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La scoperta dell’America un giallo insoluto?

A giorni, il 12 ottobre, come ogni anno si celebrerà un evento importante per la storia ma molto sentito soprattutto negli Stati Uniti d’America: il “Columbus Day”. Il 12 ottobre 1492, infatti, segna una data epocale ed è stato scelto dagli storici come momento di passaggio dal Medioevo all’Età Moderna.

Ma tutto è andato veramente come ci hanno sempre insegnato? La storia narra che in quel periodo tra Portogallo e Spagna ci fosse rivalità poichè entrambe le nazioni cercavano il modo migliore per raggiungere l’Asia via mare. Il Portogallo inviò spedizioni di cui fecero parte Bartolomeo Diaz, che doppiò il Capo di Buona Speranza, o Alvares Cabral, che raggiunse il Brasile in maniera del tutto casuale. La Spagna, invece, decise di affidarsi al progetto di Cristoforo Colombo, un navigatore genovese che sarebbe riuscito ad arrivare in Oriente navigando verso ponente, seguendo la teoria del fiorentino Paolo Toscanelli. Egli infatti riteneva che la Terra fosse sferica e che quindi, navigando nell’Oceano Atlantico, si potesse arrivare direttamente e in breve tempo alle Indie. I calcoli di Colombo, però, risultarono inesatti, poiché pensava, erroneamente, che la Terra fosse più piccola e ignorava che a Ovest esistesse un grande continente quale era l’America. Dopo sei anni di rifiuti da parte dei regnanti delle corti europee, finalmente l’esploratore ricevette il finanziamento dai sovrani di Spagna Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona che, dopo la conquista di Granada, decisero di offrire a Cristoforo una somma di denaro, due caravelle, la Niña e la Pinta, una caracca, la Santa Maria, e 120 uomini per l’equipaggio.

La spedizione salpò il 3 agosto del 1942 dal porto di Palos e il 12 ottobre toccò terra nelle isole delle Antille che Colombo, non conoscendone il nome chiamò San Salvador. Per quanto si racconta egli non capì mai, neanche nei suoi successivi tre viaggi, nel quale al ritorno dall’ultimo rischiò anche di finire in prigione, di aver scoperto un nuovo Continente, ma rimase convinto di essere sbarcato nelle “Indie”. Ed è proprio su questa affermazione che nascono le controversie che porteranno a indicare questo avvenimento storico come un giallo insoluto. Cristoforo Colombo non fu comunque il primo a scoprire l’America. In realtà fu il secondo, il terzo contando gli indigeni, forse anche quarto o anche più indietro. Si pensa che 400 anni prima fossero già arrivati, infatti, i vichinghi, che fondarono alcuni villaggi sulle coste della Groenlandia e che avrebbero esplorato anche le coste del Nord America.

Affascinante è anche l’ipotesi che vede Colombo anticipato nel suo approdo persino dalle navi cinesi dell’ammiraglio Zheng He, in una sorta di circumnavigazione del globo. Inoltre, il ritrovamento di una testa di terracotta di epoca romana, custodita a Città del Messico, insinua il dubbio che potrebbe anche essere stato preceduto dai Romani. Che la scoperta sia avvenuta in tempi precedenti, potrebbe avvalorare la tesi che, come affermato dallo scrittore Ruggero Marini, Cristoforo fosse in realtà a conoscenza del suo obiettivo, e organizzò tutto il viaggio con la lucida consapevolezza che avrebbe raggiunto il Nuovo Mondo. Lo conferma il fatto che le scorte di viveri, nonostante si pensasse che il viaggio sarebbe stato molto più breve, bastarono per tutto il periodo di navigazione. Per di più egli portò con sé anche perline e specchietti per i selvaggi che avrebbe incontrato in quelle nuove terre. Prova del fatto che lui fosse già a conoscenza dell’esistenza dell’America, inoltre, è una nota autografa che recita: “Queste coste si chiamano litorale di Antilya. Sono state scoperte nell’anno 890 dell’era araba”, che coincide con il 1485 del calendario Gregoriano: perciò quel posto era già stato scoperto sette anni prima della sua partenza. Di questo mistero fa parte la figura di papa Innocenzo VIII, il genovese Giovan Battista Cybo, che alcuni suppongono fosse persino padre di Cristoforo Colombo.

Egli morì una settimana prima che l’esploratore salpasse da Palos, ma sull’epigrafe tombale si legge: “Novi orbis suo aevo inventi gloria: nel suo pontificato la gloria della scoperta di un nuovo mondo”. Colombo ideò il suo viaggio sulla base di mappe antiche, come quella del cartografo tedesco Henricus Martelluscon, con la forza spirituale di un missionario, in una spedizione quasi simile ad una crociata, con un desiderio più religioso che di gloria. Si prova inoltre che la Spagna non spese nulla per finanziare Colombo, ma che a pagare fu il Vaticano e in parte Genova e Firenze; poi venne versata una somma del bottino di Granada. E non è quindi difficile pensare che gli spagnoli, per evitare di dare a Cristoforo quanto richiesto (circa il 57% di ogni luogo scoperto), cercarono di cambiare la storia facendo credere che lui non fosse riuscito a capire, per stupidità, di aver trovato un nuovo territorio. Proprio per questo designarono anche il suo successore, Amerigo Vespucci, che essendo già ricco non avrebbe mai potuto pretendere le stesse cifre che aveva richiesto l’esploratore genovese. Ogni storia ha una sua storia, affascinante e misteriosa, spesso anche nascosta, che si muove tra verità, fantasia e leggenda. Questa è la storia della storia della Scoperta dell’America, di come un uomo possa aver nascosto di sapere e di come un regno abbia fatto finta di non sapere. Che questa sia la verità o solo il frutto di una fervida immaginazione questo non si sa, ma che questo episodio possa annullare 500 anni di storia tramandata di generazione in generazione, di una vicenda che ha affascinato e continua ad affascinare giovani ed adulti, questo sì. Con questo dubbio che ancora ci tormenta, aspettiamo allora con ansia il “Columbus Day” che è ormai alle porte.

 

Rita Chiara Scarpaci

Classe II, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G.

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