Elisabetta e Maria: due regine per un trono
“In una storia dominata dai re, c’è stato un momento in cui due regine hanno scritto il futuro” recita il trailer dell’ennesimo film incentrato su due delle figure più affascinanti del passato, avversarie per il potere e la religione, reggenti in un mondo maschile, due donne che dovranno scegliere tra il matrimonio e l’indipendenza, mentre tradimento, ribellione e cospirazioni all’interno di ogni corte metteranno in pericolo entrambi i troni e cambieranno il corso della storia.
Maria Stuarda ed Elisabetta I Tudor: due regine rivali, due donne che hanno vissuto vite parallele, accomunate dalla sovranità e dal sangue. Da un lato una reggente incoronata a soli pochi mesi dalla nascita e dall’altro una regina, ritenuta “bastarda”, salita al trono per volontà dei sudditi. Maria divenne regina per diritto di successione in quanto nipote del re Enrico VIII, successivamente alla morte del padre, Giacomo V, ma cominciò a governare in Scozia solo all’età di diciotto anni. Al contrario Elisabetta, dopo varie peripezie, fu incoronata regina d’Inghilterra quando ormai era adulta, a venticinque anni, grazie all’appoggio del popolo, che la ritenne degna di salire al trono. Era nata dall’unione illegittima tra Enrico VIII e Anna Bolena, quindi costretta a vivere in disparte fino al giorno della sua incoronazione poichè il padre condannò al patibolo la madre e le negò qualunque diritto regale, ma non quello alla successione. Quando divenne regina, il 17 novembre 1558, l’Inghilterra si presentava a lei come un paese incerto e in pericolo, situazione dovuta all’eredità lasciata dai precedenti sovrani, soprattutto Maria “la Sanguinaria”. Donna astuta, intelligente, dotata di un’ottima educazione umanistica, di religione protestante, del tutto convinta della sua autorità e delle sue capacità, Elisabetta Tudor seppe prendere in mano le redini del paese sin da subito ed ebbe ben presenti i propri obbiettivi, sia politici che personali. Il suo possibile matrimonio fu subito preso a cuore dal popolo, tanto che se ne discusse persino in Parlamento e tale dibattito proseguì per tutta la durata del suo regno, poiché più il tempo passava più si temeva che il trono britannico rimanesse privo di successori.
Elisabetta, invece, non accettò mai di buon grado le intromissioni nelle sue questioni private, perchè spettava solo ed unicamente a lei la decisione di rimanere nubile o sposarsi. Forse proprio per questo motivo il suo mito si è sviluppato intorno alla sua conservazione del nubilato e della verginità per tutta la sua vita. E non fu un caso che i grandi scrittori della sua corte la paragonassero ad Astrea, dea vergine della giustizia, la cui missione era quella di riportare l’età dell’oro nelle terre inglesi, oppure a Diana, dea guerriera ma al contempo amazzone, proprio come lo era la regina. Grazie al nubilato, Elisabetta riuscì del resto ad avere il pieno controllo del regno e soprattutto della sua vita, mentre, se avesse deciso di sposarsi, si sarebbe dovuta sottomettere con i suoi sudditi al marito. In particolare non tollerava il comune pensiero dell’epoca, cioè che le donne fossero il “sesso debole”, e di fatto decise di smentire quest’idea mantenendo la propria indipendenza non sposandosi. In questo modo sperava di dimostrare che la donna era forte tanto quanto l’uomo e che era capace di governare un regno da sola.
Al contrario, il mito di Maria è legato alla sua tragica morte ma anche alla sua tormentata vita amorosa. Diventata regina di Scozia nel 1542, quando aveva solo una settimana di vita, fu incoronata solennemente il 9 settembre 1543, all’età di nove mesi. Il padre desiderava ardentemente un maschio tanto da cadere in una cupa disperazione che gli fece pronunciare una frase che poi si rivelerà profetica: «Da una donna ci è venuta la corona, con una donna essa perirà». Al contrario della cugina Elisabetta Tudor, sin da piccola Maria fu sottomessa all’autorità maschile, quando furono stabilite le sue nozze con il futuro re di Francia Francesco II. All’età di sei anni si imbarcò così sulla galera reale per dirigersi nel paese del futuro consorte, al fine di ricevere un’educazione adeguata ad una regina. Cresciuta come una figlia del re francese, a corte la giovane era ritenuta molto brillante e dotata di una particolare elasticità mentale: era una scolara modello e tutti ne erano incantati. A differenza di Elisabetta, Maria si sposò ben tre volte, ma ognuno dei matrimoni ebbe una fine tragica, in particolar modo il secondo, poiché l’accusa dell’omicidio del marito la portò al processo che l’avrebbe condotta alla morte. La sua infanzia fu tuttavia più spensierata, rispetto a quella della cugina, e molto probabilmente per questo la regina inglese provò sempre una certa invidia nei suoi confronti. Il 1558 fu un anno importante per entrambe, per due ragioni distinte ma simili: Maria, all’età di quindici anni, convolò a nozze con