Sul femminicidio I ragazzi riflettono
Esiste una trasmissione, in onda su Rai 3, che parla di violenza sulle donne, di “femminicidio”, si chiama “Amore criminale”, è molto interessante ed educativa, oltre al racconto delle storie vi sono interviste e testimonianze di persone direttamente o indirettamente coinvolte ma, riflettendo, il titolo ci pare in qualche modo fuorviante, può lasciare intendere che l’amore possa, in qualche modo, aver a che fare con la violenza e l’omicidio.
Visto che purtroppo in Italia spesso molti maschi non sanno reggere il confronto di una più o meno normale dialettica di genere senza ricorrere stupidamente alla forza bruta, ci piacerebbe in questa triste occasione elevarci come voce maschile ed essere in grado di raccontare come mai, a nostro giudizio, accadono questi fatti.
Affermiamo intanto che certi eventi non c’entrano niente con l’amore, c’entrano con il potere, il bisogno di dominio o, al massimo, con una forma di sentimento patologico; riteniamo altresì inaccettabile il ricorso alla forza bruta, alla coercizione, alla violenza fisica e psicologica, a tutti i livelli.
Ma perché, ci siamo chiesti, succede questo nella nostra società occidentale ed evoluta?
Per secoli l’uomo ha goduto di un ruolo sociale di assoluta preponderanza: gestiva il potere politico, economico, a lui era demandato il compito di lavorare e “portare il pane a casa”, casa che, d’altra parte, veniva amministrata e governata dalla donna, che rivestiva il ruolo di moglie, sottomessa all’uomo, e di madre.
Di solito nascere uomini era più conveniente, tant’è che alle giovani famiglie si diceva: “Auguri e figli maschi!”.
Insomma, le cose funzionavano così. Non si può dire che fosse una valle dell’eden, la guerra e la violenza sono vecchie quanto l’uomo.
Teniamo presente che in molte zone del Sud Italia, negli anni sessanta, era ancora in voga il “delitto d’onore”: la donna fedifraga, e perciò “disonorata”, poteva venir uccisa dal marito tradito, “cornificato”, e costui poteva invocare le attenuanti, appunto, legate al delitto d’onore.
Codice Penale, art. 587
Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell’atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d’ira determinato dall’offesa recata all’onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni. Alla stessa pena soggiace chi, nelle dette circostanze, cagiona la morte della persona che sia in illegittima relazione carnale col coniuge, con la figlia o con la sorella.
L’art. 587 del codice penale consentiva quindi che fosse ridotta la pena per chi uccidesse la moglie, la figlia o la sorella al fine di difendere “l’onor suo o della famiglia”.
A un certo punto qualcosa, in questo equilibrio, si è rotto: le donne hanno iniziato a prendere coscienza di sé, della propria condizione, a ribellarsi e a rivendicare più diritti. Prima col movimento delle “Suffragette” poi il ’68 ha portato con sé la sua ventata di femminismo e, non bisogna dimenticare Franca Viola che nel ’65 rifiuta il “matrimonio riparatore”
In breve tempo, per la prima volta, le prerogative maschili venivano messe in discussione: essere maschi diventava improvvisamente meno comodo del previsto. Le donne avevano alzato la testa e cominciato a reagire e a rivendicare i loro spazi.
Per molti uomini, cresciuti ancora col mito del “macismo” nudo e crudo, tutto ciò è inaccettabile. Ecco che molti agiscono e reagiscono con rabbia, con violenza, perché in realtà si sentono più deboli, si sentono messi in discussione. Uomini cresciuti magari senza mediazioni e stimoli culturali di più ampio respiro, che li porti ad aprire la mente verso altre idee di società, più evolute. Soprattutto senza quella giusta dose di distacco emotivo, che li porti a non vedere tutto come una sfida personale al proprio “potere”, che li porti a saper tenere testa alle loro donne in modi più appropriati.
Alla fine di tutta questa analisi siamo giunti alla conclusione che gli uomini debbono trovare nuovi modi e nuove forme per convivere, per condividere con le donne le sfide che la vita impone, per amarsi e volersi bene, rispettarsi come coppia e come individui.
Pensiamo che qualsiasi uomo, prima ancora di prendersi cura di una moglie o compagna debba imparare a badare a sé stesso, a maturare vivendo da solo e provvedendo alle proprie necessità. Oggi è d’uso per molti uomini passare dallo stato di figlio a quello di marito e padre, senza soluzione di continuità praticamente passano dalla mamma alla moglie, col risultato di rimanere figli delle proprie mogli. Soprattutto pensiamo che noi uomini dobbiamo capire che è necessario condividere la gestione della società con le donne, donne forti, autonome, capaci.
Secoli di potere maschile hanno prodotto lutti, tragedie immani, guerre, violenza, e siamo convinti che una visione femminile nella gestione della “cosa pubblica” possa certamente giovare alla società.
Per tutti noi una proficua educazione sentimentale e una seria consapevolezza del proprio essere potrà portare alla vera eguaglianza e parità fra i sessi.
La società cambia si evolve, deve migliorare e solo chi saprà stare al passo coi tempi, chi avrà la volontà di crescere potrà partecipare alla costruzione di un futuro possibile.
Auguri ragazzi, auguri di cuore!
I ragazzi della III G dell’Istituto Comprensivo “C.S. D’Alcontres”