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Martin Lutero: un monaco rivoluzionario alla ricerca della salvezza

Nella seconda metà del 1400 la Germania stava vivendo una situazione sociale ed economica  drammatica e devastante. Fu quella un’epoca di grandi sciagure, come la peste, che diffusero dolore e sofferenza: unico conforto la fede e l’illusione di guadagnarsi il Paradiso. L’uomo del medioevo si affidò quindi totalmente alla Chiesa, che divenne così la più potente delle istituzioni. Tuttavia a causa dell’eccessiva avidità, della smodata fame di ricchezza, della forte brama di potere, essa si era trasformata nell’istituzione più corrotta. In molti contestavano l’atteggiamento di una Chiesa che si dimostrava sempre più avida e superba, ma chi ebbe il coraggio di metterne in discussione l’autorità fu il monaco tedesco Martin Lutero. Originario di Eisleben, nato nel 1483, di modeste origini contadine, Lutero fu uno dei personaggi storici che cambiarono l’Europa all’inizio dell’età moderna. Il padre volle che il figlio avesse una buona istruzione, convinto che la cultura fosse il fondamento di una vita degna di essere vissuta, e per questo motivo gli fece studiare giurisprudenza in una delle università più importanti dell’epoca, a Erfurt. Animo inquieto, Lutero non riuscì a trovare la sua giusta dimensione poiché non si sentiva mai in pace con sé stesso e con Dio. La crisi spirituale che stava vivendo trovò soluzione solo durante un viaggio quando, sorpreso da un violento temporale, fu quasi colpito da un fulmine. Assalito dalla paura di morire, promise a Sant’Anna di farsi monaco in cambio della salvezza. Fu così che, nonostante la disapprovazione dei parenti, entrò nel convento di Erfurt, dove nel 1507 ricevette il sacerdozio. Avviato agli studi teologici si accostò a quello che era l’orientamento dominante in teologia in quel momento, ossia l’occamismo che esaltava la volontà sovrana di Dio (potestas Dei absoluta). Un viaggio a Roma, per discutere una questione interna dell’ordine, gli consentì poi di vedere la cultura, lo sfarzo e la vita spesso dissoluta delle corti italiane e soprattutto dei prelati della Curia romana. Nel 1512 conseguì il suo dottorato a Wittenberg e qui esercitò la sua professione di professore di teologia. Furono anni di intenso studio e di severa vita mistica, caratterizzata da aspri conflitti interiori. Lutero, infatti, pur compiendo in maniera irreprensibile i doveri di monaco, percepiva la propria inadeguatezza nel soddisfare quel Dio che egli viveva come severo e esigente, dubitando di poter raggiungere la salvezza. Seguirono anni di intense letture alla ricerca di risposte intorno al suo Dio e fu nel 1514, meditando sull’”Epistola ai romani”, che ebbe la rivelazione. Scoprì che con l’espressione “giustizia di Dio” non si deve pensare ad una giustizia rimunerativa, un Dio che premia il bene e punisce il peccato, ma come volontà salvifica di Dio che “rende giusti” coloro che peccano perché dona loro la sua “giustizia”. Secondo Lutero, quindi, la salvezza non viene dall’uomo per i suoi meriti ma direttamente da Dio e non è possibile rimpiazzare la mancanza di fede con le opere buone. Egli sosteneva infatti che dalla fede, che è grazia, scaturiscono le opere, ma dalle opere non nasce la fede, e perciò in esse non c’è né redenzione né vita. Da qui si capisce il pensiero sul cristianesimo che andava maturando e si comprende anche la critica mossa dal monaco alle indulgenze dei voti, dei pellegrinaggi, dei digiuni in quanto opere considerate “meritorie” e gradite a Dio. Tutto ciò era in contrasto con quanto, in quell’epoca, predicava la Chiesa cattolica, ovvero che attraverso il buon comportamento e le buone opere si poteva guadagnare la salvezza. Il Papa, in particolare, concedendo il perdono divino, garantiva la salvezza.

