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Storia di un ragazzo coraggioso

Iqbal Masih nasce nel 1982 e già a quattro anni comincia a lavorare in condizioni di schiavitù, dopo che il padre l’aveva venduto per ottenere 16 dollari poiché la famiglia doveva pagare un debito contratto per il matrimonio del fratello. Iqbal è costretto da quel momento a lavorare incatenato a un telaio per circa dodici ore al giorno, con una ricompensa di 1 rupia al giorno, l’equivalente di 3 centesimi di euro attuali. Cerca parecchie volte di sfuggire al direttore della fabbrica, che lo punisce gettandolo in una sorta di pozzo nero quasi senza aria che il bambino chiama “la tomba”. Un giorno del 1992 esce di nascosto dalla fabbrica e partecipa, insieme ad altri bambini, a una manifestazione del Fronte di Liberazione dal Lavoro Schiavizzato (BLLF). In quella manifestazione, che celebrava la «Giornata della Libertà», Iqbal decide di raccontare la sua storia e la condizione di sofferenza degli altri coetanei nella fabbrica di tappeti in cui lavora. Gli avvocati del sindacato contribuiscono a liberarlo dal lavoro minorile e il segretario del BLLF, Eshan Ullah Khan, lo indirizza allo studio e all’attività in difesa dei diritti dei bambini. Dal 1993 Iqbal comincia così a tenere una serie di conferenze internazionali, sensibilizzando l’opinione pubblica mondiale sul problema nel suo paese e contribuendo al dibattito sulla schiavitù mondiale e sui diritti internazionali dell’infanzia. Nel dicembre del 1994 ottiene un premio di 15.000 dollari sponsorizzato dall’azienda calzaturiera Reebok, con i quali il ragazzo vorrebbe finanziare una scuola nel suo paese. In una conferenza a Stoccolma afferma infatti che “Nessun bambino dovrebbe impugnare mai uno strumento di lavoro. Gli unici strumenti di lavoro che un bambino dovrebbe tenere in mano sono penne e matite”. Riceve anche una borsa di studio dall’Università Brandeis di Waltham, nel nord-est degli Stati Uniti, ma la rifiuta: ha deciso di rimanere in Pakistan nella speranza di aiutare ancora i bambini del suo paese e rendere utile la propria esperienza. Continua quindi a sfidare le continue intimidazioni dei fabbricanti di tappeti, che vedono Iqbal come una minaccia. Nel gennaio del 1995 partecipa a Lahore ad una conferenza contro la schiavitù dei bambini e, grazie a lui, circa tremila bambini possono uscire dal loro inferno. Sotto la pressione internazionale, infatti, il governo pakistano chiude decine di fabbriche di tappeti. A causa del duro lavoro e dell’insufficienza di cibo, Iqbal però non è cresciuto correttamente e all’età di 10 anni ha già il volto di un vecchio e le mani rovinate per il lavoro ininterrotto cominciato dall’infanzia; a dodici anni pesa ed è alto come un bambino di sei. E’ il 16 aprile del 1995, il giorno di Pasqua, quando a soli 12 anni Iqbal viene assassinato mentre si trova nella sua città natale di Muridke. La colpa del suo assassinio viene data alla “mafia dei tappeti”, le fabbriche di tappeti che sfruttavano appunto i bambini maltrattandoli e obbligandoli a lavorare, ma l’impegno e le battaglie di questo coraggioso ragazzo non sono stati dimenticati.

Giorgia Scuderi

Classe II, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G.

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