Ricordiamo…per non dimenticare
[aesop_quote type=”block” background=”#282828″ text=”#ffffff” width=”content” height=”auto” align=”center” size=”1″ quote=”Meditate che questo è stato: Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore. Stando in casa andando per via, Coricandovi alzandovi; Ripetetele ai vostri figli.
” cite=”Primo Levi” parallax=”off” direction=”left” revealfx=”off”]
Il 27 gennaio è stato scelto dall’ONU come “il giorno della Memoria” per commemorare le vittime del nazismo, dell’Olocausto e in onore di coloro che, a rischio della propria vita, hanno protetto i perseguitati.
L’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 1° novembre 2005 ha stabilito di celebrare il Giorno della Memoria ogni 27 gennaio perché in quel giorno del 1945 le truppe dell’Armata Rossa, impegnate nella grande offensiva oltre la Vistola in direzione della Germania, liberarono il campo di concentramento di Auschwitz.
L’ apertura dei cancelli di Auschwitz e le testimonianze dei sopravvissuti rivelarono al mondo intero l’orrore del genocidio nazista: milioni di uomini, donne e bambini perseguitati con le leggi razziali e poi strappati alla loro vita e portati nei lager da dove in pochi sono tornati e, se tornati, non più in grado di dimenticare!
Fra il 1939 e il 1945 oltre 6 milioni di ebrei, uomini, persone appartenenti alla razza umana, vennero sistematicamente uccisi dai nazisti del Terzo Reich con un unico obiettivo: creare un mondo più “puro” e “pulito”. Alla base dello sterminio vi era una ideologia razzista e specificamente antisemita che affondava le sue radici nel XIX secolo e che i nazisti, a partire dal libro Mein Kampf, “La mia battaglia” di A. Hitler, avevano posto a fondamento del progetto di edificare un mondo “purificato” da tutto ciò che non fosse “ariano”.
A quella che in nazisti definivano “soluzione finale” si arrivò attraverso un processo di progressiva e spietata emarginazione degli ebrei dalla società tedesca: dalla notte dei cristalli, alla ghettizzazione, allo sterminio sistematico.
L’apertura dei cancelli di Auschwitz mostrò al mondo intero non solo molti testimoni della tragedia, ma anche gli strumenti di tortura e di annientamento utilizzati dentro quel lager nazista che, insieme ai tanti campi di concentramento e di sterminio, costruiti soprattutto in Europa orientale, a Dachau, Bergen Belsen, Mauthausen, rappresentavano tasselli di un sistema pianificato nei minimi dettagli: vere e proprie fabbriche di morte.
Forse questa è la pagina della nostra storia recente su cui si è scritto di più. Pagine e pagine sul sonno della ragione che ha generato mostri: documentari, film e dibattiti hanno contribuito a mantenere vivi in noi sentimenti di strazio e di sgomento per quanto è stato commesso da un uomo al suo stesso simile, paragonabile solo ad una discesa negli abissi dell’umanità e, pertanto, inconcepibile per tutti coloro che intendono la storia un progressivo cammino di evoluzione e civiltà.
Eppure tanti sono stati i tentativi di negare la realtà storica della Shoah, documentata da fonti e testimonianze che possiamo ancora oggi sentire dalla viva voce di coloro che sono sopravvissuti e che, oggi, sono sempre di meno per ovvi motivi cronologici.
L’Italia ha anticipato di 5 anni la risoluzione dell’ONU insieme a numerosi altri Paesi che avevano già istituito giornate commemorative nazionali per il 27 gennaio, come il Regno Unito nel 2001, prevedendo con la Legge 21 del luglio 2000, l’organizzazione di incontri ed eventi commemorativi e di riflessione nonchè la necessità di rifiutare in modo chiaro qualsiasi tentativo di negazione dell’Olocausto come evento storico, chiedendo peraltro che i luoghi che un tempo ospitavano i campi di concentramento, di lavoro e di sterminio venissero conservati.
Il giorno della memoria non è pertanto un omaggio alle vittime ma un riconoscimento pubblico collettivo di un fatto particolarmente grave di cui l’Europa è stata capace e a cui l’Italia, in un clima di pavida indifferenza, ha collaborato. Nel 2001 il teorico e saggista Tzyetan Todorov nel libro Memoria del bene, tentazione del male scriveva che “la singolarità del fatto non impedisce l’universalità della lezione che se ne trae”: vale a dire che la memoria della shoah non riguarda soltanto il popolo ebraico ma l’intera umanità, perché da questi avvenimenti si possono trarre insegnamenti.
Tentare di preservare con tutta la forza di cui siamo capaci il nostro futuro ma soprattutto rendere giustizia al passato è anche il contenuto del discorso della neo-senatrice Liliana Segre, deportata nel 1944 da Milano al campo di concentramento Auschwitz-Birkenau e ad esso sopravvissuta dopo due anni di prigionia.
Nominata il 19 gennaio scorso senatrice a vita dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a 80 anni dalle leggi razziali, per “aver illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo sociale” Liliana Segre nel suo discorso di ringraziamento ha affermato di sentire la grave responsabilità di portare nel Senato della Repubblica delle voci ormai lontane che rischiano di perdersi nell’oblio.
“Salvare dall’oblio quelle storie, coltivare la Memoria, è ancora oggi un vaccino prezioso contro l’indifferenza e ci aiuta, in un mondo così pieno di ingiustizie e di sofferenze, a ricordare che ciascuno di noi ha una coscienza. E la può usare. Continuerò – continua la neo-senatrice- finché avrò forza a raccontare ai giovani l’orrore della Shoah, la follia del razzismo, la barbarie della discriminazione e della predicazione dell’odio. L’ho sempre fatto, non dimenticando e non perdonando, ma senza odio e spirito di vendetta. Sono una donna di pace e una donna libera: e la prima libertà è quella dall’odio“.
[aesop_quote type=”block” background=”#282828″ text=”#ffffff” width=”500″ align=”left” size=”1″ quote=”L’Olocausto è una pagina del libro dell’Umanità da cui non dovremo mai togliere il segnalibro della memoria.” cite=”Primo Levi” parallax=”off” direction=”left” revealfx=”off”]
Franca M. Genovese