Francesco; mentre Elisabetta, ben 10 anni più anziana, divenne “sposa” del suo popolo, essendo incoronata regina d’Inghilterra. Gli scozzesi, invece, non conobbero Maria fino all’età dei diciotto anni, quando decise di tornare nel suo paese natio dopo essere rimasta vedova. Tuttavia non fu ben accetta, poiché considerata un’estranea per aver vissuto tanto tempo in Francia, senza mai interessarsi al popolo scozzese. Come se non bastasse era anche una fervente cattolica in un paese ormai protestante. Mentre Elisabetta fu sempre lodata ed elogiata dagli intellettuali ed artisti rinascimentali per le sue doti ritenute divine, Maria ricevette tali attenzioni solo alla corte francese. Quando questa divenne regina di Scozia, Elisabetta aveva ventotto anni e mostrò sin da subito di preoccuparsi sia per la difficile situazione politica scozzese, ma anche di essere gelosa della cugina. Prima di scegliere il secondo marito, Lord Darnley, Maria esitò a lungo perché era di origini inglesi ma, ciò nonostante, i due decisero di sposarsi e dalla loro unione nacque Giacomo, che sarebbe diventato re d’Inghilterra. Malgrado ciò la relazione non ebbe un prosieguo felice, tanto che la regina fu sospettata complice dell’omicidio del consorte e, a seguito di tale avvenimento, la sua vita divenne sempre più complicata. Le terze nozze con Lord Bothwell, principale responsabile della morte di Darnley, suscitarono infatti pesanti rivolte in Scozia, così che i due coniugi furono costretti a separarsi e a fuggire dal paese. A partire da questo momento, le vite di Elisabetta e Maria si avvicinarono, poiché questa si rifugiò in Inghilterra sperando di trovare il sostegno della cugina, che invece la imprigionò. La sua reclusione durò circa vent’anni e, durante quest’arco di tempo, Maria non smise mai di sperare in un incontro con Elisabetta per potersi confrontare direttamente. Non ci riuscì, e uno dei motivi per i quali la regina inglese evitò di incontrare Maria fu probabilmente la paura di restare incantata dalla cugina, che aveva la fama di affascinare chiunque le stesse vicino.
La pretesa della Stuart alla corona inglese costituì inoltre sempre un’ossessione per Elisabetta ed è per tale ragione che la tenne prigioniera così a lungo. La condanna a morte e l’esecuzione della Stuarda fu un fatto clamoroso, storico, che attirò l’attenzione non solo degli autori della stessa epoca, ma anche di non pochi dei secoli successivi. Colei che nella vita aveva fallito, trionfò nella morte. Stando alle cronache, a 44 anni Maria salì sul patibolo in una veste di satin nera ma, tramite i tagli delle maniche, si scorgeva il sottabito rosso sangue, il colore liturgico del martirio; anche i guanti erano rossi affinché il colore del suo sangue non fosse troppo evidente. Si narra che avesse i capelli raccolti, la pelle chiara: impeccabile e regale fino all’ultimo respiro. Per la prima volta nella storia, l’8 febbraio 1587 una “regina consacrata da Dio” subì la pena capitale. A seguito dell’esecuzione, Maria Stuarda divenne per il mondo cattolico una martire poiché, vittima di un’ingiustizia, morì in nome della religione cattolica, che mantenne e proclamò fino agli ultimi attimi della sua vita. Prima di morire, la condannata pregò Dio ad alta voce e in latino, contrastando il pastore Fletcher, che portava avanti il suo sermone. La sua ultima preghiera fu: “In te, Domine, confido, ne confundar in aeternum”, ovvero “Signore, confido in te, non ne resterò delusa.” Così Maria morì, dopo tre colpi di mannaia. Elisabetta, al contrario, con la condanna a morte della cugina, offrì una motivazione in più ai nemici – Spagna, Francia e Curia Romana – per attaccare il suo regno, con l’obiettivo di spodestarla e diffondere nuovamente il cattolicesimo in Inghilterra. Inutile dire che non portarono mai a termine il loro obiettivo. Gli ultimi anni della sua vita furono poi segnati da nuovi tradimenti, congiure e malattie e dalla morte di tutti coloro che l’avevano sostenuta. Nel 1603 cadde in uno stato depressivo molto profondo, causato dall’avvicinarsi della propria stessa morte: la regina spirò infatti il 24 marzo del medesimo anno, all’età di 69 anni. La sua epoca è ricordata come “Età elisabettiana”, un periodo di straordinaria ricchezza artistica e culturale, di cui William Shakespeare, Christopher Marlowe, Ben Jonson, Edmund Spenser, Francis Bacon sono solo alcuni dei più grandi nomi. Sovrana molto amata, Elisabetta I Tudor venne venerata dal suo popolo e la sua immagine fu costruita sapientemente per veicolare il potere: astratta e solenne, Elisabetta divenne quasi al pari di una divinità. Con lei l’Inghilterra diventò una potenza mondiale, mentre la cugina Maria avrà il solo merito nella storia di aver generato Giacomo I, il futuro erede di un unico grande regno che, unificando le due corone, prenderà il nome di Gran Bretagna.
Martina Crisicelli
Classe II, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G.