IC MILITI TESTIMONI DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE LE NOSTRE INTERVISTE
“Ho intervistato la signora Lucia di anni 90. Mi ha spiegato ai tempi della seconda guerra mondiale si viveva male. A causa della guerra, voluta da Mussolini, si soffriva la fame. Ciascuno riceveva 200 grammi di pane al giorno. La Sicilia era proprio povera. Mussolini è salito al potere 5 anni prima che lei nascesse. La cosa strana è che Mussolini era figlio di un fabbro ed è diventato potente e severissimo. Durante la guerra sono morti anche alcuni parenti della signora Lucia
. Per scampare ai bombardamenti degli alleati, nell’estate del 1943, Lucia e i suoi genitori si spostarono a piedi da Porto Salvo a Fondachelli. Durante la guerra Mussolini aveva bisogno di soldati e suo marito, di nome Giuseppe, partì per andare a fare il soldato ma, essendo stato ferito e avendo perso un dito, fu rimandato a casa. Lucia ricorda che dopo i bombardamenti, quando gli americani sfilarono in città, distribuirono pane cioccolata e sigarette. Io ringrazio molto la signora Lucia per la disponibilità perché è una delle poche sopravvissute alla guerra ancora oggi e può raccontarci tante cose perché una testimone vera.
Salvatore Caravello
-Cosa hai provato quando finirono i bombardamenti e gli americani portarono la libertà?
La felicità di noi barcellonesi fu tanta perché quando gli americani e ci liberarono e passarono in città dai camion e dai carri armati gettavano sulla popolazione barcellonese cioccolata americana, sigarette e pane
–Tu eri già nata quando c’era la guerra?
No ancora dovevo nascere ma mio padre, il tuo bisnonno andò in guerra e raccontava storie incredibili
– I tedeschi sono mai venuti qua in Sicilia?
Sì, vennero qui per combattere contro gli americani anche se gli alleati riuscirono a sconfiggerli
-Qui a Barcellona bombardarono?
Purtroppo ti devo dire che qui da noi bombardarono e alcune persone morirono sotto i bombardamenti
–E com’era il cibo: ce n’era abbastanza o scarseggiava?
Sì, purtroppo scarseggiava, avevamo una tessera, il pane si prendeva con la tessera ma era comunque troppo poco per nutrirci a sufficienza e la fame era tanta.
Marta Calabro intervista al nonno
La mia nonna paterna, che ha 79 anni, si ricorda che gli americani buttarono tante bombe e lei con la sua famiglia si nascosero sui monti dietro casa sua. Un giorno nella zona in cui vivevano a cadde una bomba, un signore uscì per vedere cos’era successo e la bomba esplose aprendo un muro della casa dove c’era un letto e sotto il letto c’erano mia nonna e le sue sorelle. Anche il mio nonno paterno, che ha 77 anni, racconta che gli aerei buttavano tante bombe, anche loro si nascondevano in una grotta sulla scogliera del mare di Milazzo che li proteggeva dagli aerei. Nella sua campagna c’erano depositi con le bombe; quando arrivarono i soldati americani le presero e le fecero esplodere ma una non esplose. Due fratelli, pensando che fosse un giocattolo, la presero e tirarono fuori la polvere da sparo. Ci fu un’esplosione e uno di loro si ferì alla mano e l’altro fu sfiorato al viso. Mio nonno, che giocava con loro, si salvò riparandosi dietro un albero di fico. Lui racconta che ha sofferto tanto la fame e che il suo papà, cioè il mio bisnonno rimase prigioniero per 6 anni in Africa tanto che quando tornò a casa mia nonno i suoi fratelli stentarono a riconoscerlo per come era magro. Proprio brutta la guerra. Speriamo che non succeda più
Hevelyn Giunta
Antonio Molino, papà di mia nonna nonché mio bisnonno, apparteneva alla 77sima divisione fanteria “Lupi di Toscana”. Nel 1943 si trovava in una caserma della provincia di Bergamo in una situazione molto triste e difficile Qui si trovavano due campi di concentramento di primo e secondo settore con albanesi, inglesi, sudafricani e cinesi
Diverse settimane prima dell’8 settembre fu spostato ad un distaccamento in provincia di Milano con al seguito di 50 prigionieri di guerra da portare ai proprietari di zona per il lavoro. Il mio bisnonno, insieme ad altri sei militari e ad un Sergente dovevano svolgere il ruolo di sentinelle.
