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L’Innominato

L’Innominato è certamente uno dei personaggi più importanti e complessi de I promessi sposi, celebre romanzo della letteratura italiana e mondiale, scritto da Alessandro Manzoni.

Una prima breve descrizione del personaggio dell’innominato viene data nel capitolo XIX attraverso i pensieri di Don Rodrigo, il quale decide di chiedergli aiuto per portare a termine la losca impresa di rapire Lucia dal monastero in cui era stata ospitata. E’ descritto come un uomo di circa sessant’anni, appartenente ad una nobile famiglia, dal grande potere e per questo temuto da tutti, perfino dallo stesso Don Rodrigo. Un uomo terribile di cui non veniva addirittura pronunciato il nome e perciò verrà chiamato semplicemente “l’innominato”.

Dal punto di vista caratteriale Manzoni esalta l’eccezionalità e la superiorità del personaggio rispetto agli altri signori del circondario, in particolare rispetto a Don Rodrigo ma ne sottolinea indirettamente la profonda solitudine e la totale assenza di un confronto con la religione, dal momento che egli si rifiuta di riconoscere l’esistenza di una qualsiasi autorità superiore a sé, neppure quella di Dio.

Per molti aspetti può essere paragonato al personaggio dell’eroe, protagonista di molte opere del Romanticismo. In esso ne riscontriamo infatti alcuni tratti tipici: la solitudine, lo spunto ribelle nei confronti delle regole imposte dalla società, l’odio verso la mediocrità e una qualsiasi forma di autorità.

Ma ciò che caratterizza il personaggio dell’Innominato, oltre a seguire una tappa importante per lo svolgimento dell’intera trama, è la sua straordinaria e miracolosa “conversione” che ha inizio nel capitolo XXI e terminerà nel successivo. Tale conversione rappresenta la massima espressione di uno dei tanti temi affrontati nel romanzo: il trionfo della fede sul male, la quale viene vista come verità unica e salvifica.

La conversione dell’Innominato si avvia nel XXI capitolo, nel momento in cui Lucia, rapita dai bravi, raggiunge il castello e l’Innominato, curioso si reca a trovare la giovane che nel frattempo è stata condotta in una stanza del castello e tenta inutilmente di rassicurarla. La ragazza è però inquieta e spaventata, chiede disperatamente libertà e pietà nel nome di quel Dio che “perdona tante cose per un’opera di misericordia”.  L’Innominato viene toccato profondamente nel cuore da questa frase e così, un po’ confuso e allo stesso tempo commosso ed emozionato, promette alla giovane che l’avrebbe liberata il mattino seguente.

A questo punto Manzoni, per sottolineare la drammaticità del capitolo, effettua un parallelismo cronologico mettendo a confronto la notte trascorsa da Lucia con quella trascorsa dall’Innominato: Lucia trascorrerà la notte insonne pensando ai terribili avvenimenti della giornata; inoltre lo spavento, l’incertezza della propria sorte e l’inaspettata libertà la inducono ad un alto sacrificio: farà voto di castità alla Madonna perchè la salvi da quella situazione. L’Innominato, come Lucia, passerà una notte terribile, tormentato dai più angosciosi pensieri, ricorda tutti i delitti di cui è responsabile e che adesso sono per lui intollerabili, tenta anche il suicidio ma questo pensiero è interrotto nel momento in cui si pone delle domande sul proprio destino dopo la morte, nell’esistenza di una vita dopo la morte e di un Dio che “perdona tante cose per un’opera di misericordia”.

Un ruolo importante in questa miracolosa conversione del personaggio lo riveste il cardinale Federigo Borromeo, è proprio grazie all’intervento di quest’ultimo che nell’Innominato si risolverà quella profonda crisi spirituale che da tempo lo affliggeva conducendolo a diventare un “uomo nuovo”, pronto a mettersi a servizio degli umili e degli oppressi e a rimediare alle proprie malefatte.

Giulio Bonanno II C BS

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