martedì, Novembre 5, 2024
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“Giorno della Memoria”

Arlind Kurtulaj e Diego Bianchi della II liceo scientifico

 

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VIVIAMO IN UN ’38 BIS?

 Il 27 gennaio  è la “Giornata della memoria”. Questo giorno   si ripete ogni anno, ma  a volte sembra che non abbia  la forza di indignare abbastanza la gente e di farla riflettere, sembra  che sia  diventato quasi un rito, una sorta di battesimo per toglierci di dosso il “peccato originale” della Shoah.  È preoccupante come ancora oggi in Italia la gente, nonostante sappia benissimo  cosa hanno portato la paura, l’odio, la ricerca di una “purezza nazionale”, continui a cadere in questi errori, come se dentro ognuno di noi ci fosse una parte nascosta, di cui non vogliamo essere a conoscenza, che fuoriesce ogni qual volta sentiamo alla televisione o leggiamo su un giornale di “essere a rischio invasione” e di “doverci preoccupare per gli immigrati che ci rubano il lavoro o ,addirittura, ”che vengono a vivere qui  a nostre spese”.

Oggi è anche l’ottantesimo anno dall’emanazione delle leggi razziali in Italia. Nonostante siano passati molti anni, e nonostante in televisione i vari politici cerchino di rassicurare la gente sul fatto che non siamo un popolo di razzisti, sembra quasi che questo sentimento di odio sia rimasto latente in tutti noi, inizialmente   settentrionali contro meridionali,  più recentemente al nord come al sud contro gli extracomunitari ,come una macchia d’inchiostro che,seppur sbiadita dagli anni, continua a persistere. Le leggi razziali sono state uno degli sbagli commessi dall’Italia nello scorso secolo, e, nonostante ciò, continuiamo ad assistere all’uso della parola “razza”, senza affrontare con la dovuta serietà e preoccupazione l’argomento. Il semplice fatto che questa turpe parola venga ancora utilizzata pur comprendendo ciò che abbia causato in passato, dovrebbe far riflettere e mobilitare il popolo italiano, il quale cade sempre nello sciocco errore di pensare che un evento del passato rimanga tale e non possa ripetersi nel futuro. In realtà basta leggere e le notizie di cronaca e di politica per rendersi conto di come questa realtà non sia così lontana da noi come crediamo. Ritengo, quindi, che una semplice giornata non basti per far arrivare a tutti il significato e il retroscena orrido, intriso nella parola Shoah e che bisogni insegnare a chiunque a “vedersi l’un l’altro come esseri umani” (David Grossman)e non come “razze” diverse.  Inoltre è angosciante come i “riflettori dei telegiornali” siano puntati maggiormente sulle cattive azioni dei migranti, e non su quello che succede in nazioni come la Turchia, dove i vari stati pagano   per fermare i profughi siriani e mantenerli in nonluoghi troppo simili a campi di concentramento, oppure   in Libia, dove i migranti sono venduti   come schiavi a Sabratah e Tripoli. È come se la gente non voglia conoscere o non voglia ribellarsi    all’ indifferenza che è stata una delle cause della Shoah e degli orrori annessi. Non interessarci della sofferenza di un popolo perché non ci riguarda da vicino è una delle cose più comode da fare, ma successivamente, quando toccherà a noi “non ci sarà più nessuno pronto a protestare”.  Il razzismo è uno dei problemi che colpisce la nostra società egoista, che pone il proprio bene al primo posto, senza preoccuparsi di quello collettivo. La discriminazione, sebbene venga negato, è presente in ogni singola comunità, sia essa piccola o grande, per la paura di confrontarsi con un qualcosa di diverso e di integrarlo, per mantenere un “finta purezza” che veniva e viene ricercata ed osannata anche da alcuni leader politici. Ognuno di noi sa a cosa ha portato questa superbia nel passato: il popolo spartano si è estinto a causa di una ostinata xenofobia, di un “nazionalismo” che effettivamente li ha decimati e indeboliti lentamente; il popolo romano, arrivato all’apice del successo, ha discriminato la popolazione barbarica ed ha perso il suo rigore, e ciò ha portato ad una inevitabile fine.  Per questo mi sembra ovvio reputare questa “chiusura” folle e controproducente poiché noi stessi, popolo italiano, deriviamo dall’ unione di più culture, quindi è proprio un controsenso cercare di preservare una “razza” nata da un mescolamento di etnie. In conclusione ritengo che il pericolo di razzismo e di discriminazione verso le minoranze in Italia sia presente   e che   la giornata dedicata allo sterminio del popolo ebraico debba servire a farci riflettere su tutti i genocidi della Storia, come quello curdo e armeno, e farci comprendere che mai nessun uomo può sentirsi in diritto di sopraffare e perseguitare un altro uomo.

Diego Bianchi II Liceo Scientifico

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