martedì, Novembre 5, 2024
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La donna araba tra tradizione e difesa dei propri diritti.

La donna, nel mondo arabo attuale, combatte costantemente per la parità dei diritti all’interno di una   società maschilista nella quale è costretta a vivere. Le donne sono sottomesse all’uomo e condizionate dalle leggi islamiche che impongono loro uno stile di vita rigoroso. Basti pensare al divieto di guida delle automobili o all’articolo 496 del codice penale marocchino che condanna coloro che prestano soccorso a donne che, a seguito di reiterate violenze e sopraffazioni da parte del loro partner, abbandonano il tetto coniugale. Sembrerebbe semplicemente assurdo, con la nostra mentalità occidentale, immaginare realtà simili. In seguito ad una violenza domestica, da attribuirsi nella maggior parte dei casi all’uomo, la donna non solo non può avvalersi di una legislazione che la cauteli, ma si trova isolata ad espiare il suo dramma.

Fortunatamente nel 2011 in Arabia Saudita grazie al re Abal Allah le donne possono essere elette alle elezioni e dal 2014 la donna saudita ha ottenuto anche il diritto alla partecipazione alla vita politica del paese.

Leggendo le storie dei paesi arabi, si trovano pochi riferimenti ai ruoli importanti ricoperti dalle donne, in quanto estromesse e relegate ai margini della società. In Arabia Saudita la donna vive in una situazione di disagio in quanto, è uno dei pochi paesi al mondo dove milioni di persone vengono discriminate sulla base di una caratteristica biologica: quella di appartenere al sesso femminile.

Le donne saudite non hanno diritto ad un vero processo, ricevono metà eredità rispetto ai loro fratelli, prima di sposarsi devono chiedere il permesso al tutore, non possono aprire un conto in banca inoltre prima di subire un’operazione devono ricevere l’approvazione di un parente maschio. La scelta del guardaroba è molto limitata devono indossare sempre un cappotto lungo e il velo. Insomma, vivono in una situazione orrenda, in una vera galera. Se dall’Arabia Saudita passiamo ad analizzare la situazione in India per la prima volta precisamente in Kerala due donne in età fertile sono entrate in un tempio sfidando la tradizione che vietava loro l’ingresso, solo per ribellarsi a forme discriminanti e affermare che l’uguaglianza è un diritto per tutti;

le proteste violente dei fondamentalisti hindu e dei militanti della destra nazionalista le hanno costrette a tornare indietro. Un altro tentativo di protesta è andato meglio, questa volta con la protezione della polizia, ma soprattutto grazie alla scorta di migliaia di donne indiane che hanno formato una catena umana lunga 620 km.

Donne hindu, musulmane, cristiane, credenti e attiviste laiche si sono unite nella battaglia per vedere applicato il principio costituzionale della parità di genere. Questa è una storia destinata a durare poiché incarna il più doloroso dei conflitti: da una parte le tradizioni, e dall’altra la legge dei diritti conquistati e riconosciuti.

Fabrizio Mondo

I.C. “E. Vittorini”n. 15

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