lunedì, Dicembre 23, 2024
Parliamo di....Scienza

MTBE

Affrontare lo studio di una disciplina con attenzione e impegno è importante perché fa capire a noi studenti che imparare qualcosa di nuovo, oltre ad arricchire le nostre conoscenze, fa diventare noi stessi qualcosa di nuovo.

Studiando gli “eteri”, una classe di composti organici il cui gruppo funzionale è costituito due atomi di carbonio uniti da uno di ossigeno (R – CH2 – O – CH2 – R’), mi ha incuriosito particolarmente uno di essi: il Metil-t-Butil Etere, conosciuto come MTBE, soprattutto perché il professore di chimica organica ci ha assegnato una ricerca su di esso. Aver conosciuto gli effetti di questo composto, mi ha fatto capire quale potrebbe essere uno dei campi lavorativi nei quali può trovare lavoro uno studente che come me conseguirà il diploma di “perito chimico, articolazione biotecnologie ambientali”. Ora vi racconto del Metil-t-Butil Etere, del suo utilizzo, degli effetti che provoca sull’ambiente e come poterlo risanare dalla sua contaminazione.

Il Metil-t-Butil Etere è un composto organico di sintesi, impiegato dagli anni ‘70 come additivo per la benzina, così da aumentarne il numero di ottani (indice della resistenza alla detonazione), in sostituzione del piombo tetraetile e del benzene.

Infatti, l’MTBE è stato uno dei componenti più utilizzati per riformulare le benzine, grazie al suo basso costo e alla tossicità inferiore a quella del piombo tetraetile e del benzene. Utilizzato come antidetonante in tutte le benzine verdi, oggi lo si trova in percentuali che vanno dal 7% al 12%.

La sua alta solubilità in acqua lo rende rischioso per le falde acquifere, infatti, il valore medio di solubilità in acqua degli idrocarburi non è maggiore di 0,15 g/l, mentre la solubilità in acqua del MTBE è di circa 50 g/l. Proprio per questo il Il D.M. nº 31/2015 stabilisce il limite per MTBE ed ETBE nelle acque di falda in 40 µg/l.

Quando la contaminazione colpisce solo il suolo, grazie all’alta tensione di vapore e alla scarsa affinità di assorbimento dell’MTBE, ci sono due tecniche di bonifica molto efficaci: estrazione di vapori dal suolo e deadsorbimento termico a bassa temperatura.

Nei casi in cui, invece, penetra nelle falde acquifere il problema diventa molto più grave in quanto, in assenza di processi di bonifica o di rimozione, l’MTBE può persistere nell’ecosistema e l’uso potabile o irriguo delle acque contaminate ne causa l’entrata nella filiera alimentare.
Nonostante non ci sia ancora un vero e proprio metodo di rimozione che agisca al 100%, Biosearch Ambiente ha messo a punto un sistema di biorisanamento in situ in grado di risolvere le contaminazioni di MTBE nelle acque; esso si basa sullo sfruttamento del metabolismo di batteri ambientali autoctoni della matrice ambientale da decontaminare.

L’MTBE viene, infatti, utilizzato da questi microrganismi come fonte di carbonio ed energia, sia in ambienti aerobici sia in ambienti anaerobici.

È quindi necessario supportare la crescita dei batteri degradatori attraverso nutrienti bilanciati ed eseguire un regolare monitoraggio della falda, per controllare le condizioni fisico-chimiche ed evitare l’accumulo di prodotti di degradazione tossici quali il terz – butanolo (TBA).

 

Viviana Basile IV D BA

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.