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Adolf Hitler è veramente morto il 30 aprile 1945?

Quando si fa riferimento al passato convengono alla mente numerosi quanti infiniti personaggi che in un modo o nell’altro hanno lasciato un segno nella storia dell’umanità.

Uno di questi personaggi non può che essere Adolf Hitler, il celebre tiranno di origini austriache che, da semplice ragazzino venditore di giornali, arrivò a rendersi protagonista di una delle più grandi catastrofi della storia.

Quella di colui che fu cancelliere e “Fuhrer” della Germania dal 1932 al 1945, è una delle più macabre e controverse figure. Dalla fondazione del Partito Nazionalsocialista alla dittatura nazista, dall’elaborazione delle teorie antisemite ad Auschwitz, dalla firma del Patto d’Acciaio alla Seconda Guerra Mondiale. Hitler è sicuramente stato uno degli uomini che ha maggiormente influito nel nostro mondo. Ed è proprio per questo che ancora a oggi, il Fuhrer si trova al centro di accesi dibattiti e di notevoli indiscrezioni, tra cui quelle sulla sua morte. Una morte passata alla storia come un suicidio avvenuto nel Fuhrerbunker di Berlino il 30 aprile 1945 una volta resosi conto della sconfitta dell’esercito tedesco per mano dei sovietici, ormai giunti a pochi chilometri dal bunker.

Sempre la storia racconta che Hitler si suicidò insieme alla neomoglie Eva Braun ingerendo una capsula di cianuro e poi, servendosi di una pistola, spararsi alla tempia.

Il 2 maggio le truppe sovietiche assalirono il bunker contaminando la scena del crimine e spedirono due corpi carbonizzati a Mosca.

Il 17 luglio, però, alla conferenza di Postdam Stalin riferì agli altri leader mondiali che, secondo la sua opinione, “Hitler poteva essere fuggito” e che quindi, nessuno dei due corpi poteva essergli attribuito.

Questa suggestione di Stalin è stata possibile confermarla soltanto nel 2009, quando i russi hanno dato permesso ad un gruppo di scienziati americani di esaminare il presunto cranio di Hitler. L’esame del DNA ha rilevato che quei resti appartenevano ad una donna, confermando la teoria dell’ex leader sovietico.

Nel 2014 sono stati desecretati dall’FBI oltre settecento pagine di documenti fino ad allora “top secret”, da cui si apprende di migliaia di avvistamenti di Hitler in molteplici parti del mondo, mesi e anni dopo la sua presunta morte.

Successivamente alla loro desecretazione, i documenti, accessibili liberamente dal web, sono stati esaminati e presi in considerazione da un team di ricercatori specializzati guidato da un ex agente della CIA. Dall’attenta analisi è emerso che l’8 maggio 1947, il direttore dell’FBI e gli ufficiali dell’esercito americano in Germania non erano ancora riusciti a localizzare il corpo di Hitler e nessuna fonte affidabile ne confermava la morte.

I ricercatori hanno scoperto inoltre, che circa due anni dopo la guerra, quando la morte di Hitler sarebbe dovuta essere una questione chiusa, in realtà era ancora in corso più di un’indagine per ritrovarlo.

Ma perchè la teoria della fuga non trovò molta importanza e interesse settantatré anni fa? Sicuramente perchè nel 1945, dopo sei anni di guerra e sessanta milioni di morti, la gente voleva solo che la guerra avesse fine. A chi poteva importare che fine avesse fatto realmente Hitler?

Si sono fatte molte teorie su quella che potrebbe essere stata la fuga di Hitler da Berlino quel 30 aprile 1945 ma tutte sembrano convenire ad un unico finale: Hitler fuggì e trovò protezione in Sud America, precisamente in Argentina. Meta preferita e raggiunta da altri famosi gerarchi nazisti tra i quali Adolf Eichmann e Josef Mengele. Gli stessi ricercatori hanno elaborato questa teoria ripercorrendo le varie tappe che Hitler potrebbe aver fatto. Il loro viaggio è stato racchiuso e raccontato in un documentario messo in onda su un importante canale storico.

Qualunque sia stata la vera fine di Hitler, importa relativamente oggi. Quello che veramente importa è che il capitolo del Fuhrer rimanga solo una raccapricciante e macabra parte nera della nostra storia. Un capitolo che, non dovrà mai essere dimenticato, per evitare il rischio di ricadere negli stessi errori e per sfatare la fatidica frase secondo cui “la storia si ripete sempre due volte”. 

Vacca Michele 5BEC

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