In seguito venne spostato di nuovo e dopo un breve periodo venne mandato sempre in provincia di Milano in compagnia di un sergente maggiore e di 12 soldati in una nuova caserma quanto l’8 settembre fu firmato dal Generale Badoglio l’armistizio con gli alleati. Quella sera i soldati italiani, fino ad allora alleati di quelli tedeschi, furono considerati loro nemici perciò lui fu caricato su un camioncino con altri 30 militari e condotto in una caserma in cui si chiedeva rinforzo perché stavano per arrivare i tedeschi. Nella notte arrivò un capitano che ritirò le armi dei soldati italiani e disse loro di salvarsi come potevano dandosi alla fuga. Circa un’ora dopo arrivarono i tedeschi e iniziarono a fare stragi ovunque. Il mio bisnonno, abbandonata la divisa militare e vestito in borghese, andò alla stazione e insieme a lui tanti altri militari italiani in fuga dai tedeschi. Venne preso d’assalto un treno diretto a Bologna ma non giunse mai a destinazione perché la linea era interrotta dai bombardamenti. Il mio bisnonno decise, perciò, di proseguire a piedi fino a Bologna dove venne messo in guardia da alcuni civili che gli raccomandarono di non andare alla stazione perché era assediata dai soldati tedeschi. Lui e alcuni compagni presero, quindi, la coraggiosa decisione di tornare in Sicilia a piedi, aiutati a volte dai civili che davano loro un passaggio per un tratto di strada con i Mio nonno e i suoi compagni in questo viaggio avventuroso trovarono rifugio per la notte in masserie, Cascine, anche in aperta campagna. Per un periodo in Campania lui e i suoi vennero accolti da alcune monache che offrirono loro ospitalità, cibo e pulizia. Poi si rimisero in marcia e fecero la Calabria tutta a piedi fino al paese di Bagnara, in provincia di Reggio Calabria dove trovarono un barcaiolo che in cambio di denaro li accompagnò sulle rive siciliane e precisamente al Faro di Messina. Da lì in poi il viaggio proseguì tranquillamente fino a Barcellona Pozzo di Gotto. In totale l’avventura durò ben 28 giorni! Il mio bisnonno partì dal nord Italia con una folla di persone e arrivò a Bagnara soltanto con pochi compagni. Un’esperienza questa che rimase impressa nella sua mente e lo accompagnò per tutta la vita.
Testimonianza raccolta dalla figlia Anna, Nonna materna di Samanta De Gaetano, nonché figlia di Antonio Molino
Mia nonna è nata nel 1924. Lei racconta che quando c’era la seconda guerra mondiale a una certa ora si dovevano chiudere tutte le luci e oscurare le finestre (coprifuoco) per evitare che gli aerei bombardassero la città Si aveva molto terrore che una bomba potesse colpire la casa e il cibo scarseggiava.
Christian De Pasquale
–Cosa ricordi della Seconda Guerra Mondiale?
Ricordo che suonava l’allarme che segnalava l’arrivo degli aerei che bombardavano noi ci nascondevamo nelle grotte scavate nella pietra, su nelle colline, in campagna.
–Cosa faceva tuo padre?
Mio padre è partito per la guerra, fu fatto prigioniero, catturato mentre scavava delle trincee e condotto in Germania in un campo di concentramento.
-Cosa facevi tu?
Quasi alla fine della seconda guerra mondiale, quando già gli americani ci avevano liberato, ho incontrato un soldato americano con cui ho barattato un pane di grano in cambio di un grammofono e della cioccolata
-Cosa mangiavano gli americani?
Alla fine della guerra qualche volta mia madre ha cucinato per loro i maccheroni fatti in casa
Avete mai rischiato la vita?
-Sempre si rischiava la vita quando c’erano i bombardamenti. Ma ricordo in particolare di una volta quando un aereo inizio a mitragliare sul treno su cui ci trovavamo e noi rischiammo di essere colpiti
-Siete fuggiti da Barcellona PG?
Sì il giorno dopo che rischiammo la vita decidemmo di andare via e di ripararci in montagna, a Librizzi
Vittoria Giunta
Le truppe alleate stavano arrivando a Barcellona che era invasa da fumo e fuoco a causa dei bombardamenti degli aerei americani. Durante il periodo dei bombardamenti tutte le famiglie si allontanarono dalla città per cercare rifugio nelle frazioni collinari vicine. Durante un bombardamento alcune famiglie volevano ripararsi dietro un alto muro ma un soldato glielo sconsigliò così andarono a ripararsi in una grotta lì vicino. Dopo un po’ il muro sotto il quale volevano ripararsi crollò proprio a causa di una bomba. Per fortuna che i miei parenti ascoltarono il consiglio di quel soldato! Per un po’ di tempo questo gruppo di persone, composto da circa una trentina di elementi, soprattutto donne, bambini e anziani, si riparò nella grotta. Ovviamente si stava in pessime condizioni e c’era la fame. Poi una signora del gruppo ebbe due gemelli ed il marito fu congedato dalla guerra. Egli, grazie alla sua esperienza militare riusciva a prevedere il pericolo e a prevenirlo. Tra queste 30 persone c’era una famiglia di Milazzo che aveva il figlio disperso in guerra e di lui non si avevano più notizie. Un giorno il padre andò in esplorazione e tra un folto gruppo di cespugli trovò un ragazzo tutto sporco, ferito e malandato, lo portò nella grotta per curarlo e quando fu lavato e pulito dalle ferite si scoprì che era proprio il figlio che era scappato dalla guerra. La signora anziana che mi ha raccontato questa storia mi ha detto, inoltre, che un aereo bombardiere che volava a bassa quota è riuscito addirittura a buttarla a terra, il fratello si mise a gridare pensando che fosse morta, fortunatamente invece era solo svenuta
Filippo Garofalo
–Mi vuoi raccontare cosa ti ricordi della Seconda Guerra Mondiale?
