giovedì, Novembre 21, 2024
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Donne ancora alla ricerca della parità

“Non bisogna stare indietro ma farsi avanti per uno scopo giusto. Le donne devono presentarsi come leader e non come vittime”.

Con questa espressione Tawakkul Karman vuole scuotere le donne arabe e non solo. Lei immagina un ruolo di primo piano per le donne anche nella battaglia per la libertà. Allora ci possiamo chiedere: chi è questa giovane-donna ribelle? Tawakkul Karman è nata nello Yemen del Nord il 7 febbraio 1979 e nel 2005 ha fondato l’associazione “Women Journalists Without Chains” (Giornaliste senza catene), gruppo umanitario per difendere la libertà di stampa, di pensiero, d’espressione, i diritti e l’emancipazione della donna.

Nel 2011 ha ottenuto il prestigioso premio Nobel insieme a Ellen Johnson Sirleaf e Leymah Gbowee “per la loro battaglia non violenta a favore della sicurezza delle donne e del loro diritto alla piena partecipazione nell’opera di costruzione della pace”. Sin dalla giovinezza Karman ha lottato contro l’ingiustizia, la violenza e la discriminazione in una società arretrata in cui le donne sono considerate inferiori e costrette a vivere sottomesse alla volontà del padre-padrone, che ancora bambine le concede in matrimonio ad uomini molto più grandi di loro.

In questo paese le spose bambine hanno il dovere di obbedire, sbrigare le incombenze domestiche, procreare e accudire i propri figli, essere delle buone casalinghe, chiuse tra le mura di casa. Tawakkul non si è rassegnata dinanzi alle ingiustizie subite dalle donne-bambine e ha cercato con tutte le forze di liberarle dalle gabbie in cui sono costrette a vivere. Ha organizzato in passato manifestazioni in Yemen per innalzare l’età minima in cui le donne possono sposarsi, poi fissata a 17 anni, e nel corso di dibattiti pubblici ha denunciato le situazioni di maggiore criticità. A tal proposito non ha esitato a togliere il niqab, il velo totale delle donne musulmane che copre tutto il corpo a eccezione degli occhi, ed è passata al velo hijab, che le lascia il volto scoperto, un gesto inusuale nel suo paese, per essere un esempio per le donne yemenite che fino a qualche tempo fa non potevano rimanere fuori casa oltre le 19 ma che adesso rimangono con lei a dormire in piazza a Sana’a. A tal proposito ha detto: “Spetta alla donna togliere il velo perché deve essere libera e convinta di indossarlo oppure no. Non c’è bisogno di esso, nell’Islam non c’è niente che lo riguarda. Io l’ho indossato per lungo tempo e ho notato che era improduttivo.

Giuro che non lo indosserò più e che libererò le donne yemenite dal velo”. Da queste parole si può capire che esistono Stati, per fortuna in minoranza, in cui le donne non hanno autonomia anche nelle decisioni della propria vita, che non possono studiare, guidare e subiscono umiliazioni.

Sicuramente la vita della donna in un mondo dominato dagli uomini non è stato mai facile ma nel corso della storia, attraverso un percorso lungo e tortuoso, le donne hanno conquistato la consapevolezza delle proprie capacità e si sono rese indipendenti. Negli ultimi quarant’anni, nei paesi sviluppati, con la scolarizzazione di massa e l’espansione del terziario, esse si sono inserite in tutte le attività produttive, anche in quelle tradizionalmente maschili come medicina e ingegneria. Difficile poi è stata la lotta per il riconoscimento dei pieni diritti, come il diritto di voto, mentre negli anni Sessanta le donne sono scese in piazza per ottenere altri importanti riconoscimenti, quali la maternità, il divorzio, l’aborto. Oggi possiamo affermare che nel mondo occidentale vi è una uguaglianza legale tra i sessi, ma ciò non basta ancora perchè manca quella sostanziale e molti sono gli esempi di disparità, per cui le donne non vengono favorite nell’ambito lavorativo e in politica sono in numero inferiore rispetto agli uomini tanto che è stato necessario ideare le “quote rosa”, cioè un numero di cariche da destinare espressamente alle rappresentanti di sesso femminile. Inoltre nella società, a causa anche di stereotipi e di modelli sbagliati trasmessi dalla TV, la donna viene spesso ridotta ad un semplice oggetto decorativo, mentre un grande problema, nonostante i passi avanti fatti rispetto al passato, rimane la violenza esercitata contro di essa, da quella fisica a quella psicologica, spesso in casa, per mano di persone appartenenti alla propria famiglia. Essa nasce dal pensiero assurdo di considerare la donna al pari di un oggetto e chi compie questi atti è vittima di una forte gelosia oppure della paura di essere abbandonato.

Per ricordare sia le conquiste sociali, politiche ed economiche della donna, sia le discriminazioni e le violenze è stata istituita giorno 8 marzo la “Giornata internazionale della donna” comunemente definita “Festa della donna”. Oggi la ricorrenza ha perso i valori iniziali di lotta alle ingiustizie e sensibilizzazione della comunità e molte donne considerano questa giornata come un’occasione che permette loro di uscire da sole con le amiche e di concedersi degli sfizi, come qualche spogliarellista. In realtà per me, anche se sono ancora un’adolescente, essa ha tutt’altro significato poichè è la giornata dell’affermazione della libertà, che è il motore della storia e per ottenere la quale bisogna cambiare definitivamente il nostro modo di guardare la donna nella società, combattendo i pregiudizi e gli stereotipi attraverso l’istruzione.

Miriana Furnari

Classe I, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G.

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