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Quando la ghigliottina decapitò la scienza…

Il Settecento è il secolo delle rivoluzioni: a cominciare dalle prime rivolte popolari che portarono in Inghilterra allo scoppio della rivoluzione industriale nel 1773 sino all’inizio della rivoluzione francese il 14 Luglio del 1789 con l’episodio passato alla storia come “La presa della Bastiglia”; rivoluzione che portò all’approvazione della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, documento costituito da una serie di articoli che tutelavano i diritti inalienabili umani e che in seguito divenne la base di costituzione di tutti i nascenti Parlamenti.

Tale secolo non è però solo simbolo di progresso dal punto di vita morale, poiché la sua impronta andò perfino ad insediarsi nell’evoluzione scientifica. Nasce infatti proprio in Francia, a Parigi il 26 Agosto 1743 il padre fondatore della chimica moderna, Antoine-Laurent de Lavoisier. Chimico, biologo, filosofo ed economista francese, Lavoisier fu colui che apportò una quantità inimmaginabile di scoperte e conoscenze tali che senza quest’ultime la chimica non avrebbe potuto trovarsi nella posizione in cui è oggi.

Pubblicò nel periodo della rivoluzione il “Traité élémentaire de chimie” che difatti rappresenta la nascita della chimica moderna e per la prima volta riuscì a stabilire un nome preciso per tutti gli elementi chimici.

Ordinò tutte le scoperte fatte in questo campo e definì chiare e precise leggi riguardanti le reazioni chimiche. Contribuì inoltre a far sparire le credenze semialchimistiche che circondavano ancora il prezioso ed inestimabile mondo della chimica.

Ma la condizione di scienziato non permetteva, in quel periodo proventi sicuri poiché la chimica non era nemmeno contemplata come disciplina universitaria. Lavoisier, perciò, dovette impiegarsi come appaltatore delle imposte.

Non abbandonò, comunque, le sue ricerche indirizzandole soprattutto verso la natura dei gas. Gli sperimentatori, infatti, non erano ancora riusciti a scoprire che cosa avveniva quando una sostanza bruciava, cambiando natura. Si era diffusa la teoria secondo cui, nei combustibili, esisteva una sostanza infiammabile, il “flogisto”, che veniva persa nel momento in cui la materia bruciava. Fu proprio Lavoisier a provare che il flogisto non esisteva. Giunse a tale risultato attraverso un metodo puramente sperimentale, fornendo la conferma che solo tramite questa via la scienza poteva progredire. Costruì un grande laboratorio che chiamò “gasometro”, destinato a indagare la composizione dell’aria e dell’acqua e proprio grazie a quest’ultimo riuscì a scomporre l’acqua in due gas, che chiamò idrogeno e ossigeno.

La chimica iniziò così gradualmente ad acquistare un posto di rilievo tra le scienze: essa era finalmente autonoma dalle altre discipline. Lavoisier ne fu definito il promotore, grazie ai suoi numerosi esperimenti compiuti con l’aiuto della moglie, Marie-Anne Paulze. Nonostante la sua importanza scientifica e l’enorme contributo offerto al mondo intero attraverso le sue ricerche e scoperte Lavoisier venne condannato a morte nel 1794, quando venne ghigliottinato dal tribunale della Rivoluzione francese per la sua professione di esattore delle imposte del vecchio regime.

Fu dunque proprio la rinomata rivoluzione ad uccidere il più grande chimico mai conosciuto dalla storia. Il grande scienziato abbandonava in questo modo un’enorme quantità di studi e scoperte, che il suo grande intelletto ed intuito di cui era dotato, aiutati dal tempo e dal duro impegno, avrebbero potuto portare alla luce e donare, aiutando tutta la ricerca scientifica. La sua opera rimase però scolpita nella storia scientifica con la famosa “legge di Lavoisier”, o principio della conservazione della massa, che divenne la base dell’attuale chimica e che ogni scienziato che si rispetti e che rispetti l’enorme lavoro dei suoi antenati conosce come la legge sulle reazioni chimiche del: “Nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma”.

Enora Sophie Mazzeo 4C/BS

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