venerdì, Novembre 22, 2024
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Enzimi divora-nicotina – Vaccino antifumo: un passo avanti per smettere di fumare.

Il vizio del fumo ha da sempre segnato la storia dell’uomo, infatti la sua origine risale addirittura all’età del bronzo. I primi studi sulla tossicità del fumo furono avviati all’inizio del 1900 ed entro la fine della Seconda Guerra Mondiale, le prove che i fumatori erano a rischio di tumore al polmone più dei non fumatori erano chiare; già nel primo ventennio del secolo si erano scoperti i rapporti tra fumo e problemi cardiovascolari.
Negli anni ‘80 una maggiore consapevolezza dei rischi elevati di insorgenza di patologie relative a diversi organi, si diffuse scatenando molte battaglie contro fumatori e case produttrici. Nonostante la presa di coscienza, la battaglia non è vinta; infatti secondo uno studio pubblicato da Lancet, nel mondo c’è ancora quasi un miliardo di fumatori e una morte su dieci è imputabile a questo.
Smettere di fumare risulta difficile per molti. Un rapporto del governo statunitense del 2011 ha rilevato che quasi il 70% dei fumatori americani vuole smettere di fumare e più della metà dei fumatori ha provato a smettere, ma meno del 6% ha avuto successo. Gli attuali farmaci in commercio hanno tassi di successo diversi e spesso non sono funzionali, proprio per questo alcuni scienziati dello Scripps Research Institute a La Jolla, in California, si sono occupati di individuare un enzima in grado di bloccare gli effetti psicoattivi della nicotina facendola scomporre nel sangue, prima che possa raggiungere il cervello.
Già nel 2015, si era scoperto che il microrganismo Pseudomonas putida (un batterio in grado di metabolizzare solventi organici) ha un enzima, il NicA2, che catalizza l’ossidazione della nicotina in N- methyl-myosmine. L’enzima, che può essere ricreato in laboratorio, impedirebbe alla nicotina di raggiungere il cervello e, dunque, di azionare il meccanismo di ricompensa tipico della dipendenza da nicotina. Dopo essere stato individuato, l’enzima è stato usato per dei test in laboratorio su modelli sperimentali. L’enzima era stato aggiunto al sangue in cui era stata iniettata precedente una dose di nicotina, riuscendo a ridurre il suo tempo di permanenza nel sangue. Lo studio, condotto sui topi, ha dimostrato di impedire lo sviluppo di una dipendenza in questi animali sistematicamente esposti alla nicotina. Recentemente però sono stati condotti degli studi sui ratti in cui la dipendenza si era già instaurata.
La terapia con NicA2-J1 su ratti abituati ad autosomministrarsi alti dosi di nicotina, ha portato a una drastica riduzione del consumo della sostanza senza che si manifestassero segni di astinenza, irritabilità o aggressività. Comunque la scoperta più interessante riguarda la suscettibilità alle recidive: i ricercatori hanno tolto ai ratti la possibilità di accedere alla nicotina per 10 giorni, al fine di iniettare loro della nicotina e risvegliare il desiderio per la sostanza, offrendo contemporaneamente la possibilità di ottenerla di nuovo. I ratti trattati con NicA2-J1, l’hanno fatto solo raramente e in misura minima a differenza di quelli non trattati.
L’enzima deve il suo successo alla caratteristica di non annullare completamente i livelli di nicotina nel sangue bensì riducendoli ad un livello estremamente basso che però riesce ad evitare i fenomeni di astinenza.
Questo enzima quindi, rappresenta una speranza per i fumatori, tuttavia deve essere ancora valutata la risposta immunologica, in quanto l’enzima è di origine batterica e la sua somministrazione continua potrebbe sviluppare degli anticorpi neutralizzanti.
I ricercatori dovranno infatti condurre ulteriori studi per migliorare le proprietà di NicA2-J1 come farmaco, per procedere successivamente alle prime sperimentazioni cliniche.

