Un convegno della Pro Loco “Manganaro” per ricordare il poeta italo-argentino Antonio Aliberti
Si tratta di un tributo a un concittadino barcellonese costretto ad emigrare nel 1951 in Argentina, che fece dell’esilio uno stato d’animo che lo spinse ad accettare con dignità la precarietà del vivere e uno stimolo per alla rivolta etica, se non sociale
La Pro Loco “Manganaro”, da sempre impegnata nella valorizzazione delle risorse umane del proprio territorio, organizzerà nel mese di giugno un convegno per ricordare la figura dell’artista italo-argentino Antonio Aliberti, le cui poesie sono state tradotte in Italia, Francia, USA, Portogallo e Grecia. Aliberti è presente, inoltre, in quattordici antologie in edizioni argentine e in dodici in varie parti del mondo.
Poeta, critico letterario, traduttore, animatore culturale è nato a Barcellona Pozzo di Gotto il 15 dicembre del 1938 nel quartiere Marsalini. Costretto ad emigrare nel 1951 in Argentina per sfuggire alla situazione di povertà successiva dalla seconda guerra mondiale, ha sperimentato ben presto sulla sua pelle la condizione dell’esilio.
L’inguaribile ferita della condizione di esule fece sentire Aliberti un apolide (solo nel 1984 si naturalizzò argentino). Tuttavia, tale stato d’animo lo spinse ad accettare con dignità la precarietà del vivere, in balia dei capricci degli uomini e del destino, che spesso fanno scindere il singolo dalla società, senza riuscire, però ad abbatterlo, ma anzi suscitando in lui lo stimolo alla rivolta etica, se non sociale.
Temi della sua poesia sono la fugacità del tempo, la dissonanza tra realtà e apparenza, l’amore impossibile e indispensabile, il pianto, la morte, la vita, la soledad. “L’originalità della sua poetica, sintetica e metafisica – ha sottolineato in un suo scritto il professore Gino Trapani, presidente onorario della Pro Loco “Manganaro” – consiste nella capacità di introdurre nell’essenza tragica del vivere nella modernità il sentimento del contrario (di matrice pirandelliana), o l’ironia caustica, senza farsi coinvolgere nel nichilismo, che – in forme morbide o tragiche – ha contraddistinto il postmoderno degli ultimi decenni del Novecento.
Antonio Aliberti non è stato un poeta in trincea (come ha scritto Albert Luis Ponzo), non ha fatto della denuncia lo strumento del suo impegno, ma con occhio vigile e con un linguaggio misurato e quotidiano ha testimoniato – da agente scrutatore di se stesso e della società – le contraddizioni e il malessere dell’esistenza. Lo ha fatto con tono fatidico e la sua poetica, senza essere patetica e senza ricorrere a forme altisonanti, ha attraversato la fatalità di ogni destino umano, riprendendo allegoricamente il mito omerico di Achille, prototipo dell’eroe valoroso, la cui invulnerabilità è soltanto una maschera che nasconde la sua condizione di mortale. Il pianto di Achille interiorizzato da Aliberti (come spiega Gribodo) è lucidità, stato di grazia, che consente al poeta di prendere consapevolezza di essere legato ad una condizione complessa e ambivalente, ad un destino irrinunciabile e incomprensibile, comune a tutti, che costringe ad essere uomini, nonostante il dolore e la sconosciuta marea che agita le coscienze”.
Tra le opere poetiche di Aliberti ricordiamo Poemas (1972), El hombre y su Caliz (1973), Trafico (1974), Ceremonia intima (1975), Cuestion de peil (1978), Estar en el mundo (1978 / 79), Mareas del tiempo (1981), Lejanas hogueras (1983 – Lontani falò, bilingue), Limites posibiles (1983), Cuartos contiguos (1986), Todos recordaron a Casandra (1987), Antologia breve (1991), Delicado equilibrio (1991), Apuntes de veinte anos (1991), La mujer que llegò al atercer (1992), Nessun major dolor, Incierta vocacion (1994), Entre la utopia y el compromiso. A cierta Altura (postumo).
E’ stato cofondatore del Gruppo Robert Arlt, di cui fu direttore dal 1972 al 1983. Ha diretto la pubblicazione della Rivista bilingue “Poesia internazionale ZUM ZUM” (1979 – 1983) – facendo conoscere poesie di autori italiani, spagnoli, latino americani, greci, oltre a curare traduzioni di autori latino americani e italiani (tra gli altri, Dino Campana, Francesco De Palma, Cesare Pavese, Ferdinando Camon, Bartolo Cattafi, Umberto Eco). Ha tradotto su La Nacion articoli di Umberto Eco. Ha pubblicato due Antologie bilingui (con saggi critici, testo a fronte e traduzioni di A. Aliberti): “Un siglo de poesia italiana (1891 – 1997)” e “La poesia italiana en el tiempo” (dal Medioevo ai nostri giorni), 1999, selezione di testi di letteratura italiana da lui scelti e tradotti in castigliano.
Numerosi sono stati i riconoscimenti da lui ottenuti in tutto il mondo. E’ stato insignito di numerose onorificenze e premi in Argentina, Mar de la Plata, Spagna (Palma de Maiorca), Italia (Palermo, Perugia, Messina), per le raccolte poetiche Lejanas hogueras (Lontani falò), Limites posibiles, Quartos contiguos. Per Todos recordaron a Casandra ha ricevuto il Primo Premio nel Ventesimo Anniversario della Fundation Argentina para la Poesia. La raccolta Incierta vocacion ottenne il Premio “Pigmalion” a Parigi.
Ha ricevuto molti attestati di stima anche per la sua attività di ricerca e per la diffusione della cultura d’Italia e di Argentina. Tra gli altri, nel 2000 è stato insignito a Sanremo in Italia del Premio “Montale”. E’ morto in Argentina subito dopo il suo rientro dall’Italia.