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LA LEGGENDA DI ECO E NARCISO

Un giorno Cefiso, il dio delle acque, rapì la ninfa Liriope. Dalla loro unione nacque un bel bambino che fu chiamato Narciso.

Gli anni passarono e Narciso divenne un ragazzo di una bellezza incantevole.

Liriope, poiché desiderava preservare la bellezza del figlio, si recò dall’astrologo Tiresia che, dopo aver consultato l’oracolo, le disse: “Narciso vivrà molto a lungo e la sua bellezza non svanirà mai, ma ad un patto: il giovinetto non dovrà più vedere il suo volto!”.

La profezia dell’astrologo Tiresia ben presto si avverò. Narciso, infatti, rimase per sempre adolescente, mantenendo inalterata la sua bellezza.

Lo splendido ragazzo era molto riservato e piuttosto che dedicarsi agli affari mondani e all’amore preferiva trascorrere il tempo passeggiando da solo nelle foreste con il suo cavallo, oppure andando a caccia di animali selvatici.

Un giorno, mentre si dimenava in una battuta di caccia, udì una voce, che cantava e rideva, che proveniva dalle gole di una montagna.

Era Eco, la ninfa più bella e gioiosa della montagna che, al solo vederlo, s’innamorò perdutamente di lui.

Ma Narciso era così fiero e orgoglioso della sua bellezza, che il pensiero di occuparsi di una semplice ninfa della montagna gli sembrava una vera e propria perdita di tempo.

Non fu così per Eco che, da quel giorno, intraprese a seguire il ragazzo ovunque andasse, accontentandosi semplicemente di guardarlo con amorevole ammirazione da lontano.

Il dolore per l’amore non ricambiato la consumarono: pian piano il sangue le si sciolse nelle vene, il viso le divenne bianco come neve e, in breve tempo, il corpo della splendida fanciulla divenne trasparente al punto che non rifletteva più la sua ombra sulla terra.

Distrutta dal dolore, causato dalle pene d’amore, si rinchiuse in una caverna profonda ai piedi della montagna, dove Narciso di solito andava a cacciare. In quel luogo, con la sua bellissima e armoniosa voce, continuò a chiamare e invocare per giorni e notti il suo amato. Inutilmente perché Narciso, pur avendo sentito l’angoscioso richiamo di lei, non andò mai a trovarla.

Della ninfa Eco rimasero solo lo scheletro e la sua incantevole voce: le sue ossa presero la forma stessa della roccia dove il suo corpo era rannicchiato e la sua voce rimase imprigionata per l’eternità nella montagna solitaria.

Da allora la ninfa Eco risponde addolorata ai viandanti che chiamano. Ma la sua voce è fioca e lontana e ripete soltanto l’ultima sillaba delle loro parole: ha perso per sempre la sua forza invocando Narciso, il crudele cacciatore che non volle ascoltarla. Narciso non fu affatto addolorato e continuò la sua vita solitaria e appartata.

Così gli dei decisero di intervenire per punire tanta  cattiveria e ingratitudine. Un giorno, mentre il vanitoso giovinetto faceva il bagno in un fiume, vide per la prima volta l’immagine del suo viso riflessa nell’acqua limpida.

Narciso si innamorò perdutamente della sua immagine, così ogni giorno tornava sulle rive del fiume ad ammirare quella fredda figura che emergeva dallo specchio d’acqua. Ma ogni volta che tendeva la mano nel tentativo di afferrarla, la superficie dell’acqua s’increspava, ondeggiava e l’immagine spariva.

Una mattina, per osservare meglio la sua immagine, si sporse a tal punto finché perse l’equilibrio cadendo nelle acque, che si rinchiusero per sempre sopra di lui.

Gli dei, mossi a pietà, trasformarono il suo corpo in un bellissimo fiore di colore giallo e dall’intenso profumo, che in sua memoria prese il nome di Narciso.

Vanessa Oliva

Classe 2A – IC Primo Milazzo
Scuola Secondaria di Primo Grado “G. Garibaldi”

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