IL TEATRO DELL’OTTOCENTO: LA TRAVIATA DI VERDI
Il teatro nell’Europa ottocentesca è una delle istituzioni sociali e culturali più importanti: non è solo luogo di spettacolo e di divertimento ma di ritrovo mondano dove ci si incontra, si conversa e si intrecciano nuove relazioni sociali. Nell’Italia postunitaria, con il crearsi di una vera società in senso moderno, anche il teatro viene ad assumere quell’importanza che già aveva nei paesi europei più evoluti. Scompare la tragedia, a conferma dell’incapacità di rappresentare la normalità quotidiana, ed il genere che domina la scena è il dramma. Esso è la rappresentazione realistica della vita borghese contemporanea e dei suoi problemi. Spesso è portatore di una tesi, talora ha intenti di critica di costume e tende a smascherare concezioni false, ipocrisie, viltà, menzogne della vita sociale. I temi centrali sono la famiglia e il denaro, lo schema drammatico ricorrente si basa sui problemi della vita coniugale.
Molta fortuna ebbe nel secondo Ottocento il melodramma, ovvero un tipo di dramma interamente cantato e accompagnato da musica strumentale, in cui nei soggetti drammatici si assiste al passaggio dagli intrecci romantici, ambientati in epoche lontane del passato, al realismo, cioè alla rappresentazione in abiti moderni. Emblematica è La Traviata di Giuseppe Verdi, una delle opere più famose, note e belle del grande compositore italiano, emblema del Risorgimento. Scritta su libretto di Francesco Maria Piave, la Traviata è tratta dal dramma teatrale “La signora delle camelie”, composto dall’autore francese Alexandre Dumas (figlio) e, assieme a “Il trovatore” e a “Il Rigoletto“, fa parte della cosiddetta “trilogia popolare”.
La storia è “quella di una giovane e bella mantenuta che, incontrato il serio amore, vi sacrifica la vita brillane e mondana di traviata, di una donna che brucia in poche settimane di vita e sentimenti e muore da vittima sacrificale borghese anche se sul certificato medico ci sarà scritto tisi” (A. Foletto).
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L’azione è organizzata in tre atti, di cui il primo e il terzo anticipati da un preludio orchestrale; il primo preludio reca già in sé la drammaticità della vicenda, quasi come anticipazione dei momenti salienti dell’opera: il colorito diafano degli archi che dipingeranno il decadimento fisico di Violetta (la protagonista), i momenti della tormentata passione con Alfredo e il tema amoroso. Quando poi il sipario si apre sullo scintillio di una festa parigina, l’ascoltatore è già in qualche modo consapevole che quest’allegria sarà solo fuggevole e frivola; il famoso brindisi collettivo “Libiamo ne’ lieti calici” e, poco dopo, l’aria, cantata dalla protagonista, mostrano la spensieratezza chiassosa dell’ambiente. La storia d’amore con Alfredo dura poco: la società, qui personificata nel padre di lui, impone le sue regole che non prevedono l’onta di aver per nuora una cortigiana. Il dolore di Violetta è straziante e Verdi dedica a questo una scena: è una richiesta implorante d’amore (Amami, Alfredo, quant’io t’amo) destinata a diventare immortale nella storia dell’opera. L’ultimo atto è solo dolore anticipato dal secondo preludio orchestrale che inizia con lo stesso colorito diafano di quello precedente. Alfredo riesce soltanto ad assistere alla morte di Violetta: “Violetta muore con una solennità straordinaria per una fragile etèra, fino all’ultimo sbigottita dinanzi alla morte e piangente sui piaceri perduti: i tragici e lenti accordi ribattuti in un andante sostenuto sono, sì, segnati con un estremo pianissimo, che conviene alla delicatezza del personaggio, ma hanno in sé un’intrinseca austerità raccolta e minacciosa: nella strumentazione hanno larga parte le trombe. E Violetta muore come un eroe e un martire”. (Massimo Mila)
In parte composta nella villa degli editori Ricordi a Cadenabbia, nella splendida cornice del lago di Como, la prima rappresentazione teatrale de La Traviata, avvenne al Teatro La Fenice di Venezia, nel giorno 6 marzo 1853; in tale occasione, tuttavia, a causa soprattutto di interpreti non di adeguato livello e a causa della scabrosità dei temi, la rappresentazione si rivelò un fiasco totale. Venne riproposta comunque il 15 maggio 1854 quando ottenne il meritato successo per diventare da quel momento un capolavoro indiscusso per gli amanti dell’opera di tutti i tempi.
Filippo De Mariano V B BS