Consapevolezza della conoscenza: il Majorana e la valorizzazione della memoria
Il 21 marzo si commemora la Giornata della Memoria delle Vittime Innocenti delle Mafie.
Dal 1996, ogni anno, il primo giorno di primavera, viene celebrata questa importante ricorrenza a cura dell’associazione “Libera”.
L’idea di consacrare una giornata alle vittime innocenti di mafia nacque durante la ricorrenza dell’anniversario della strage di Capaci, quando la mamma di uno degli agenti di scorta del Giudice Falcone, Antonino Montinaro, lamentò fra le lacrime il fatto che nonostante avessero perso la vita da difensori dello Stato, non venissero mai ricordati i nomi degli agenti di scorta insieme a quello del giudice Falcone e di sua moglie. Don Ciotti, presente quel giorno, decise pertanto di istituire la giornata della memoria per le vittime innocenti di Mafia, giornata in cui si ricordano, si commentano, si leggono i nomi di tutte le vittime, oltre 1000.
Il 21 Marzo è una data che celebra il desiderio di rinascita di un popolo stanco di vivere in uno stato d’assedio. Quest’anno la città italiana che ha avuto l’onore di rappresentare e farsi portavoce di questa giornata è stata Padova: in migliaia di manifestanti, tra cui tantissimi giovani, hanno sfilato per le strade della città. Sonanti le parole di Don Ciotti: “Dobbiamo alzare la voce mentre tanti scelgono un prudente silenzio. Non c’è peggio di chi tace, copre o si gira dall’altra parte, una rete flessibile, forte spesso di insospettabili alleanze che muta e si adatta all’evoluzione sociale”.
Anche Milazzo, nella sede di Gigliopoli, si è unita al ricordo delle vittime con una manifestazione che ha coinvolto autorità, familiari delle vittime e i ragazzi delle scuole di ogni ordine e grado di Milazzo e Barcellona P.G. Centinaia di bambini e ragazzi riuniti sul prato della Fondazione Lucifero pronti a testimoniare vicinanza ai familiari delle vittime e volontà, di concorrere al cambiamento, ma soprattutto portatori di speranza per un futuro senza mafia.
Il primo intervento è stato quello della signora Angela Manca, madre di Attilio Manca, brillante urologo, luminare a soli 34 anni che, nel febbraio 2004, fu ritrovato morto nel suo appartamento di Viterbo. La signora racconta di come la morte di Attilio abbia destato sin da subito non pochi dubbi tra i familiari, le incongruenze sull’autopsia e una serie di depistaggi, creati spesso da insospettabili, delinearono un profilo alterato che portò le autorità a dichiarare che il giovane medico fosse morto per overdose di eroina per via endovenosa. Parole che agli occhi di una madre che conosce bene il proprio figlio puzzano di infamia, perché troppe le incongruenze, troppa la voglia da parte di chi dovrebbe tutelarla e garantirle giustizia, di chiudere e archiviare il caso. Negli anni, grazie alla forza e alla voglia di dare voce ad un figlio ormai morto, iniziano a nascere altre ipotesi, infatti la morte di Attilio si incrocia spesso al nome del boss Bernardo Provenzano e ad un intervento che quest’ultimo avrebbe subito alla prostata in una clinica di Marsiglia nel 2003.
La morte di Attilio Manca, come quelle di molte altre persone che nulla hanno a che fare con ambienti mafiosi, dimostra come un semplice cittadino per bene si trovi ad essere bersaglio scomodo di una rete criminale che ha tentacoli ovunque. Ma allora dov’è lo stato di fronte al calvario di una madre che composta nel suo dolore chiede giustizia? Può uno Stato ignorare i proprio figli morti per mafia?
La memoria è caposaldo essenziale e necessario per proseguire la lotta contro tutte le Mafie.
Interessante l’intervento dell’avvocato Daniela Cultrera che ha raccontato come in Calabria, terra di n’drangheta, lo Stato sia intervenuto per salvaguardare le nuove generazioni e tutelarle da ambienti malavitosi, optando per una scelta apparentemente drastica ma necessaria, ovvero l’allontanamento dei minori dalle famiglie mafiose. Per volere del giudice Di Bella questo provvedimento dà possibilità e libertà di scegliere a giovani che in passato avevano il destino scritto dalle famiglie. Una scelta di speranza, una rivoluzione culturale, un atto di fiducia verso una generazione.
Si sono poi avvicendati sul palco gli alunni delle varie scuole portando ciascuno un piccolo contributo tramite lettura di brani, poesie, stralci di articoli; tra tutti molto particolare un ricordo delle vittime più note fatto in rima dai bambini di una scuola elementare.
Una folta rappresentanza di alunni, grandi e piccini, si è poi avvicendata sul palco per la lettura della lunghissima lista dei nomi delle vittime innocenti, semplici cittadini, magistrati, imprenditori, esponenti politici, sindacalisti, uomini e donne delle forze dell’ordine morti per mano della mafia.
Orgogliosamente anche noi, alunni del Majorana, eravamo presenti in questa giornata evento che ha lasciato un segno indelebile nelle nostre coscienze!
Martina Del Bono 3° A CR