INFLUENZE CULINARIE DEI NORMANNI IN SICILIA
I Siciliani si sono comportati come vera e propria carta assorbente nei confronti dei vari popoli con cui sono venuti a contatto, hanno preso da tutti un po’ tutto: cromosomi, stili di vita, vocaboli e naturalmente cibi e pietanze, elaborando e arricchendo ad ogni passaggio di dominazioni i piatti di una cucina che oggi si presenta ricca, fantasiosa e raffinata come poche altre.
La presenza dei Normanni in Sicilia arricchì le cucine siciliane della conoscenza delle tecniche per la miglior cottura della selvaggina, contribuendo a completare così il repertorio, già vastissimo, delle preparazioni gastronomiche siciliane.
I Normanni, popoli germanici dell’area scandinava, scoprirono e apprezzarono l’elevato grado di cultura gastronomica che dai Greci agli Arabi si era consolidata nell’Isola. Nel loro lento processo di latinizzazione, la cucina ebbe un ruolo importante, nel senso che i nuovi arrivati furono presi per la gola e le delizie della cucina mediterranea conquistarono presto il ferum victoreum (il barbaro dominatore).
Affumicate o stivate nei barili arrivano in Sicilia le aringhe, tipico pesce dei mari settentrionali, la cacciagione pregiata e le carni cotte allo spiedo riempivano i banchetti degli eredi dei Vichinghi i quali, affascinati da una civiltà a loro ignota, ne vollero assimilare gli usi. E come gli Arabi, decisero di fare di questa terra il centro amministrativo e culturale di uno splendido regno, che non aveva rivali in Europa, anche nell’arte gastronomica. Per la prima volta la cucina siciliana conobbe il merluzzo conservato sotto sale, il baccalà (dallo spagnolo bacalao, a sua volta coniato dal corrispondente termine fiammingo), e lo stoccafisso, che i Siciliani battezzarono piscistoccu dalla particolare forma del merluzzo essiccato intero (ingl. Stock fish). Direttamente dall’Atlantico, dalla cambusa delle navi dei marinai guerrieri e mercenari arrivò nella mensa dei Siciliani che, pur abituati al consumo di pesce fresco, lo apprezzarono e lo considerarono un buon sostituto sia per il valore nutritivo sia per il basso costo. Ancora oggi, in inverno, quando è difficile calare le reti, nelle pescherie è facile vedere le bacinelle con l’acqua corrente, nelle quali sono immerse le pennule di baccalà a dissalare.
I Normanni arricchirono la cucina di nuovi arnesi: coltelli di vario tipo e usi svariati, forchette e utensili da tavola e da cucina adatti ad infilzare i cibi, nuovi spiedi rotanti, ampi boccali per tracannare la birra. Nel Medioevo generalmente si prendeva il cibo con le mani. I coltelli erano pochi e a disposizione di tutti. Solo più tardi il coltello divenne una posata fissa per ciascun commensale. L’invitato portava con sé il cucchiaio e la coppa, utensili di foggia più o meno accurata, cesellati in oro o argento, che indicavano lo stato sociale del possessore. I cucchiai di uso quotidiano e quelli da cucina erano invece in legno. Nei primi anni dell’XI sec. fece la sua prima apparizione la forchetta a due punte, che la superstizione assimilava alle corna del diavolo.
I ricchi e sontuosi banchetti, organizzati nella corte Normanna, ripresero la tradizione Romana anche nel ruolo attribuito al siniscalco. Il suo ruolo nella corte reale, come nelle case dei grandi feudatari, era quello di aver cura della mensa, di svolgere le funzioni di maestro di casa.
A lui spettava anche il compito di trinciare le carni e servirle ai convitati: trinciare, cioè saper tagliare bene le carni dei vitelli, agnelli, e cinghiali portati interi nel salone in cui il banchetto era allestito conferiva prestigio e onore al siniscalco, gratificato dagli applausi dei commensali.
La cucina siciliana è grande perché nel suo immenso bagaglio di ricette sono presenti tutti gli elementi caratteristici delle più svariate tradizioni culinarie da quella greca a quella araba, da quella nord-europea a quella spagnola e francese. Quale altra cucina può vantare altrettanto?
Valentina Trio IVA TL