Il mio “Giorno della Memoria”
“Solo quando nel mondo a tutti gli uomini sarà riconosciuta la dignità umana, solo allora potrete dimenticarci.” Questa è una frase di Primo Levi che ci invita a ricordare il “Giorno della Memoria”, che ricorre il 27 gennaio di ogni anno. Ma cosa significa “ricordare con il Giorno della Memoria”?
Significa cercare di capire cosa hanno provato gli ebrei, dal momento in cui comincia la loro persecuzione, sino alla deportazione e allo sterminio. Lo scopo, dunque, non è solo quello di ricordare, ma è anche quello di provocare un’emozione, che faccia nascere riflessioni profonde affinché tutto ciò non accada più.
Questo è quello che mi ha fatto capire la visione del film “IL PIANISTA” di Roman Polansky, film che racconta la storia autobiografica di un famoso pianista polacco di origini ebree, Wladyslaw Szpilman, e parla della sua sopravvivenza durante la seconda guerra mondiale. Inizialmente egli è costretto, insieme alla sua famiglia, a lasciare la sua casa per essere trasferito nel ghetto di Varsavia dove, solo per un evento fortuito, si salva dai campi di sterminio grazie all’aiuto di un amico che era entrato a far parte della polizia ebrea, nata per aiutare i nazisti a far rispettare le loro regole. In quel momento tutte le speranze su ciò che gli ebrei pensavano non sarebbe mai accaduto, crollano. Da questo momento in poi “il pianista” segue da spettatore tutte le vicende che si susseguono, dalla rivolta del ghetto, alla sconfitta della resistenza, fino all’arrivo dei russi, datato 27 gennaio 1945, quando finalmente i cancelli di Auschwitz si aprirono e liberarono gli ebrei rimasti.
Il regista riesce a raccontarci la fame, la violenza, l’umiliazione costretta a subire da un popolo che viene sfinito, prima psicologicamente e poi fisicamente, deturpandolo della sua stessa umanità. “Gli ebrei erano morti ancor prima di essere uccisi.” Con la storia di uno dei sopravvissuti del ghetto, Roman Polasky fa un omaggio alla sua Polonia e riesce a farlo nel migliore dei modi, perché comprende al meglio gli stati d’animo visto che anche lui è uno dei fortuiti sopravissuti dell’Olocausto. Sì, perché salvarsi era solo un colpo di fortuna, nient’altro. Questo film, oltre a quanto già detto, mette anche in evidenza la cattiveria di alcuni ebrei e la bontà di alcuni tedeschi, tra i quali ci fu chi non condividendo il regime nazista, aiutò gli ebrei. E’ soprattutto per questo che si salva il pianista, grazie ad un capitano tedesco che, anziché denunciarlo, com’era suo compito fare, decide di aiutarlo, fornendogli cibo, dandogli il suo cappotto per ripararsi dal freddo e gli indicandogli inoltre il luogo migliore dove nascondersi.
“Si salvò come si salvarono molti altri, ma non vinsero, persero ogni cosa, innanzitutto la loro famiglia. Perché era questo il loro scopo: annientare la loro umanità.” E’ il mio pensiero, quello che mi ha fatto capire la visione di questo bellissimo e significativo capolavoro. Guardandomi intorno capisco, inoltre, che non siamo pronti a dimenticare, perché il lavoro da fare affinché sia riconosciuta la stessa dignità umana a tutti è ancora molto lungo e tortuoso…
Giada De Pasquale
Classe II, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G.