lunedì, Dicembre 23, 2024
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Come Dante in esilio nel mondo

“Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui e come è duro calle lo scendere e ‘l salir per altrui scale” (Dante Alighieri, Paradiso XVII). Così si espresse Dante sulla condizione dell’esule nel “Paradiso” della “Commedia”. Il richiamo è certamente alla sua esperienza di esilio politico, che lo spinse più volte a confrontare la sua vita cittadina con quella di poeta di corte, ma effettivamente è una considerazione che può essere attualizzata anche nel mondo odierno globalizzato. Il poeta fiorentino capisce come l’esule debba sempre chiedere ospitalità, offrire riconoscenza, quasi con un legame d subordinazione con quelli che lo accolgono e lo difendono. Le motivazioni che hanno portato vari personaggi della Storia, quali Cicerone, Dante stesso e oggi Fethullah Gülen, all’esilio sono le più disparate, ma sotto alle accuse formali si cela una paura, quella del libero pensiero.

Fethullah Gulen (AP Photo/Chris Post)

Questi tre personaggi (solo per citarne alcuni) hanno vissuto sotto dei governi autoritari, che hanno cercato in ogni modo di ostacolare ribellioni da parte della popolazione, impendendo la libertà di pensiero e di espressione. L’unica vera strada per sottomettere una popolazione è quella di privarla della cultura, che la porterebbe ad avere un pensiero critico, magari avverso a quello del tiranno. Dante, che potrebbe essere la figura dell’esule politico, è stato cacciato poiché pensava e conseguentemente analizzava lo stato politico delle istituzioni cittadine, comprendendone i limiti e le problematiche. Non sceglie di scagliarsi apertamente contro le fazioni nemiche, Guelfi neri e Ghibellini, ma decide di ascoltarle durante il suo esercizio delle cariche pubbliche, provando a costruire un dialogo, anche con chi la pensava in modo differente. Questa voglia di unire e di costruire insieme non era vista bene dai Guelfi neri, che nel caso di Dante, facevano la parte dei sovvertitori delle istituzioni. Vico definiva la storia un ripetersi di eventi con protagonisti differenti, attraverso la sua teoria dei “Corsi e ricorsi storici”.

Cicerone

Effettivamente l’atteggiamento di Cesare non si discosta tanto da quello dei Guelfi, volti apprendere il potere con ogni mezzo. Personaggi come Cicerone e Dante risultano fastidiosi, poiché hanno la capacità di emergere tra il pensiero comune, acquisendone uno proprio. Rispettando la teoria di Vico, notiamo come sia simile il motivo che li ha portati a distinguersi; una solida cultura che spazia nei vari campi del sapere. “Ahi, piaciuto fosse al dispensatore de l’universo che la cagione della mia scusa mai non fosse stata” (Dante Alighieri, Convivio I). Sempre citando il poeta toscano, notiamo come lui rimpianga che non fossero state accolte le sue difese. Questa frase cela un altro significato, poiché è rivolta a Dio e non ai signori fiorentini. Lui è consapevole che non sarebbe stata accolta, perciò invoca il Signore per cambiare la predisposizione d’animo dei suoi accusatori, Non vi è rimpianto, poiché sa che anche se fosse rimasto non avrebbe avuto un ruolo centrale nella vita cittadina. Questo poiché stava instaurandosi un’oligarchia, la degenerazione dell’aristocrazia per Cicerone (“De re pubblica”) Questo genere di governo, non è arcaico, bensì è ancora visibile nella gestione di alcuni Stati moderni. Ad esempio in Russia, in Cina, in Turchia e nella Corea del Nord non è concepita l’esistenza di più verità, di pensieri tanto diversi quanto egualmente giusti, l’unica linea da seguire è quella del leader. Tutti i dissidenti vengono etichettati come “sovversivi”. Il primo a parlare di pluralità di pensiero fu Protagora all’epoca di Pericle, eppure nel mondo globalizzato ancora non è stato recepito questo concetto. Facendo un’analisi più profonda, probabilmente ciò non è avvenuto poiché il mondo globale tende a vedere più verità, ma si tende a selezionarne una come giusta e a disprezzarne tutte le altre. È quello che accade in un certo senso anche nella nostra scena politica, dove il confronto non è ricercato, perché spesso i leader dei vari partiti credono realmente di possedere una verità assoluta, che non esiste.   Anche il mondo dantesco vive di dogmi, poiché l’unica istituzione che detiene il sapere, la Chiesa, sta attenta ad amministrarlo, tramandando solo ciò che poteva essere diffuso. Proprio in questo contesto la figura dell’esule torna fastidiosa; questo proverà in ogni modo a diffondere anche a distanza il suo pensiero, mettendo in guardia circa la degenerazione di una situazione sociale in essere. La popolazione che non viene allontanata è considerata inerme, non sufficientemente dotata di cultura per difendere la propria libertà. Su questo tema Orwell ha scritto l’opera “La Fattoria degli Animali”, in cui una volta cacciato l’unico pensante, risulta semplice cambiare leggi e regole a proprio piacimento. La pakistana Malala in un discorso al palazzo di vetro dirà che il peggior nemico del tiranno, del despota è una piccola matita ed un quaderno. Le opzioni militari non sempre portano alla soluzione, poiché il lavoro deve cominciare dai cittadini. Imporre la democrazia non è possibile se non vi è una cultura democratica radicata nel pensiero della popolazione, perché questa necessita come principio basilare il riconoscimento del pluralismo della diversità. In fondo gli esuli sono coloro che comprendono la diversità dell’essere, ma non la rinnegano. L’originalità di uno Stato deriva certamente dall’unione di più pensieri, che non devono essere imposti mediante “la forza delle nostre idee, non con l’idea della nostra forza” (Clinton, ex presidente U.S.A, convention democratica 2008).

“Perch’i no spero di tornar giammai, ballatetta, in Toscana” (G. Cavalacanti, Perch’i no spero di tornar giammai), è la risposta ferrea di Cavalcanti al pensiero di tornare in patria. Emerge la consapevolezza che non vi sono le condizioni per tornarci e viverci liberamente. Proprio la voglia di libertà, di non chinare il capo, è una caratteristica propria dell’esule, forse anche di ognuno di noi. Spesso però non abbiamo i mezzi per discernere, selezionare e quindi prendere una posizione, che solo il sapere e la cultura ci possono dare

Luca Maria Favazzo III liceo scientifico

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