UN “TUFFO” NEL PASSATO: LA SCUOLA DEI NOSTRI NONNI
Ai giorni d’oggi l’istruzione è obbligatoria fino a sedici anni, tutti quanti abbiamo ogni comodità per andare a scuola mentre i nostri nonni erano costretti a raggiungere l’ edificio scolastico a piedi e, se fortunati, in bicicletta.
Le materie che studiamo sono molto varie perché ai saperi di base (italiano e matematica) si aggiungono arte, tecnologia , musica e le lingue straniere……….
Le classi negli anni 1950 erano molto numerose,e in città si poteva arrivare anche a un numero di quaranta allievi, quindi il docente doveva essere molto severo per tenere la disciplina e, con il consenso delle famiglie, a volte utilizzava anche metodi oggi non più tollerati, come i castighi corporali ad esempio le famose bacchettate sulle dita o i lunghi periodi trascorsi con le mani incrociate dietro la nuca o in ginocchio, a volte sui legumi (ad esempio i ceci) secchi. Si usavano anche castighi “psicologici”, come il noto “cappello da asino” per gli studenti poco preparati, o altri più leggeri, ad esempio passare un periodo dietro la lavagna o scrivere molte volte la stessa frase o “penso” per interiorizzarla.
La prima attività eseguita ogni giorno era il controllo igienico, ovvero l’insegnante verificava la pulizia del viso, delle mani, delle unghie dei propri fanciulli e si accertava che fossero ben pettinati, in particolare le bambine, che se avevano i capelli lunghi, dovevano arrivare a scuola con trecce molto strette. Sia i maschi che le femmine indossavano un grembiule che poteva essere o nero o blu con un fiocco: se un bambino o una bambina non superavano questo esame igienico, venivano subito “invitati” a lavarsi con il catino presente in classe,che si doveva riempire con l’apposita brocca, piena di acqua fredda. Dovevano strofinarsi mani e viso con il sapone da bucato e sciacquarsi.
Tale controllo era scrupoloso e molto importante perché al tempo dei nonni erano diffusi la scabbia, un’infezione della pelle spesso legata alla scarsa pulizia, ed i pidocchi, che sono ancora oggi presenti, ma per i quali un tempo non esistevano prodotti specifici per la cura, se non lavaggi con aceto caldo e petrolio . Finita questa “operazione”, si iniziavano le lezioni vere e proprie. Si studiavano alcune materie scolastiche simili ad oggi come: religione, lingua italiana, storia, geografia, aritmetica, geometria, scienze, disegno, canto, ginnastica; altre invece erano diverse, ad esempio: bella scrittura, educazione morale e civile e per i più grandicelli nozioni di diritto e di economia, lavori manuali (per i maschi), lavori prettamente femminili , come il ricamo e altre forme di cucito.
Ogni alunno aveva una cartella di cartone o di cuoio contenente un semplice corredo scolastico: qualche libro, un quaderno a righe ed uno a quadretti, spesso con la copertina nera, ed un astuccio di legno, in cui a volte il coperchio era graduato e serviva anche da righello, con all’interno una matita, una gomma ed un pennino.
Ogni banco era provvisto di calamaio, che ogni giorno il bidello doveva riempire d’inchiostro nero. Per fortuna in seguito sono state inventate prima la penna stilografica (le prime in bachelite poi in plastica, e poi la biro fino alle attuali comodissime penne cancellabili). La valutazione degli alunni era in decimi (con voti da 0 a 10), come oggi, e l’insegnante correggeva usando il “lapis”, una matita per metà rossa (colore usato per gli errori più lievi) e per metà blu (colore usato per gli errori più gravi). Il metro di valutazione era più severo rispetto a quello odierno. Le schede di valutazione o “pagelle scolastiche” erano consegnate alle famiglie ogni tre mesi (valutazione trimestrale) e riportavano i voti in decimi per ogni materia, nonché la valutazione della condotta che corrisponde all’attuale voto di comportamento. Durante il periodo invernale, ognuno portava a scuola un “ciocco” di legna da mettere nella stufa che riscaldava la classe. Il comune provvedeva anche agli alunni disagiati economicamente dandogli materiale scolastico e il sevizio della mensa.