Quando i grandi uomini ispirano il nostro “Io poetico”.
Prigioniero dei Gollisti, scritto da Sebi Caltabiano è il libro dal quale trae ispirazione questa pagina di prosa.
“Il dolore, come una cartina di tornasole, mi aveva rivelato la struttura dello spirito umano, quella vera, manifestando la sua essenziale caratteristica: quella impressa in ogni uomo da Dio. Guardai la luna, che giocava a nasconderello con le nubi sfilacciate. Beata lei, Pensai! E’ una pietra fortunata che gira, che si ama, si divinizza e non può essere corrotta ed offesa nemmeno dagli anglo-americani”.
Trascorsero più di due anni da quando io e i miei sfortunati compagni fummo rinchiusi in quell’orribile tugurio. In quel luogo orrendo subimmo maltrattamenti, derisioni e le nostre condizioni fisiche peggioravano costantemente.
Molti di noi furono vittime della denutrizione e dell’inverno, visto che nelle notti fredde dormivamo per terra, senza nemmeno uno straccio di coperta. Tra di noi prigionieri ci fu molta solidarietà, ci fu fratellanza e ci sostenemmo l’un l’altro, cercando di resistere in quelle condizioni disumane per sopravvivere. Una notte, dalle grate della mia cella, vidi una bellissima luna piena e luminosa e non riuscii a staccarle gli occhi di dosso, ne rimasi ipnotizzato; al punto che non pensai più al posto in cui mi trovavo e cominciai a viaggiare con la mente.
È strano a dirsi, ma i miei pensieri furono solo positivi. Immaginai un mondo senza guerre, un mondo senza odio, un mondo in cui la dignità umana fosse rispettata, perché un uomo non debba subire quello che io e i miei compagni di sventura patimmo; immaginai un mondo senza discriminazioni e fui così estasiato da quella luna che immaginai un mondo perfetto. Poi, purtroppo, quando le nubi la coprirono la mia estasi finì e mi ritrovai in quella sporca e maledetta cella. Ritornai nel mio mondo reale fatto di stenti, sofferenze e odio, ma aspettai con impazienza di rivedere la mia amica luna.
Raffa Christian I.C. “E. Vittorini”.