venerdì, Novembre 22, 2024
Costume e Società

Onora il padre e la madre

“Onora il padre e la madre” e “Non uccidere” sono due dei dieci comandamenti e soprattutto due principi morali a fondamento di qualunque società civile.

Eppure un recente fatto di cronaca ha infranto ogni limite etico o religioso e ha sconvolto l’Italia intera: il duplice omicidio di due coniugi da parte del figlio sedicenne e dell’amico diciassettenne di quest’ultimo. Secondo la ricostruzione pare che il figlio abbia pagato l’amico affinché uccidesse i due, con la promessa di altri mille euro ad omicidio compiuto. Gli artefici dell’uccisione dell’11 gennaio 2017, sono stati dunque condannati con l’aggravante di premeditazione.

Terribilmente futili le motivazioni del gesto, dichiarate dal figlio in seguito ad un lungo interrogatorio: la negazione, da parte della madre, del permesso per un piercing a lungo desiderato e i cattivi voti a scuola. Le discussioni in famiglia erano frequenti ma nulla che lasciasse presagire la tragedia.

Comuni discussioni di ogni famiglia, ma che evidentemente erano la spia di frustrazioni e malessere a lungo covato e che alla fine è esploso nella furia omicida. Il diciassettenne ha massacrato i genitori dell’amico a colpi d’ascia senza dar loro il tempo di reagire. Gli inquirenti hanno trovato i due consorti con il volto coperto: “non riuscivo a guardarli in viso” afferma il figlio.

Ma il delitto di Ferrara non è purtroppo unico nel suo genere: nel corso degli anni sono stati numerosi i casi di figli che hanno ucciso i propri genitori ma questo è forse, fra i più agghiaccianti. In generale, non siamo abituati ad assassini così giovani e questi delitti sono compiuti, secondo gli psicologi, da persone adulte, o quasi.

Analizzando attentamente le nuove generazioni e soprattutto la nostra società, sembra quasi che tutto congiuri perché si possano scatenare forti tensioni. I figli rimangono in casa fino ad età avanzata, permanendo in una condizione di dipendenza fino a più di trent’anni. Le discussioni irrisolte con i genitori, nate per i motivi più disparati, portano a creare un profondo distacco tra le parti creando sacche di odio viscerale. Gli adolescenti diventano preda dei loro impulsi e non avendo sviluppato un senso morale adeguato, in quel momento vedono come unica soluzione solo l’“eliminazione del problema”.

Gli psicologi, che analizzano casi del genere, sconsigliano il carcere, indirizzando l’adolescente in un percorso riabilitativo. Evidente, nei casi di assassinio è la mancata maturità del figlio. I children killer presentano dunque tratti comuni. Gianfranco Pallanca afferma che il processo attraverso il quale si diventa assassini seriali passa attraverso tre fasi: la prima è l’autoprotezione, un atteggiamento primordiale che parte dall’ isolamento. La seconda fase è la rimozione: è il subconscio che agisce, dove le angosce giacciono dimenticate, ma attivissime. La terza è la proiezione: il killer uccide ma solo perché vede nella vittima l’origine dei propri problemi, ma al sollievo momentaneo, segue la nuova crisi dove si riaccende in desiderio di punire.

La società dovrebbe dunque preoccuparsi di educare i giovani partendo dalle basi, ricordando che è tra le loro mani il destino del mondo di domani. Come afferma Martina Vitali ne “L’educazione dei giovani, la prima emergenza” <forse non ci rendiamo conto che i due adolescenti avevano lo stesso stile di vita di tanti giovani che vivono intorno a noi. Narcisismo, disimpegno, indifferenza alla vita, falso senso della libertà. Vale a dire insuccesso scolastico, nottate perse, selfie postati sui social con bicchieri in mano. Non ci rendiamo conto che molti genitori sono del tutto ignari del fatto che una vita priva di regole e divieti ostacola ogni passione produttiva dando spazio ad impulsi distruttivi. Ci crediamo “supereducati” senza accorgerci che nell’ampia offerta di proposte educative della società contemporanea regna il disorientamento. Il patrimonio morale, un tempo ricevuto in eredità dalle famiglie si è ormai perso o quasi del tutto, e questo fenomeno non ha fatto altro che formare una cultura leggera e disimpegnata per i giovani, nostri coetanei>.

 

Maria Luisa Fleres

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