Viviana Basile

 

Vaccino antifumo

È possibile vaccinarsi contro il piacere? Sembra un controsenso, ma gli studi condotti da un gruppo di scienziati dello Scripps Research in California, ne rappresentano un perfetto esempio. È proprio in sede americana, infatti, che viene sperimentato per la prima volta il cosiddetto vaccino Anti-Fumo, una sorta di iniezione che “immunizza” contro la dipendenza da nicotina. Come è noto a tutti sapere i vaccini si basano sull’introduzione all’interno dell’organismo del virus dal quale ci si intende difendere allo scopo di produrre anticorpi che lo contrastino, ma in questo caso non si è in presenza di organismi infettivi, ma si parla di neurotrasmettitori. Allora come agisce questo particolare vaccino?

struttura nicotina

Come tutti i vaccini, il fine principale della sua somministrazione è la produzione di un determinato tipo di anticorpo. In questo caso però la funzione “immunizzante” è svolta da un enzima di origine batterica che degrada la nicotina prima che essa raggiunga il sistema nervoso centrale. Si tratta di una sorta di “forbice molecolare” denominata dagli scienziati «NicA2-J1», ovvero una versione geneticamente “ingegnerizzata” di un enzima prodotto naturalmente dal batterio Pseudomonas putida, che va a recidere la molecola di nicotina, il componente che crea dipendenza nelle sigarette. La nicotina non è un vero e proprio neurotrasmettitore in sé, ma è una sostanza che stimola la secrezione di neurotrasmettitori come l’acetilcolina, la quale va a fissarsi sui recettori nicotinici. Questi ultimi sono principalmente presenti nelle membrane plasmatiche dei muscoli, e la loro attivazione da inizio all’intero processo di contrazione dei muscoli nell’organismo. Va da sé, dunque, che la nicotina stimoli un circuito in cui vengono coinvolti un insieme di meccanismi che portano, come unica conseguenza, l’eccitazione.

Dagli esperimenti condotti su topi abituati alla somministrazione di alte dosi di nicotina è emerso che l’azione prodotta dall’enzima ha ridotto notevolmente il consumo della sostanza da parte degli individui senza che essi manifestassero segni di astinenza, irritabilità e aggressività. Il principio del vaccino focalizza, dunque, la sua azione sulla riduzione del livello di questa sostanza nel sangue, ma senza creare problemi legati al distacco dal fumo: l’enzima degradando via via le molecole di nicotina ne riduce la loro percentuale nell’organismo, permettendo solo ad una piccola parte di raggiungere il cervello, ovvero la “sede” della dipendenza. È proprio questo il punto di forza del vaccino: questo enzima elimina gran parte della nicotina nel sangue, ma allo stesso tempo ne lascia piccole quantità per non provocare nell’individuo un senso di astinenza che potrebbe mettere a repentaglio il tentativo di smettere di fumare. Inoltre è stato dimostrato che più è alta la dose di questo particolare enzima, maggiore è la diminuzione della dipendenza dal fumo. Infatti, quando si è presentata l’occasione di inspirarlo, i topi tendevano quasi a rifiutarlo.

L’efficacia di questo rimedio è data proprio dal fatto che questo peculiare enzima fornisce il quantitativo minimo indispensabile all’organismo affinché esso non ricada nel vortice della dipendenza. In un certo senso, si può pensare il vaccino come un binario che gradualmente riporta il treno dell’organismo sulla strada corretta.

L’approccio alternativo che ha portato gli scienziati ad approdare a questa soluzione è stato pensare di agire direttamente sul soggetto eliminando le cause che scatenano la dipendenza, non limitandosi a pensare di ridurre i danni prodotti dal fumo sull’organismo. Questo nuovo atteggiamento si propone dunque di raggiungere un traguardo molto più importante, così vicino ma, allo stesso tempo così lontano: quello di eradicare completamente il tabagismo, un vizio comune e fin troppo sottovalutato. Tuttavia la comunità scientifica ha manifestato delle perplessità e il dibattito sulla validità del vaccino è ancora aperto.

Arianna Torre

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