A COLPO D’OCCHIO
“Cogli l’attimo che fugge.
Cogli la rosa quand’è il momento,
ché il tempo, lo sai, vola:
e lo stesso fiore che sboccia oggi,
domani appassirà.”
(Orazio)
Ecco cosa facevano gli impressionisti, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento: coglievano la prima impressione, la prima osservazione della natura, quell’attimo che a volte fugge.
Pittori come Monet, Renoir, Morisot, Degas, Cézanne, ritraevano la realtà del loro tempo, di ciò che vivevano.
Gli impressionisti dipingevano en plein air (all’aria aperta), con una tecnica rapida che permetteva di completare l’opera in poche ore. Essi volevano riprodurre sulla tela le sensazioni e le percezioni visive che il paesaggio comunicava loro nelle varie ore del giorno ed in particolari condizioni di luce. Lo studio dal vero del cielo, dell’atmosfera, delle acque, eliminò il lavoro al chiuso dell’atelier, cioè lo studio nel quale venivano completati i quadri più grandi o eseguiti i ritratti.
Nelle opere degli Impressionisti, lo sfondo, il paesaggio, non è qualcosa di aggiunto, ma avvolge figure, oggetti e persone, trattati con la stessa pennellata ampia e decisa
Il colore era è in modo rivoluzionario, i toni chiari contrastano le ombre, gli alberi hanno colori insoliti, come l’azzurro, il nero viene quasi esclusivamente escluso, preferendogli le sfumature del blu scuro e del marrone.
Il termine impressionismo si deve ai critici d’arte dell’epoca, che definirono la prima mostra del nuovo movimento, nel 1874, Exposition Impressioniste, prendendo spunto dal titolo di un quadro di Monet, Impression soleil levant. Inizialmente, questa definizione aveva un’accezione negativa, che indicava l’apparente incompletezza delle opere, ma poi divenne una vera bandiera del movimento.
Il critico d’arte Jules Castagnary, accettando il neologismo di “impressionisti”, scrive che questi pittori «…sono impressionisti nella misura in cui non rappresentano tanto il paesaggio quanto la sensazione in loro evocata dal paesaggio stesso […] Quindi la differenza essenziale tra gli impressionisti e i loro predecessori è una questione di qualcosa in più e qualcosa in meno dell’opera finita. L’oggetto da rappresentare è lo stesso, ma i mezzi per tradurlo in immagine sono modificati […]».
Claude Monet
Claude Monet fu uno dei maggiori esponenti di questo movimento. Una delle sue caratteristiche è la riproduzione di un quadro per più di una volta, dipingendolo in diversi orari della giornata.
Il metodo di lavoro di Monet è stato descritto da Maupassant, che lo vide dipingere a Étretat “cinque o sei tele raffiguranti lo stesso motivo in diverse ore del giorno e con diversi effetti di luce. Egli le riprendeva e le riponeva a turno, secondo i mutamenti del cielo. L’artista, davanti al suo tema, restava in attesa del sole e delle ombre, fissando con poche pennellate il raggio che appariva o la nube che passava […] Io l’ho visto cogliere così un barbaglio di luce su una roccia bianca e registrarlo con un fiotto di pennellate gialle che stranamente rendevano l’effetto improvviso e fuggevole di quel rapido e inafferrabile bagliore. Un’altra volta vide uno scroscio d’acqua sul mare e lo gettò rapidamente sulla tela: ed era proprio la pioggia che riuscì a dipingere Monet dipinse molte ninfee, presenti nel suo giardino, situato a Giverny «Lavoro tutto il giorno a queste tele, me le passano una dopo l’altra. Nell’atmosfera riappare un colore che avevo scoperto ieri e abbozzato su una delle tele. Immediatamente il dipinto mi viene dato e cerco il più rapidamente possibile di fissare in modo definitivo la visione, ma di solito essa scompare rapidamente per lasciare al suo posto a un altro colore già registrato qualche giorno prima in un altro studio, che mi viene subito posto innanzi; e si continua così tutto il giorno» diceva l’artista.
P. A. Renoir
Renoir fu un altro importante impressionista, uno degli interpreti più convinti e spontanei del movimento.
«Dispongo il mio soggetto come voglio, poi mi metto a dipingerlo come farebbe un bambino. Voglio che il rosso sia sonoro e squillante come una campana, quando non ci riesco aggiungo altri rossi ed altri colori finché non l’ottengo. Non ci sono altre malizie. Non ho regole né metodi; chiunque può esaminare quello che uso o guardare come dipingo, e vedrà che non ho segreti. Guardo un nudo e ci vedo miriadi di piccole tinte. Ho bisogno di scoprire quelle che fanno vibrare la carne sulla tela. Oggi si vuole spiegare tutto. Ma se si potesse spiegare un quadro non sarebbe più arte. Vuole che le dica quali sono, per me, le due qualità dell’arte? Dev’essere indescrivibile ed inimitabile … L’opera d’arte deve afferrarti, avvolgerti, trasportarti» diceva lo stesso Renoir. Infatti i suoi quadri parlano da soli, esprimendo emozioni. L’essenziale è invisibile agli occhi, per questo l’arte si vede col cuore ed è del tutto personale.
G. Lucchese
hanno collaborato: K. Di Dio, C. Cannavò, S. Delacqua, M. Allegra (3 A) I.C. “LA PIRA-GENTILUOMO”