Viaggio nel tempo del gusto
Isola, sole, mare…una terra da raccontare, da vivere, da gustare. La Sicilia, cuore del Mediterraneo e centro dell’Europa, meta di uomini in cerca di speranza e terra di abbandono di uomini in cerca di fortuna. Custode delle rovine di Segesta, Selinunte e Agrigento, depositaria dei resti di una cultura classica che manifesta ogni giorno nella maestosità di Siracusa e Taormina, testimone del Medioevo arabo, normanno, svevo e Signora dell’Etna, il grande dominatore, entrato nel world Heritage List dell’Unesco. Un territorio che porta le ferite di un’Italia divisa ma evidenzia con orgoglio il suo patrimonio culturale e, soprattutto, culinario. Vanto di una cucina che abbraccia i gusti dei palati più raffinati ma anche dei palati di “strada” in un vortice di odori e gusti che hanno segnato la lunga storia che dalla Grecia ad ora ne fa memoria. Un patrimonio che quotidianamente solca cieli e mari per arrivare nei posti più lontani del mondo, che seduce il cuoco e lo rende maestro non del bisogno del cibo ma dell’arte più antica e affascinante.
Non basta al cuoco la tanto decantata fantasia ma, come un abile intarsiatore, deve connubiarla al suo sapere. E se può sembrare un azzardo definire la cucina arte culturale si può, senza esagerare, definirla comunicazione. Una comunicazione intrisa di quei nomi che solo chi mangia quelle pietanze può esprimere con tutto il gusto che sente. Il cibo non è solo placare la fame, ma innesca sensazioni che vanno dal godimento alla passione in una spirale di sapori che richiamano luoghi e memorie. Ma quali e quanti sono stati i popoli che hanno contribuito a creare la famosa e goduriosa cucina siciliana?
Essendo l’isola al centro del Mediterraneo, sapientemente coltiva e raccoglie gli ortaggi, le erbe aromatiche, l’uva, le olive e, da terra o da altura, si dedica alla pesca. Le dominazioni politiche sono state tante: dalla Grecia al Piemonte, ma non si possono tralasciare le influenze pacifiche e culturali del popolo ebraico, tunisino e genovese. La ricotta, che tanto ha ispirato gli arabi nella pasticceria, ha origine greca. I vari passaggi, dai mori ai Normanni alle suore di clausure, hanno portato alla creazione finale dell’eccellenza siciliana: la cassata, senza dimenticare, però, il cannolo, le cassatelle, le sfinci. Greci sono i dolci alle mandorle, il miele, le olive e l’origano.
Di origine araba sono le arance, il riso, la canna da zucchero, lo zafferano e il sesamo. La tanto decantata granita è la versione moderna del sorbetto di limone che gli arabi usavano degustare nei periodi caldi. Il marzapane, eredità del mondo arabo, ha dato vita a piccoli capolavori di frutta e ortaggi chiamati frutta martorana, magistralmente lavorati dalle monache del convento della Martorana a Palermo.
L’influenza spagnola ha lasciato il peperone, il pomodoro, la zucca, il tacchino, il cacao che, in tutta la zona di Modica, viene utilizzato per il cioccolato e per i ravioli dolci al forno ripieni di cacao amaro e carne di vitello simili all’empanadas. La caponata vanta origine catalana e tutte le frittate, preparate con svariati ingredienti, dalle fave all’asparagina selvatica, sono discendenti delle tortillas. Il lascito più conosciuto, che degnamente supporta la cassata, è il Pan di Spagna.
I monsù, cuochi di origine francese al servizio dei nobili tra 700 e 800, hanno sapientemente fuso la cucina povera con quella dei nobili, creando piatti raffinati. Da questa fusione si ebbero le melanzane a “quaglia” e le sarde a beccafico che richiamavano la versione ricca del piatto.
Le influenze le notiamo nel couscous tunisino divenuto piatto tipico di Trapani, San Vito lo Capo e Pantelleria; nelle frattaglie e nella preparazione delle verdure del mondo ebraico; nel maratocco marsalese cugino del pesto genovese, nelle panelle affini alla farinata, probabilmente per i continui scambi tra i porti siciliani e Genova.
La cucina, come la lingua, si evolve, muta nel tempo trasportando l’identità e la cultura di un popolo, aperta alle innovazioni e alle contaminazioni. La Sicilia è una terra mortificata, offesa, problematica, difficile, ma è padrona di un ricco patrimonio artistico-culturale-culinario che la rende unica e preziosa.
Marina Piperissa