Le foibe, una storia finita nel dimenticatoio
I massacri delle foibe sono una pagina di storia che per anni è finita nel dimenticatoio. Solo da poco, esattamente 15 anni fa, lo Stato italiano ha istituito il “Giorno del ricordo”, celebrato il 10 febbraio di ogni anno, in ricordo delle vittime delle foibe: quasi ventimila italiani assassinati e gettati nelle spaccature carsiche, usate per occultare gli orrori, dagli uomini del generale Tito dopo la seconda guerra mondiale.
La memoria delle vittime delle foibe e della fuga degli italiani dalle terre allora appartenenti al nostro Stato ma occupate dagli slavi, è un questione che divide la società italiana e slava, ma quelle persone vanno ricordate. Tutto inizia nel 1943, dopo la caduta del fascismo. Tito voleva vendetta perché, nel primo anno di guerra, la Slovenia e la Croazia erano state conquistate dall’Italia. La prima ondata di violenze avvenne dopo la firma dell’Armistizio quando, con il crollo del regime, i fascisti e gli italiani non comunisti vennero prima torturati e poi gettati nelle foibe. Tito e i suoi scagnozzi, fedeli alla Russia comunista, iniziarono la riconquista delle terre slave, soprattutto Istria e Dalmazia, con una forte presenza italiana lungo le coste.
Fino al ’45 i nazisti frenarono i partigiani slavi, tenendo protette le terre della Serbia, Croazia e Slovenia. Con il crollo del terzo Reich, però, nulla poteva fermare Tito e gli slavi non fecero caso agli Alleati che stavano liberando l’Italia. Infatti le città italiane vennero liberate, ma Tito non seppe accettare la sconfitta e, tra maggio e novembre del 1945, fece uccidere ventimila italiani e circa duecentocinquantamila dovettero scappare verso il centro nord italiano. Nelle foibe le uccisioni avvenivano in modo crudele. I predestinati venivano legati col fildiferro e messi in riga sugli argini delle fosse carsiche. Venivano mitragliati solo in tre o quattro che, precipitando, trascinavano nei fondali gli altri condannati costringendoli spesso a sopravvivere per giorni.
Grazie alla Conferenza di pace a Parigi il 10 febbraio 1947 tornò la pace in quelle terre, ma l’Italia dovette rinunciare a molte città, come Zara. Ancora una volta l’uomo ha la memoria corta quando ci sono popoli che pagano per colpe non commesse! Uomini, donne, bambini inermi, nuclei familiari che scapparono cercando un’altra patria, una patria che invece li trattò da colpevoli, li emarginò nei campi profughi. Anche il governo in Italia, in quel periodo, minimizzò il problema: non voleva inimicarsi la Jugoslavia di Tito e per circa sessanta’anni questo “genocidio italiano” ai confini con il paese è stato occultato. Un intero popolo, quello istriano, fu ritenuto responsabile di violenze che non aveva commesso ma, essendo italiano, fu oppresso e pagò per errori compiuti da altri! La domanda da porci è ora sempre quella: “Perché?” La follia dell’uomo non può avere una risposta e non riesco a dare una risposta logica di fronte agli orrori, di fronte ad uomini che perdono la ragione e diventano belve… E’ quindi molto importante non lasciare ancora nel dimenticatoio queste vittime, glielo dobbiamo come italiani e come uomini.
Il “Giorno del Ricordo” ci aiuta a farlo. #Ricordarepernondimenticare
Salvatore Caravello
Classe I, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G.