La rottura con la Chiesa cattolica avvenne quindi proprio in relazione all’autorità del Papa e al potere che rivendicava circa il problema che affliggeva tutti gli uomini del periodo: “come ci si salva?”. Lutero arrivò ad una conclusione molto consolante e cioè che, se un uomo non può salvarsi da solo perché non trova la forza di reagire al male insito nell’animo umano, Dio gli permette di salvarsi in maniera gratuita, una sorta di dono senza bisogno nè di comprarlo, né di ottenerlo come mera merce di scambio. Contro tutto ciò, indignato, Lutero si ribellò rendendo pubblico il suo disappunto verso la Chiesa affiggendo, la vigilia della festa di Ognissanti del 1517, sulla porta della cattedrale di Witteberg le sue 95 tesi, in cui negava la validità delle indulgenze e affermava che l’autorità del Papa doveva essere secondaria a quella delle Sacre scritture.

Nelle sue tesi Lutero, inoltre, rifiutava la validità di cinque dei sette sacramenti riconosciuti dalla Chiesa: il battesimo, la cresima, matrimonio, eucarestia, unzione degli infermi, penitenza, ordinazione sacerdotali. Secondo lui solo il battesimo e l’eucarestia erano indicati nella Bibbia, mentre l’efficacia dei sacramenti dipendeva unicamente dalla fede di chi li riceveva. Questo comportava una rivisitazione dei poteri del sacerdote. Per Lutero quando, nel corso della celebrazione della messa, il sacerdote pronunciava le parole della consacrazione, il pane e il vino non si trasformavano affatto nel corpo e nel sangue di Cristo, non avveniva cioè alcuna transustanzazione e, poiché Cristo è in ogni luogo, non era necessario che venisse evocato dal sacerdote. Tutti i credenti erano sacerdoti e la messa aveva reale valore solo per chi vi partecipasse con la propria fede individuale, diventando sacerdote di sé stesso (sacerdozio Universale). Le 95 tesi ebbero grande diffusione e suscitarono molte polemiche. Denunciato dalla Curia romana, il 7 agosto 1518 Lutero ricevette l’invito a recarsi a Roma per discolparsi e ritrattare le opinioni che gli erano state contestate, ma rifiutò. Alla luce di tutto questo il Papa Leone X, con la bolla  “Exurge Domine”, il 15 giugno 1520 condannava 41 proposizioni di Lutero e lo minacciava di scomunica qualora non le avesse ritrattate entro sessanta giorni. Lutero, non solo non ritrattò, ma il 10 dicembre 1520 diede pubblicamente fuoco ai volumi di diritto canonico e alla stessa bolla papale. L’anno dopo venne scomunicato con la bolla“Decet Romanum Pontificem”. Secondo le leggi dell’impero, la bolla papale di scomunica avrebbe dovuto essere eseguita dall’autorità laica, ma la preoccupante situazione della Germania e il favore che il messaggio di Lutero aveva suscitato fece sì che, invece di essere scomunicato, egli venisse invitato alla Dieta che si era aperta a Worms il 6 gennaio 1521, per ritrattare le sue posizioni. Poiché egli rifiutò la ritrattazione di quanto aveva scritto, fu bandito dall’impero da Carlo V, imperatore del Sacro Romano Impero, il quale proibì la pubblicazione di tutti i suoi scritti. Mentre viaggiava verso Wittemberg, però, cadde in un’imboscata simulata e i cavalieri del principe di Sassonia lo condussero in un castello della Warburg, per sottrarlo all’arresto. Qui scrisse opere polemiche e tradusse il Nuovo Testamento, che fu ampiamente diffuso, dando l’opportunità alla gente comune, che non conosceva il latino, di leggere la Bibbia per la prima volta. Nel marzo del 1545, in occasione della convocazione del concilio di Trento, scrisse il suo libro più violento e sprezzante: contro il papato in Roma fondato dal diavolo. La rottura era compiuta, il Grande Scisma dell’occidente cattolico era ormai inevitabile. Il 13 dicembre 1545 si aprirà il Concilio cattolico che darà avvio alla Controriforma. Martin Lutero morirà durante un soggiorno nella sua città natale Eisleben, il 18 febbraio 1546, forse non del tutto consapevole di avere cambiato per sempre la storia e avere dato inizio ad oltre un secolo di guerre che, in nome della libertà di fede, insanguineranno aspramente l’Europa.

 

Santi Scarpaci

Classe II, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G.

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