Omaggio ad Alda, donna e poetessa del nostro tempo
Alda Merini, la “piccola ape furibonda” dei navigli!
Il 1° novembre di otto anni fa moriva la poetessa Alda Merini, una delle ultime protagoniste della scena culturale italiana. Autrice prolifica, donna problematica e letterata eclettica, conosciuta forse dai più dopo la sua morte, era nata a Milano il 21 marzo 1931 insieme alla primavera, come ricorda lei stessa in una poesia di Vuoto d’amore
Sono nata il ventuno a primavera
ma non sapevo che nascere folle,
aprire le zolle
potesse scatenar tempesta.
Così Proserpina lieve
vede piovere sulle erbe,
sui grossi frumenti gentili
e piange sempre la sera.
Forse è la sua preghiera.
La sua biografia è caratterizzata da molti tormenti umani e di salute e alterni periodi di gratificazioni. Il suo talento nella poesia fu scoperto già quando aveva 15 anni e Merini pubblicò con una certa costanza da allora, ottenendo riconoscimenti, premi e attestazioni di stima da personaggi illustri del panorama culturale italiano del calibro di Salvatore Quasimodo, Eugenio Montale e Pier Paolo Pasolini. Più volte, nel corso della sua vita, fu ricoverata e curata per disturbi di tipo bipolare e dopo uno di questi periodi e a proposito della sua vita in ospedale scrisse uno dei suoi lavori più importanti, La Terra Santa. Quando morì viveva nella sua casa sui Navigli, a Milano, in condizioni economiche precarie nonostante il suo successo e la sua fama.
Poetessa e donna di grande sensibilità, che riesce a trasmettere nei suoi versi con una tale potenza espressiva e carica emotiva da scatenare la sensazione di veder “staccare le parole dalla carta”, fa abbandonare l’immagine classica della scrittrice che, china su un foglio di carta bianca, è intenta a scrivere per ore. Così come, infatti, la vita di Alda Merini fu una vita piena e passionale, costellata di moltissimi eventi, lotte e amori, così la sua poesia appare sublime, mai ridondante ed eccessiva ma sintomo di un’urgenza espressiva, espressione della carne dell’anima, stupefacente ed inaspettata. E da quell’urgenza di esprimersi, fatta di un parlare e un descrivere senza tregua, sgorga evidente la tecnica della poesia spontanea in forma orale che altri trascrivono per lei, oralità a svantaggio della scrittura, unicum per ora dentro all’universo della poesia contemporanea.
Nei suoi testi sempre più brevi e nei suoi numerosi aforismi possiamo riscontrare tutti i suggestivi vissuti della “poetessa dei navigli”. La sua poesia, quasi ingenua nella sua spontaneità, dalle qualità visionarie ed orfiche, istintiva e per accostamenti di immagini apparentemente senza alcun collegamento logico, è dedicata alla follia e al dolore, alla spiritualità e alla carnalità, all’amore e alla morte e continua a catturare l’anima di chi la legge perché, come scrisse la stessa Merini “la poesia è anche un grande sforzo di volontà e non deve essere scambiato per una donazione agli altri, è un modo di essere. Ma non appartiene solo a chi la scrive ma a tutti quelli che danno voce al suo canto”.
Franca Genovese