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SCARPE ROSSE

Ogni 25 novembre dal 1999, in onore delle sorelle Mirabal violentate percosse e assassinate in questo giorno, l’Italia e il mondo intero si stringono intorno alle donne per dire “NO” alla violenza. E’ una giornata di denunce e cortei, ma anche un momento di riflessione per non dimenticare quanta violenza ancora esiste. Essa, infatti, non è soltanto fare del male fisicamente ad una donna, poiché accanto a quella che colpisce il corpo esiste la violenza verbale e psicologica, quella fatta di parole spinte, battute sessiste, insulti, e quella economica, determinata dalla mancata possibilità e libertà di lavorare per guadagnare.

Il femminicidio è comunque un fenomeno oscuro e incomprensibile, che va arginato e se possibile eliminato. Simbolo della lotta è per noi italiani il rosso, come rosse sono le scarpe che lasciano trasparire la forza della brutalità, rosse come il sangue innocente versato. La violenza di genere, che ha come oggetto le donne ed è considerato un crimine brutale, deve anzi essere considerata vera e propria violazione dei diritti umani e spaventa che almeno una donna ogni due giorni in Italia, dall’inizio dell’anno, ha subito o subisce una qualche forma di violenza nella propria vita: a casa, a lavoro, a scuola, in strada. Nella maggior parte dei casi le donne sono vittime delle persone a loro molto care. Ma perché un uomo arriva a picchiare o persino ad uccidere la propria compagna, la madre dei suoi figli? Forse accecato dall’ira, dalla rabbia o dalla gelosia? O semplicemente perché debole? Secondo me, se da una lato è presente una forte insicurezza, la paura della perdita da parte dell’uomo, dall’altro c’è la sottomissione della donna che non riesce a trovare il coraggio di ribellarsi. Sicuramente biologicamente la donna è fisicamente più debole e ogni qualvolta, come ci dimostra la storia, ha cercato di ribellarsi ha dovuto subire ritorsioni. Ma è necessario non accettare non soccombere nel silenzio. Bisogna cambiare la mentalità della donna in primis e essere sensibili alla violenza. Spesso essa non riesce a denunciare, spera che un giorno la situazione possa mutare in meglio e che l’uomo di cui è innamorata si penta e la smetta di renderle la vita un inferno; ma nella maggior parte dei casi questo non succede, e l’attesa si accompagna alla morte. Accade infatti che il passo da un insulto, da uno schiaffo, da una percossa all’omicidio diventa breve. Bisogna quindi avere il coraggio di parlare, di farsi aiutare e denunciare: la vita è troppo preziosa.

Secondo me la grandezza di un uomo non sta nella mani ma nel cervello e nel cuore.

 

Miriana Furnari

Classe I, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G.

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