hanno abolito la pena di morte sono tanti, ma ancora 56 la mantengono in vigore. Purtroppo, però, non si ha una certezza su quante siano le esecuzioni, poichè paesi come la Cina e la Bielorussia non danno informazioni sulla pratica. In questo momento “Amnesty International” sta cercando di salvare Mohammad Reza Haddadi, un ragazzo iraniano che è stato arrestato nel 2004, all’età di 15 anni, condannato a morte con l’accusa di omicidio.
In realtà ha confessato solo perché sono stati offerti soldi alla sua famiglia, ma nel corso del processo ha ritrattato la sua confessione dichiarandosi innocente ed anche i coimputati hanno ritrattato la testimonianza, scagionandolo. Questo però non è servito a salvarlo dal braccio della morte, anche se l’esecuzione più volte è stata rinviata grazie alle proteste pubbliche. Il suo caso viola le norme internazionali sui diritti umani nei confronti di individui con età inferiore a 18 anni. Questo è comunque solo uno dei tanti casi in cui un innocente viene erroneamente condannato a morte. In molti processi, infatti, il bisogno di trovare velocemente un colpevole, è più forte di quello di accertare la verità.
Il dibattito tra i sostenitori ed i contrari alla pena capitale rimane sempre molto acceso ma personalmente ritengo essa che non abbia ragione di esistere poichè non si può commettere un omicidio per dimostrare che non si deve uccidere. “Che senso avrebbe?’’
Giada De Pasquale
Classe II, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G.