Ricordo che venivano gli apparecchi a bombardare; anche su Crevalcore son venuti. Suonava l’allarme e scappavamo tutti in campagna Poi gli aerei arrivavano e bombardavano con un gran frastuono. Quando erano passati tornavamo a casa. Purtroppo passavano spesso perché a Crevalcore c’era un’importante stazione ferroviaria: la linea ferroviaria del Brennero.
Poi c’erano i tedeschi che, dopo l’armistizio di Badoglio, nel 1943, avevano invaso il paese.
Qui da noi gli americani arrivarono quasi alla fine della guerra e ci liberarono dalla guerra dai tedeschi.
-Quanti anni avevi durante questo periodo?
Diciamo dai 14 ai 19 anni.
–Tu andavi a scuola quando c’era la guerra?
No, io avevo già finito: avevo fatto le 5 anni della scuola elementare i 3 anni della scuola professionale.
Quando andavi a scuola portavi una divisa?
Quand’ero piccolina avevamo la divisa da piccola italiana quando c’era ancora il fascismo, perché devi sapere che prima della guerra in Italia c’era un partito che si chiamava partito fascista. E allora c’era la divisa; le bambine e le ragazze eravamo vestite tutte uguali: avevamo una gonna nera plissettata e una camicetta bianca…ma li ero più piccola, è stato prima della guerra.
Che canzoni cantavate a scuola?
Cantavamo “Giovinezza”: giovinezza, giovinezza, primavera di bellezza, me la ricordo ancora… era il nostro inno.
-La mamma mi ha raccontato che quando tu eri piccola, durante la guerra, i tedeschi hanno preso alcune case a Crevalcore…
Sì, è vero c’erano dei tedeschi che ci avevano requisito l’appartamento.
-E cosa facevano lì?
Facevano quello che fanno i militari: lo usavano come caserma, avevano il telefono, parlavano con i superiori, portavano lì la gente…
-La mamma mi ha anche raccontato che hanno bombardato la casa della tua vicina
Sì, non era proprio una bomba ma un frammento…comunque ha fatto danno.
-Ricordi quando l’Italia venne liberata dai tedeschi?
Ricordo che arrivarono gli alleati e i tedeschi, quei pochi rimasti, scappavano verso la loro casa e molti morirono e annegarono nel Po, tentando di attraversarlo a nuoto perché c’era il ponte era stato distrutto e non si sapeva come attraversarlo. È stato un gran disastro… me lo ricordo.
–Com’era il cibo, ce n’era tanto o scarseggiava?
Sì, scarseggiava tanto, avevamo fame, avevamo la tessera per comprare il pane ma non era quello bianco era scuro cattivo.
-Lì da voi sono molte persone?
No da noi è morto qualcuno solo per i bombardamenti. Più che altro morivano i soldati in guerra o nelle grandi città.
-Nella tua zona c’erano i Partigiani?
Sì c’erano, nascosti nei boschi, loro nascondevano i nostri soldati e organizzavano sabotaggi contro i tedeschi.
Tu conoscevi qualche partigiano?
Direttamente no, però poi abbiamo saputo che stavano nascosti.
-Tu aiutavi le donne partigiane a portare messaggi cibo?
No non ho mai avuto occasione di farlo perché era rischioso e pericoloso.
Marta Calabrò intervista la sua nonna che vive in Emilia Romagna
Quando la maestra ci chiese di fare un’intervista a una persona che visse la seconda guerra mondiale, pensai subito a chi rivolgermi: a mia nonna!
A lei piace molto raccontare e se le fai una domanda inizia a spiegare tutto nei minimi dettagli.
Le chiesi: “Cosa ti ricordi in particolare della guerra?” lei mi rispose raccontando una lunga e brutta esperienza: “Avevo 5 anni, ero molto piccola ma ricordo perfettamente cosa successe quella notte: dopo qualche giorno che nonno Ottavio partì, iniziarono i bombardamenti. Le bombe venivano lanciate dall’alto, dagli aerei e, quando colpivano terra, esplodevano in modo molto violento e da esse partivano dei pezzi di ferro incandescenti. Una volta dei miei cugini, in cerca di rifugio, si riunirono nella nostra casa, ci nascondevamo tutti sotto i letti per poterci proteggere dalle bombe.
Un giorno, dopo che era passato un po’ di tempo dall’impatto di una bomba, la mia cuginetta disse alla mamma:” Andammo a controllare e trovammo un pezzo di ferro incandescente nel muro.
Per evitare pericoli decidemmo di andare in campagna, nel vigneto, da lì passavano molte persone per fuggire.
Un giorno arrivarono finalmente i liberatori: davanti alla casa passavano carri armati, e soldati alleati marciando…non ci successe niente ma mi ricordo molto bene un vecchietto che durante i bombardamenti guardava sempre gli aerei. Un brutto giorno un aereo bombardiere, buttò una bomba e lui fu colpito da una scheggia e schiacciato dalle macerie delle case che gli crollarono addosso.
Chiara Munafò