“MUSEO E TEATRO” A MESSINA
Il 20 gennaio, con un gruppo di compagni delle classi V e III dell’istituto “Isa Conti Eller Vainicher”, abbiamo partecipato al progetto “Museo-Teatro”, visita culturale a Messina, che prevedeva la visita del “Mume” e la visione dello spettacolo teatrale “Enrico IV” presso il teatro “Vittorio Emanuele”.
La prima parte del progetto si è infatti svolta all’interno del rinnovato Museo Regionale di Messina (MuMe), abbiamo preso parte ad un interessante viaggio attraverso i secoli, seguendo un percorso espositivo che ci ha permesso di “toccar con mano” tutti i campi artistici, dai mosaici alla scultura, dalla pittura antonelliana a quella fiamminga. Durante questo itinerario il tempo si è letteralmente fermato, soprattutto quando abbiamo ammirato i capolavori di Caravaggio: “Adorazione dei pastori” e “Resurrezione di Lazzaro”, che il museo di Messina può vantare, nonostante il devastante terremoto del 1908. La visita ci ha coinvolto anche grazie alla sapiente guida della dott.ssa Simona Oteri, che ci ha accompagnati per quasi tre ore alla scoperta delle radici culturali della terra che tanto amiamo.
Questa esperienza resta comunque indimenticabile anche grazie alla serata trascorsa a teatro: quale occasione migliore per apprezzare Luigi Pirandello se non quella di vedere rappresentata una delle sue opere più note? Giunti al “Vittorio Emanuele” di Messina abbiamo ammirato il magnifico affresco di Colapesce, realizzato nel 1985 dal pittore Renato Guttuso, che per la sua bellezza ci ha catturati non appena ci siamo seduti in prima galleria.
Inscenata per la prima volta nel 1922, “Enrico IV” è l’emblema di una produzione teatrale che rispecchia i temi cardine di una letteratura senza eguali. L’opera teatrale, appartenente alla categoria del metateatro, coniuga infatti la tecnica della “rottura dell’illusione scenica” al tema onnipresente della ricerca di un’identità nella finzione letteraria. Il protagonista dell’opera, Enrico IV di Germania, rappresentato dallo stesso regista Carlo Cecchi, è infatti vittima di sé stesso. Rimasto coinvolto in un incidente a cavallo durante una mascherata, batte la testa e la sua mente rimane fissata nel personaggio che stava fingendo di essere: Enrico IV. Il protagonista viene circondato da una serie di consiglieri ben pagati dal nipote per assecondare la finta realtà, creatasi per la malattia. Ma Enrico, in un primo tempo realmente sofferente, è consapevole del suo vero ruolo e in un certo senso si compiace della condiscendenza che gli viene riservata nella sua illusione. Preferisce sopravvivere nella finzione che soffrire nella realtà.
Nell’ultimo atto Enrico IV prenderà però coscienza della sua amara situazione e in un attimo perderà il controllo, pugnalando a morte colui che era stato rivale in amore a questo punto è costretto a fingere per sfuggire alla prigione. “ora sì. per forza… qua insieme, qua insieme. E per sempre!”
Senza mettere mai da parte l’umorismo, Pirandello crea una figura carica di pathos che lascia spiazzati gli spettatori nella sua imprevedibilità.
“Con Pirandello ho un rapporto doppio: lo considero, come tutti, il più grande autore italiano. E anche il più insopportabile. Ma Pirandello è un punto focale, un nodo centrale nella tradizione del teatro italiano e va affrontato col rispetto che gli si deve”. Queste le parole del regista Carlo Cecchi sull’opera di Pirandello. ” Enrico IV” è infatti un’opera teatrale che, oltre a svelare i trucchi del teatro, mette in luce la “precarietà” stessa del teatro come della realtà. Si parla infatti di finta realtà, nella quale crediamo di essere veri, e vera illusione, quel ruolo che interpretiamo convinti di essere gli “unici veri”. Il regista, con un costante richiamo all’attualità nella reintrepretazione del copione, ricorda continuamente al pubblico che è tutta una finzione, compreso il copione. Singolare la frase di chiusura, che per ultimo ha stupito il pubblico: Enrico IV, l’omicida, dice alla sua vittima, Belcredi, di rialzarsi, poiché avrebbe dovuto reinterpretare la stessa scena il giorno seguente.
Siamo quindi tutti attori di un’unica finzione letteraria il cui copione è dettato da quell’ insieme di convenzioni cui siamo tenuti a sottostare, e colui che sceglie consapevolmente di evadere da questa “finta realtà”, Enrico IV, rimane succube di un’etichetta indelebile: la follia.
Mariagrazia Natoli e Matteo Greco III liceo scientifico