Al Majorana la “memoria” non dura un giorno!
27 gennaio 2019: Giorno della memoria
Un ricordo più vivo che mai
Gli articoli 1 e 2 della legge n. 211 del 20 luglio 2000 definiscono così le finalità e le commemorazioni del Giorno della Memoria:
“La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, ‘Giorno della Memoria’, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”.
Sensibilizzare le nuove generazioni ai temi del Giorno della Memoria e mantenere vivo il ricordo di una delle più atroci pagine della nostra storia alla base delle scelte didattiche e formative del personale docente dell’Istituto Tecnico Tecnologico Ettore Majorana che, nei giorni 28 e 30 gennaio, ha programmato la visione per gli alunni delle proprie classi quinte del film Il giardino dei Finzi Contini.
Tratto dall’omonimo romanzo di Giorgio Bassani, il film diretto da Vittorio De Sica e vincitore di un premio Oscar, si articola sul doppio piano temporale del presente e del passato.
L’azione del prologo si svolge nel 1957, quando il protagonista e narratore, durante la visita ad una necropoli etrusca, rievoca gli anni della giovinezza trascorsi a Ferrara.
I ricordi abbracciano un arco di tempo che va dal 1929 al 1939, anni in cui il protagonista, allora ragazzo, conosce e frequenta la famiglia ebrea dell’alta borghesia Finzi-Contini, che abita in un palazzo isolato con un antico giardino circondato da un alto muro di cinta. Alberto e Micòl Finzi-Contini invitano gli amici a giocare a tennis nel loro campo dopo che, essendo giovani israeliti, sono stati allontanati dai circoli cittadini a causa delle leggi razziali.
Si forma così una piccola comunità di giovani, di cui fa parte anche il protagonista, che trascorrono parte delle loro giornate nel vasto giardino. Nell’animo del narratore nasce un delicato sentimento d’amore per Micòl, che però si rifiuta a lui affermando di non essere adatta al matrimonio, forse presagendo l’imminente catastrofe. Il giovane rinuncia dunque a Micòl, si ritira e non la cerca più.
Saprà poi casualmente dei suoi incontri notturni con il giovane ingegnere milanese Malnate, anche lui frequentatore del giardino Finzi-Contini.
Gli eventi della storia precipitano: Alberto muore nel 1942 d’un male incurabile e nel 1943 Micòl, i genitori e la vecchissima nonna sono deportati nei campi nazisti dove moriranno.
Anche Malnate, partito con il corpo di spedizione in Russia, non farà più ritorno.
Ricordare e commemorare il Giorno della Memoria non vuole misconoscere gli altri genocidi di cui l’umanità è stata capace, non si riduce ad un rituale celebrativo e vacuo, ma costituisce una presa di coscienza collettiva del fatto che l’uomo è stato capace di questo.
Insegnare Auschwitz significa trasmettere consapevolezza alle giovani generazioni di quelle mostruosità che l’homo ha perpetrato, guidato da un potere diabolico, perché sappiamo che determinate situazioni possono ripetersi, forse non identiche, ma con esiti altrettanto devastanti, e per questo il Majorana, comunità educante, invita i propri giovani a riflettere sulla pericolosità delle estremizzazioni, mettendo a contatto tutte le generazioni con i testimoni e avviando un processo di trasmissione della memoria storica che abbia come base un insegnamento etico e civile e responsabile.
Coltivare la memoria è pertanto un obiettivo da costruire e rafforzare giorno per giorno, da trasformare in un bene comune duraturo ma anche solido baluardo su cui costruire un futuro di pace e conoscenza.
Se mi rifiuto di ricordare, in effetti, mi trasformo in una creatura pronta e predisposta a compiere qualsiasi atto – così come se dimenticassi immediatamente il dolore, mi trasformerei in una creatura dotata di un coraggio sconsiderato. […] Per gli esseri umani, pensare a cose passate significa muoversi nella dimensione della profondità, mettere radici e acquisire stabilità, in modo tale da non essere travolti da quanto accade
Hannah Arendt
Franca Genovese